Il decreto Salva Italia dal gennaio scorso ha esteso indennità di malattia e congedi parentali alle partite Iva, ma i lavoratori autonomi che si sono rivolti all’Inps chiedendo che fosse erogata la prestazione si sono visti opporre un rifiuto. In alcuni casi la spiegazione è stata che occorreva attendere che le procedure fossero pronte, in altri semplicemente che le partite Iva non avevano diritto a quel servizio. Ilsussidiario.net ha intervistato il professor Maurizio Del Conte, docente di Diritto del lavoro all’Università Bocconi, per capire meglio i termini della questione.
Professor Del Conte, è giustificabile che l’Inps non abbia ancora iniziato a erogare indennità di malattia e congedi parentali alle partite Iva?
Il decreto Salva Italia stabilisce l’avvicinamento delle partite Iva al trattamento dei lavoratori subordinati per quanto riguarda i congedi parentali, prevedendo anche la relativa copertura finanziaria. L’Inps dovrebbe quindi avere a riserva le risorse per dare attuazione alla norma. Il fatto che ora l’istituto previdenziale ritenga che debba esserne rinviata l’applicazione o non eroghi la prestazione crea una situazione che va subito chiarita, e lo stesso ministero dovrebbe fare richiesta immediata in questo senso. In caso contrario vedrebbe smentita una sua stessa iniziativa.
Per quale motivo con il decreto Salva Italia si è avvertita la necessità di allargare indennità di malattia e congedi parentali anche alle partite Iva?
Quello di garantire anche alle partite Iva i congedi parentali è un problema segnalato da anni. La semplice ragione è che anche le partite Iva versano dei contributi ai fini previdenziali e quindi ne va della parità di trattamento tra le diverse categorie dei lavoratori. Anche per quanto riguarda le partite Iva doveva trovarsi una riserva destinata ai congedi parentali, altrimenti il rischio era quello di andare a confliggere con normative europee sulla parità di genere tra uomo e donna.
Che cosa c’entra la parità fra uomo e donna con le prestazioni Inps?
Se, per esempio, non è concesso il congedo parentale al marito ma soltanto alla moglie, c’è un problema di disparità di trattamento con riferimento al genere. In modo analogo esiste una disparità per quanto riguarda le categorie dei lavoratori, che a livello europeo è sempre meno tollerata. C’è quindi un’esigenza di estendere i trattamenti previdenziali a tutti in modo omogeneo. Ciò però deve essere commisurato al versamento contributivo, in quanto non si può pretendere che il congedo parentale sia finanziato da risorse extra che non sono coperte dai contributi. Ma nel momento in cui il lavoratore contribuisce al sistema previdenziale, ha diritto come tutti a questo tipo di prestazione.
Come si spiega quindi quanto è avvenuto?
Si tratta evidentemente di un problema di messa a regime delle nuove regole. Il vero punto è però che oggi un cittadino che ha maturato un diritto secondo la legge se lo vede negato dall’ente previdenziale. E’ una situazione che non può durare a lungo, anche perché i congedi parentali non sono prestazioni previdenziali future, come una pensione, ma trattamenti di cui uno ha bisogno nell’immediato. Se quindi non sono erogati i fondi, è evidente che c’è una lesione sostanziale del diritto.
A un contribuente che si è rivolto a “Inps risponde”, è stato spiegato che “il congedo parentale non spetta ai liberi professionisti che versano nella gestione separata, ma solo a lavoratori a progetto e categorie assimilate”.
I lavoratori a progetto versano nella gestione separata, quindi l’eccezione mi sembra contraddittoria. Bisogna capire a quali gestioni l’Inps ritiene di poter attingere per adempiere al disposto di legge. In qualsiasi caso, bisogna che queste risorse siano liberate.
Gli uffici Inps hanno dichiarato alle agenzie che il ritardo dipende “dalla mancanza di disposizioni attuative da parte del ministero del Lavoro”. Cosa ne pensa?
Francamente mi sembra un gioco allo scaricabarile. Inps e ministero del Lavoro viaggiano su binari di assoluta collaborazione, perché il primo non potrebbe funzionare senza gli input costanti del secondo. E’ quindi fondamentale che il gioco di rimbalzo fra l’istituto e il ministero finisca, che quest’ultimo chiarisca qual è la sua posizione e che se ci sono delle disposizioni regolamentari da attuare ciò avvenga immediatamente. Di fronte a un cittadino che fa domanda in riferimento a un diritto che gli è garantito dalla legge, non è legittimo rispondere: “Siamo in attesa di istruzioni da parte del ministero”. Non è infatti concepibile che nel frattempo il suo diritto sia negato.
(Pietro Vernizzi)