Sergio Gasparrini, il presidente dell’Aran, è pronto ad aprire la trattativa con i sindacati per il rinnovo dei contratti statali. L’agenzia tratterà a nome del governo: la prossima settimana ci sarà la convocazione delle sigle per un primo incontro. Il negoziato, però, sarà tutt’altro che semplice e soprattutto non sarà breve, perché su alcuni temi le posizioni sono ancora distanti. La prima questione su cui bisognerà mettersi d’accordo è l’aumento degli stipendi dei dipendenti pubblici: gli 85 euro medi lordi mensili andranno nella componente fissa del compenso o una parte potrà essere erogata come premio di risultato? Per Antonio Foccillo, segretario confederale Uil, non ci sono dubbi: vanno computati nel tabellare. «Lo richiede il rispetto sostanziale dell’accordo che abbiamo firmato il 30 novembre dello scorso anno con il governo», ha dichiarato, come riportato da Il Messaggero. Nell’atto di indirizzo firmato dal ministro della Funzione pubblica Marianna Madia, inviato all’Aran, l’indicazione è differente.
La questione è di risorse: quelle già disponibili servono per la rivalutazione delle componenti stipendiali o fisse, mentre nuove risorse vanno destinate ai trattamenti accessori legati alla performance o alle condizioni di lavoro. Ma con 1,2 miliardi di euro per il rinnovo dei contratti statali l’aumento tabellare medio garantito è di 42-43 euro, quindi la parte rimanente per arrivare agli 85 euro dovrà arrivare con la prossima legge di bilancio. (agg. di Silvana Palazzo)
Sul fronte dei contratti statali e del loro rinnovo arriva la nuova brusca criticità sollevata dal sindacato Usb che non ci sta alle cifre che sembrano uscire da Palazzo Vidoni per l’aumento del Settore Pubblico. Con un lungo comunicato il sindacato obbietta al ministro Madia un sblocco contratti con risorse troppo residue per poter reggere l’urto di tutte le richieste che arriveranno dai vari dipendenti pubblici. «Il ministro Madia ha inviato all’Aran la direttiva per avviare il rinnovo dei contratti dei lavoratori del pubblico impiego fermi dal 2009. Il primo dato che emerge è che le risorse stanziate non sono sufficienti nemmeno per rispondere all’impegno assunto con il protocollo del 30 novembre 2016 tra governo e sindacati complici, i famosi 85 euro medi lordi a regime nel 2018, dopo nove anni di blocco contrattuale. Su un reddito di € 21.000,00 l’incremento dell’1,45% previsto attualmente corrisponde a € 25,37 lordi mensili».
Usb ce ne ha per tutti però, visto che l’attacco è diretto anche contro i sindacati nazionali che non avrebbero fatto tutto quanto in loro possesso per “fermare” la proposta del Governo: «Quella di CGIL-CISL-UIL è stata una vera marchetta elettorale per sostenere il governo Renzi nel referendum costituzionale del 4 dicembre, finito con la disfatta dei sostenitori del SI’ e con l’ennesima figuraccia di chi negli anni ha anteposto interessi politici e di sopravvivenza alla tutela dei lavoratori».
Secondo il giovane sindacato, bisogna attendere la prossima Legge di Stabilità per verificare se davvero le risorse mancanti saranno completata per garantire i famosi 85 euro: «USB andrà all’Aran forte di una Piattaforma contrattuale che chiede 300 euro mensili di aumento uguali per tutti, la costituzione dell’area unica per superare il mansionismo e i limiti imposti per legge alla crescita professionale ed economica dei lavoratori, a cominciare da quelli delle aree inferiori, la riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore settimanali a parità di retribuzione, la trasformazione del salario accessorio in retribuzione certa e stabile», sarebbe la ricetta di Usb, lontano anni luce dalle risorse attuali e dagli accordi finora presentati dal governo ai sindacati.