Et voilà, eccomi sono qua. Ebbene sì. Sono uno dei responsabili, forse il primo, ad aver seminato negli ultimi anni il dubbio (poi raccolto dai sindacati e da Itinerari Previdenziali per poi passare in cavalleria nel portafoglio idee di 5Stelle e Co) che nel sistema italiano esistesse un’anomalia per la quale da più parti si registrava uno strano accanimento giustificato o meno, ideologico o tecnico, sul nostro sistema previdenziale. Quello che mi aveva mosso sin dall’inizio è che se si fosse praticata un’analisi sensata su previdenza e assistenza, se si fossero individuate e riclassificate per coerenza contenutistica e quindi logica i contenuti e gli interventi registrabili in ciascuna delle due, nonché se si fosse effettuata una divisione ragionata tra le due aree, si sarebbero potute ipotizzare adeguate politiche di intervento, riclassificando lo scenario pertinente. E last but not least, forse, dopo un’approfondita comparazione, il nostro Paese avrebbe migliorato il suo scoring internazionale per quanto riguarda le pensioni, le nostre così tanto amate dall’estero.
E così anche la nostra mente si sarebbe riposata da quel tam tam ossessivo di chi per un verso (c’è spazio per migliorare, modificando e abrogando come chiedevano i sindacati e le forze politiche interessate) o per l’altro (penalizzando, ricalcolando, risanando, riequilibrando come chiedevano i tecnici (va di moda), gli osservatorii universitari, i think tank, i presidenti, ecc.). Mai idea siffatta per la valutazione conseguente si dimostrò così erronea, e parimenti così difesa da manca e attaccata da destra.
Con la discesa in campo di Rinaldo alias Carlo Cottarelli (con uno studio sulle pensioni pubblicato mercoledì dall’Osservatorio dei Conti Pubblici da lui diretto) sul tema della separatezza, dopo il terreno preparato da Tito Boeri, dopo i confronti sulle tabelle Ocse con Anna D’Addio, e ad avanzare a gambero con le analisi condotte da Silvia Gatteschi, confortata dai consigli di Giuliano Cazzola, una convinzione è maturata nel sottoscritto: in Italia esiste un approccio sul tema pensioni previdenza e assistenza assolutamente inadeguato al problema e agli strumenti necessari per gestirlo e risolverlo guardando l’obiettivo senza astigmatismo, miopia, ecc.
È ovvio quello che viene affermato nel Rapporto sul fatto dell’invecchiamento, su quello del tasso di copertura per la tenuta del sistema, della durata, modalità e copertura per le pensioni future dei nuovi entranti e per porre soglie dignitosi a quelle esistenti. È ovvio che per far decrescere verso la media europea/Ocse la posizione italiana, il tema in questione richieda la crescita del Pil. È ovvio che se si parla per il precedente di pensioni si debba procedere a confrontare grandezze omogenee e ci si accorge che il termine pensione balla tra un paragrafo e un altro. Non c’è una guerra di posizione, né tantomeno accademica sulla condizione, ma per favore si eviti di scrivere come fattori di analisi tra grandezze e tra fonti diverse i “presumibilmente”, i sarebbe, rimarrebbe, ecc.
È ovvio che se si debba riformare qualcosa nel nostro Paese, la notazione genetica è del far carico di quanto necessario alla riforma ai terzi, a partire dallo Stato, come se lo Stato non fossimo noi, piuttosto che farsene direttamente carico, certo con le necessarie integrazioni e supporti. È ovvio che con tali presupposti ovvii a partire dalla definizione di pensione old age pension – leggasi pensione di vecchiaia come pensione riservata a chi ha superato (nemmeno raggiunto sic) l’età anagrafica di pensionamento, oppure anziani che vivono in condizione d’indigenza… Devo dire che le note della Nota sono più interessanti del testo.
Se i raffronti internazionali servono per gridare allarmi e per gridare servono studi ad hoc, siamo circondati dal fumo e i falò sono come quelli da spiaggia, simpatici giochi d’intrattenimento per perditempo in vacanza. Se i raffronti internazionali sono come i convegni, e se servono a Carlo Cottarelli come a tanti altri per uscirsene alla pari di Boeri, al tempo, con la proposta di intervenire sul calcolo della prestazione pensionistica riandando sul retributivo, quando addirittura la stessa Elsa Fornero ne ha criticato la modalità (però la Elsa molte volte ci prende, esodati a parte) e rendendo ancora peggiore e più stringente la trovata (non certo da brevetto) di Luigi Di Maio cresce la perdita di tempo da una parte e diminuisce l’attenzione all’intelligenza di menti fini capaci di trovare soluzioni.
Signori e Signore non c’è acme intellettuale in un calcolo degno a risistemare un vitalizio di 50 mila euro annui lordi o in una tassazione d’equità su 60 mila euro netti annui. Qui si confrontano due visioni sistemiche, due orizzonti d’intervento, due armerie a disposizione. C’è chi parte probabilmente dal fatto che per lui sia faticoso metter cervello e mani per la soluzione dei problemi e gode del caldo abbraccio della tradizione e della condivisione accademica internazionale e c’è invece vuol partire ab initio. E checché se ne dica, ed è ora di dire come stiano le cose, l’ab initio è l’articolo 38 della Costituzione. Ed è partendo dall’articolo citato che si debbono individuare i percorsi e le aree di sbocco di assistenza e previdenza e in quest’ultima il suo ”di cui”, cioè l’area pensionistica tout court (vecchiaia, superstiti ma non quella d’invalidità come previsto dall’Ivs). Tanto vale per dare una logica diversa alla Gias e ai trasferimenti a carico dello Stato (compresi quel po’ di miliarducci di finanziamento dell’Inps).
Con dettagliate e interessanti spiegazioni atte a confutare pro quota la linea della Triplice Sindacale (Cisl, Cgil, Uil), gli Itinerari Previdenziali di Brambilla, la Uil e dimostrare che nelle graduatorie nulla cambia con la richiesta separazione, ma tutto è drammaticamente proteso verso lo squilibrio, stante l’evoluzione demografica (e grazie!) l’unica nota positiva (rispetto all’inutile finalità di supportare la proposta Cottarelli e all’ovvia affermazione che Istat è coerente con Eurostat (ma guarda un po’) c’è. E sapete qual è? Aver offerto il panorama non solo da sorvolare, ma da cambiare con i “prossimi lavori in corso”. Il resto va bene per il diMartedì con Floris.