Sarebbe una buona notizia, se non avesse il sapore della beffa. Il Governo ha deciso di aumentare la deduzione, dalla base imponibile Irap, del cuneo fiscale. Ma solo dal 2014. Come se non bastasse, il fondo a sostegno della detassasione della produttività previsto per il 2013 è stato portato a 950 milioni, con una decurtazione, quindi, di 250 milioni che sono stati destinati agli interventi per i territori alluvionati. Queste decisioni non faranno altro che allontanare la firma dell’accordo sulla produttività da parte di tutte le Parti sociali. Maurizio Del Conte, professore di diritto del Lavoro alla Bocconi, ci spiega gli effetti sul mercato occupazionale delle mosse dell’esecutivo.
Procrastinare il taglio del cuneo fiscale cosa comporta?
Il rinvio, a questo punto rappresenta un semplice auspicio. Fissare un provvedimento di riduzione fiscale la cui decorrenza è così in là nel tempo significa, più che altro, limitarsi a esprimere una linea di indirizzo e a non varare una misura che abbia degli effetti reali. Ipotizzando che il Governo termini il suo mandato entro pochi mesi, sappiamo che sarà il prossimo a decidere le politiche fiscali che, di volta in volta vengono ridiscusse. Si tratta di provvedimento, in sostanza, che non ha nulla di concreto.
Fosse stato implementato sin da subito che effetti avrebbe prodotto?
Credo cha sarebbe stato l’unico modo per produrre una scossa, nella maniera più veloce possibile, nel mercato del lavoro. Scossa che la riforma non è stata in grado di produrre, né avrebbe avuto modo di farlo in condizioni di crisi come quelle attuali. L’unico modo, quindi, per incentivare il mercato del lavoro è quello di renderlo competitivo, quindi meno costoso; l’alternativa, è quella di attendere semplicemente che riparta l’economia. Il che, include un grosso rischio.
Quale?
Continuando ad accumulare disoccupazione giovanile, ci ritroveremo con uno stock che sarà possibile smaltire solo in molti anni; se non si agisce oggi pregiudichiamo il futuro dell’occupazione anche in condizioni di ripresa economica. Non ci si rende conto dl fatto che la disoccupazione, oggi, è alta perché c’è la crisi; ma questi livelli superano la pendolarità dei cicli economici e creano una massa tale che produrrà problemi anche a ciclo economico positivo.
Contestualmente, il Governo ha decurtato di 250 milioni la dote per il fondo per la detassazione delle produttività.
D’altro canto, questo Governo aveva già tagliato i fondi a disposizione per detassare la produttività nella scorsa primavera. Sembrava che l’intento fosse quello di rifinanziare la detassazione. Invece, si continuano a dare segnali contradditori che impediscono, oltretutto, di riuscire a trovare un accordo condiviso.
L’assenza di un’intesa tra sindacati e associazioni datoriali è una situazione destinata a durare?
Mi auguro di no. Anche perché occorre prendere questi soldi finché ci sono. Spero, quindi, che le Parti sociali capiscano che la partita va chiusa perché quanto messo a disposizione è sempre meglio di niente, anche se ogni giorno sembra che le condizioni sul tavolo vengono cambiate.
Eppure, fondamentalmente, è la Cgil a non voler chiudere, nonostante abbia avuto modo, nel corso della trattativa, di far valere le proprie posizioni.
La sua posizione è particolarmente condizionata da quella della Fiom, molto rigida sulla possibilità di metter mano al contratto nazionale e quindi alla possibilità di potenziare la contrattazione decentrata per quanto riguarda la retribuzione. C’era da aspettarselo. Tuttavia, se si riuscirà a collocare più risorse sulla contrattazione di secondo livello, anche la Cgil si renderà conto che occorre approfittarne.
(Paolo Nessi)