«La riforma Fornero non si tocca, per dare risposte al mercato del lavoro dobbiamo aggiungere sei punti: le politiche attive, la partecipazione dei lavoratori all’impresa, la rappresentatività del sindacato, gli ammortizzatori sociali, l’apprendistato e il sostegno a giovani e donne». Sono le proposte di Tiziano Treu, senatore del Pd ed ex ministro del Lavoro, intervistato da ilsussidiario.net.
Per quale motivo ritiene che la riforma Fornero non vada cancellata né modificata?
Per evitare di rimettere in discussione quanto si è fatto finora. Uno dei vizi degli ultimi anni è che a ogni cambio di governo si disfaceva quanto era stato realizzato da quello precedente. Così non si va da nessuna parte e si dà l’impressione di un’Italia poco seria.
La riforma Fornero può essere quantomeno migliorata?
Certamente. Vanno perfezionati alcuni aspetti, a partire dalle politiche attive sul lavoro che sono fondamentali anche per massimizzare le opportunità di occupazione. Questa è già una delega della legge Fornero, che non è stata attuata perché c’era poco tempo e le Regioni non si erano messe d’accordo. Le politiche attive sul lavoro, cioè i servizi all’impiego e la formazione continua, finora sono state deboli.
Che cosa propone per quanto riguarda la partecipazione dei lavoratori nell’impresa?
Anche questa è un’altra delega della legge Fornero che va attuata, anche perché rappresenta un punto che anche l’Europa ci chiede. Tra l’altro lo avevamo concordato a larga maggioranza e contribuirebbe a migliorare il clima delle relazioni industriali.
In che modo si può chiarire la questione della rappresentatività del sindacato?
Ci sono disegni di legge già presentati su questo punto, perché l’attuale situazione è molto conflittuale come dimostrano tutte le questioni su Fiom e Fiat. Occorre dare seguito all’accordo inter-confederale, che stabilisce quali sono i criteri di rappresentatività come già avviene peraltro nel pubblico impiego.
In che modo si possono conciliare ammortizzatori sociali ed equilibrio di bilancio?
Gli ammortizzatori sociali per le persone più deboli vanno rafforzati. La riforma Fornero ha già compiuto dei passi avanti, ma i precari non hanno nessuna tutela. Ce lo chiede anche l’Europa, anche se rispetto ai tre punti precedenti questo ha il difetto di essere costoso. Bisogna fare i conti con i bilanci, ma se vogliamo essere europei in un momento di crisi bisogna garantire una qualche protezione a tutti, anche ai più deboli. Un aiuto può venire dai fondi interprofessionali e delle parti secondo il principio di sussidiarietà.
Come si può intervenire sull’apprendistato?
Va attuata qualche ulteriore semplificazione di questa forma contrattuale, che in tutti i Paesi è lo strumento più importante per fare passare i giovani dalla scuola al lavoro. La riforma Fornero ha permesso un miglioramento, ora si può ancora rafforzare lo strumento perché diventi veramente come in Germania una strada maestra per i giovani. Si possono inoltre semplificare le definizioni della legge Fornero su contratti a progetto e partite Iva, che sono un po’ pasticciate. E, sesto punto, bisogna realizzare un progetto straordinario per l’occupazione giovanile e per quella femminile.
Lei è d’accordo con il Piano per il Lavoro della Camusso?
Alcune delle mie sei proposte sono contenute anche nel Piano della Camusso, soprattutto per quanto riguarda la rappresentatività del sindacato e gli ammortizzatori, e in parte la partecipazione dei lavoratori nell’impresa. Da parte del segretario della Cgil c’è però un eccesso di statalismo, inteso come fiducia nelle potenzialità della spesa pubblica, che in un momento come quello attuale non è certo il modo giusto per creare lavoro.
Che cosa ne pensa invece delle proposte di Pietro Ichino per giovani, donne e over 50?
Ichino ha solo presentato una variazione su un tema di cui si discute da molto tempo. Ma a questa domanda specifica i rifiuto di rispondere, semmai le posso dire che cosa ne penso del programma della Lista Monti.
Prego.
Il programma della Lista Monti pone troppa poca enfasi sugli ultimi due punti che le ho esposto prima, soprattutto per quanto riguarda i giovani e le donne, e non parla affatto della partecipazione dei lavoratori. Non condivido inoltre la rimessa in discussione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sui licenziamenti, di cui abbiamo parlato per 20 anni, ed è proprio una delle cose su cui all’inizio ho detto che non bisogna ricominciare da capo.
(Pietro Vernizzi)