Mercoledì 5 dicembre Federmeccanica, Fim-Cisl e Uilm-Uil hanno siglato il contratto nazionale dei metalmeccanici per il periodo 2013-2015. Ma per la seconda volta consecutiva non aderisce la Fiom-Cgil, che già si era rifiutata di siglare il contratto nel 2009. I militanti del sindacato di Landini hanno indetto scioperi e mobilitazioni, e hanno presentato ricorso al Tribunale di Roma. L’aumento salariale è di 130 euro nel triennio. Si tratta di salario fresco nelle tasche di quasi due milioni di addetti metalmeccanici e di importanti innovazioni normative per quanto concerne l’inquadramento, il salario, la flessibilità e l’orario di lavoro, la tutela delle malattie e la previdenza integrativa sanitaria. Abbiamo chiesto al Segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, di darci una valutazione sull’intesa raggiunta e anche sulla spaccatura che ancora una volta contraddistingue il fronte sindacale.
Segretario Bonanni, qual è il suo giudizio sull’accordo raggiunto?
L’accordo è buono, raggiunto senza un’ora di sciopero. Si tratta di un fatto senz’altro positivo di questi tempi, le buste paga sono molto leggere e le imprese sono sfiancate. In piena crisi, un accordo del genere significa che c’è un interesse fortissimo alla ricerca del bene comune da parte di imprese e lavoratori, ed è una lezione obiettivamente incoraggiante in alternativa a coloro che sostengono solamente antagonismo o soluzioni populistiche che a noi non hanno mai convinto. Accordo buono, clima positivo che porta ad un miglioramento economico, che rafforza la previdenza integrativa che già avevamo inaugurato con il precedente contratto, quindi prestazioni che provengono da iniziative sussidiarie che si arricchiscono dentro le strutture contrattuali.
Il valore aggiunto che può dare la contrattazione è ciò che la Cisl sostiene da diversi anni…
Sì. La contrattazione può essere il luogo della costruzione sussidiaria di mutualità, che ci mette nella condizione di essere più protetti di quello che siamo, ma anche di dare una spinta al pubblico affinché migliori le proprie prestazioni. Sia l’aumento contrattuale, sia la parte normativa sono molto interessanti. Si ripropone l’esigenza di contrattare al secondo livello in azienda, secondo quanto stabilito il 28 giugno 2011 e quanto rilanciato anche 10 giorni fa dall’accordo sulla produttività, che è la soluzione la più utile in momenti come questi dove tutti parlano di crescita ma nessuno dice quali sono questi soggetti per la crescita.
Allude a imprese e lavoratori?
E se non sono imprenditori e lavoratori che insieme si impegnano chi possono essere? E lo possono fare solo migliorando la loro organizzazione del lavoro, dei turni e degli orari, delle professionalità e della flessibilità. Tutto ciò mentre otteniamo dal Governo una detassazione del salario di produttività, quindi un accordo in sintonia anche con la strategia perseguita con successo col Governo. Mi pare quindi che possiamo essere soddisfatti. Nei prossimi giorni incontreremo migliaia e migliaia di lavoratori ma terremo anche un’iniziativa con la Uil il giorno 11 dicembre a Padova: 4.000 delegati sindacali della Fim-Cisl e della Uilm-Uil si incontreranno per discutere e sostenere questo contratto, per rendere consapevoli tutti nella gestione di questo contratto.
Siamo alle solite però… c’è spaccatura sul fronte sindacale. Non è ora di ridefinire le regole della rappresentanza?
Il problema sulla rappresentanza non proviene dalla indisponibilità della Cisl e nemmeno della Uil a definire nuove regole. Tant’è che nel 2008 e anche prima per la verità, noi siamo stati coloro che hanno sostenuto l’esigenza dei rilanci, fino all’accordo dell’anno scorso e anche con l’accordo sulla produttività che la Cgil non ha voluto firmare. L’accordo sulla rappresentanza finora non trova accomunati tutti perché c’è chi sostiene, la Fiom, che bisogna costruire regole per la rappresentanza senza però poi dare garanzie a coloro che possono trovarsi in maggioranza. Questo è il punto delicato. Il contrasto che c’è nel movimento sindacale metalmeccanico riguarda questo punto: l’irriducibilità di taluni rispetto alle proprie opinioni che, secondo loro, non potranno mai cambiare in relazione al rapporto con altri e, ancor peggio, non potranno mai abbassarsi rispetto ad una manifesta maggioranza di volontà espressa da parte dei lavoratori. La rappresentanza non è una mera misurazione di ciò che uno rappresenta senza conseguenze nei momenti cruciali delle decisioni, qualora alcuni pur in minoranza non fanno venir meno la tregua sindacale rispetto ad accordi che si fanno e voluti dalla maggioranza.
