Il decreto legislativo 81/2015 ha riordinato le tipologie contrattuali vigenti in Italia, avendo come finalità quella di ricondurre i rapporti di lavoro in due macro aree: i rapporti di lavoro subordinato (in tutte le sue declinazioni: indeterminato, a termine, in somministrazione, a chiamata, apprendistato, ecc.) e il lavoro autonomo. La zona grigia che si collocava a metà tra questi due mondi è stata eliminata attraverso l’abrogazione degli articoli 61-69 bis del decreto 276/03 che regolamentavano i contratti di collaborazione a progetto. Molto del precariato veniva ricondotto all’utilizzo distorto di questa forma contrattuale atipica.
Nel mercato del lavoro, però, in particolare quello italiano, non tutto è bianco o nero, non esiste solo lavoro dipendente e lavoro autonomo, ma esistono anche forme genuinamente atipiche, che hanno un’autonomia organizzativa e professionale pur essendo inseriti in contesti produttivi coordinati dal committente. Lo strumento necessario affinché questa atipicità non scada nella precarietà è la contrattazione.
Abbiamo stipulato come Felsa-Cisl diversi accordi di settore nazionali, che regolamentano e disciplinano i contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Pur essendo accordi collettivi di carattere nazionale, abbiamo sempre previsto la possibilità di una contrattazione di secondo livello aziendale, necessaria per adattare processi produttivi, organizzazione del lavoro, coniugare in modo sempre più funzionale l’autonomia del collaboratore con le esigenze del committente.
Il primo elemento che caratterizza gli accordi riguarda la parità di trattamento. Abbiamo cioè equiparato i compensi dei collaboratori a quelli dei lavoratori dipendenti, individuando gli opportuni livelli di inquadramento da rispettare. Abbiamo ampliato le tutele per maternità, malattia, infortunio, estendendo anche ai collaboratori diverse garanzie dal punto di vista normativo ed economico.
Abbiamo costruito e inserito contrattualmente l’obbligatorietà di sottoscrivere per i collaboratori una polizza sanitaria integrativa. Attraverso la contrattazione in determinati settori e territori, abbiamo realizzato bacini professionali per la continuità occupazionale, in modo che la collaborazione non si esaurisca con la scadenza del contratto con il singolo committente, ma possa essere un’occasione di nuove opportunità in un determinato contesto settoriale/territoriale.
Un altro punto fisso che ricorre in tutti gli accordi è la formazione: riteniamo fondamentale favorire la possibilità e l’accesso dei collaboratori all’aggiornamento professionale, in quanto riteniamo che al giorno d’oggi sia uno strumento necessario per la continuità occupazionale.
Affinché tutto quello che viene stipulato sia realmente esigibile occorre introdurre due ulteriori aspetti. Da un lato l’estensione e l’applicazione di diritti sindacali in favore del lavoratori: dal diritto di riunirsi in assemblea, a quello di aderire all’organizzazione sindacale, fino alla possibilità anche per i collaboratori di eleggere/nominare dei rappresentanti con relative ore di permesso sindacale, con verifica e monitoraggio degli accordi. Dall’altro è importantissimo costituire ambiti di confronto permanente con le controparti, in modo da regolamentare, disciplinare e dirimere situazioni conflittuali che insorgono durante il rapporto di lavoro.
Il protagonismo dei corpi intermedi, delle organizzazioni sindacali, in particolare della Felsa-Cisl, ha permesso di regolamentare in modo dignitoso forme contrattuali che nel nostro contesto produttivo/organizzativo hanno ragion d’essere. Perché nella realtà non tutto è bianco o nero.