Luigi Di Maio in un colpo solo “dichiara guerra” ai Matteo: in un sol colpo vuole recuperare “terreno” di visibilità rispetto a Salvini nel neo-nato governo gialloverde ma soprattutto vuole smantellare il Jobs Act di Renzi. Il primo decreto promesso e “pre-lanciato” dal capo politico M5s nonché ministro del Lavoro e Sviluppo Economico si chiamerà «decreto dignità», una sorta di norma che si articola in 4 punti principali nei quali il Governo M5s-Lega si impegna a superare e riformare la legge sul Lavoro lanciata dai Governi Pd. Imprese, norma sulle delocalizzazioni, lotta alla precarietà e gioco d’azzardo: in questi 4 punti Di Maio intende aprire il prossimo Consiglio dei Ministri di fine giugno per poter dar vita ad un decreto legge che dovrebbe intervenire in maniera assai radicale sulle regole del mercato del lavoro attuali. Su tutte, la novità più importante sarà rappresentata dalla reintroduzione della “causale” per il rinnovo dei contratti a tempo determinato: in poche parole, Di Maio intende cancellare la norma voluta dal Ministro Poletti nel 2014, con il ritorno all’”antico”. I datori di lavoro, se passasse la nuova riforma del Governo gialloverde, tornerebbero a dover indicare sempre la motivazione specifica per cui il dipendente è stato assunto con un contratto a termine e non con uno a tempo indeterminato. Sul fronte “precarietà” il focus sui riders sarà fondamentale per Di Maio: «A loro vogliamo garantire diritti come tutti gli altri lavoratori e con il Decreto Dignità lo faremo. A breve ci sarà anche un incontro con i loro datori di lavoro. Questi ragazzi avranno finalmente tutte le tutele Inps e Inail, un salario minimo orario e vogliamo espressamente proibire la retribuzione a cottimo».
I PUNTI DELLA RIFORMA M5S-LEGA
Oltre alla “causale” da reintrodurre, il “decreto dignità” dovrebbe riguardare da molto vicino anche le imprese che decideranno di spostare i propri stabilimenti all’estero. Queste, per volere del Governo Conte, dovrebbe essere disincentivate per evitare la fuga all’estero dei migliori marchi made in Italy. Non solo, redditometro e spesometro potrebbero non avere vita lunghissima con il Dicastero in mano a Di Maio: in “soffitta” assieme al meccanismo dello split-payement dell’Iva, come rilanciato dallo stesso Ministro del Lavoro. I punti chiave de Jobs Act verrebbero cosi uno dopo l’altro superati o cancellati dal nuovo esecutivo in un crescendo di polemiche non solo tra le opposizioni ma anche da Confindustria, Confesercenti e Confcommercio che a più riprese hanno sottolineato in queste settimane come il Jobs Act renziano non dovesse per nessun motivo essere cancellato, bensì migliorato e strutturato meglio. Di Maio la pensa diversamente e ha spiegato ieri «deve finire l’epoca della precarietà infinita che sta dando solo incertezza ai cittadini e sta massacrando l’economia abbassando la produttività delle imprese. Senza serenità per progettarsi una vita è difficile riuscire ad essere produttivi». Da oggi, ha continuato il Ministro, «comincia la lotta al precariato giovanile. Voglio che i giovani sappiano che c’è un ministero che sta lavorando per loro. I governi precedenti li hanno resi invisibili e senza voce, a volte persino insultati, noi da oggi per la prima volta diamo loro voce e dignità. Loro li volevano deboli, noi li vogliamo come colonna portante del cambiamento».