E non c’è il rischio di restare ostaggi di questo contrasto?
È ciò di cui discutiamo da anni. Però certamente non siamo disposti ad affidare la nostra rappresentanza alla rappresentanza altrui. Il voler esercitare il diritto di veto – come si dice dalle mie parti – né trebbia, né fa trebbiare. Queste opinioni del tutto rispettabili devono piegarsi alla volontà maggioritaria dei lavoratori, e Cisl e Uil sanno stare dentro questa logica. Non mi pare che gli altri ci vogliono stare.
Lei ieri ha dichiarato che “la Fiom è libera di andare dal Giudice, ma non sono i giudici a fare i contratti”…
È verità universale che i contratti li fanno le parti, non c’è alcuna obbligatorietà. Torneremmo al tempo del fascismo… non è quindi un problema del Giudice, è la volontà autonoma delle parti che nell’interesse comune siglano un contratto quando si riconoscono e trovando mediazioni tra gli interessi che rappresentano. Un Giudice in base a quale legge dovrebbe pronunciarsi su questo? Nessun Giudice può dire che un interesse deve piegarsi ad un altro, ed in questo caso un soggetto nei confronti di altri soggetti similari e nei confronti anche della controparte… mi pare un azzardo più mediatico che concreto. Il Giudice applica la legge, non la fa. Qualche volta ha avuto ragione la Fiom solamente nella espressione della rappresentanza non nella capacità di questa rappresentanza di fare cose che sono nel libero e autonomo negoziato si possono raggiungere.
Nella premessa del contratto, si legge che “le parti si impegnano a chiedere la riduzione del cuneo fiscale”. Nella legge di stabilità è appunto saltato questo taglio. Proporrete ipotesi alternative?
Nella legge di stabilità abbiamo una detassazione potente del salario di produttività.
Qual è la posizione della Cisl circa gli esuberi e i precari nella PA?
Svegliarsi la mattina e fingere di essere sbarcati su Marte non va bene. C’è un problema, certamente… si tratta di prendere tempo, 6/7 mesi, in modo tale che si possa monitorare ciò che succede nelle amministrazioni, dove ci sono posti dove mancano persone e posti dove le persone sovrabbondano, in modo tale che si possa capire come spalmare quelli che possono essere confermati ed in ogni caso riconfigurare costoro dentro un meccanismo di esame-concorso o per titoli, in modo tale che si possa dar loro un titolo che possa togliere loro da una precarietà mortificante per lo Stato, per il pubblico e per i cittadini lavoratori. Si tratta quindi di prenderci del tempo e di muoverci in modo razionale, senza andare appresso ai clamori mediatici.
Sono di questi giorni i dati sulla disoccupazione e sono numeri record rispetto alle serie storiche. Cosa dobbiamo aspettarci nel 2013?
Ci aspetta un anno che sarà pari all’ignavia che colpisce il governo e i fattori dello sviluppo nei territori, che non incoraggiano gli investitori italiani e stranieri. L’occupazione può arrivare solo dagli investimenti degli investitori, e fino a quando questi non saranno rassicurati… noi siamo contrari ad una discussione da cicale, spero che arrivi il tempo delle formiche e di un comportamento responsabile da parte di tutti i soggetti, politici, sociali, dell’informazione, oltre alla classe dirigente che deve darsi un nuovo progetto per il paese, perché è davvero diventato un film dell’horror quello che vediamo ogni giorno, di una società che non riesce a ribellarsi ma sa solamente contemplare la miseria che rappresenta l’incapacità di reagire.
(Giuseppe Sabella)