La prima proposta è stata formalizzata sotto il governo Prodi, a margine della riforma delle cooperative. E adesso è questo quello che per molti è il miglior modo di ricordare Marco Biagi: l’importanza del suo sacrificio sta ora non tanto nella convegnistica e nelle iniziative commemorative, quanto più nel ripercorre periodicamente la sua tecnicalità, nel senso di tenere vivo il metodo.
Cosa bisogna fare oggi per mettere mano al mercato del lavoro? La parola d’ordine deve essere lavorare molto sui giovani, sulla scorta di un metodo riformista che sia ancorato strettamente alla realtà. Lui aveva già capito che l’idea, la condizione di mantenere lo stesso lavoro per tutta la vita, sarebbe stata impossibile nel futuro. Per questo parlava di precarietà protetta o flessibilità normata. Diceva che il suo campo, il diritto del lavoro, nell’economia della globalizzazione sarebbe destinato a diventare parte del diritto commerciale; e se il diritto del lavoro cambia oggi è infatti perché è cambiata l’economia.
Da qui nasce l’intuizione e il progetto di uno statuto unificante di tutte le forme di lavoro, diverso da un corpo disomogeneo e valido a seconda dell’occupazione e quindi a seconda del tipo di lavoratore che si è. Questa è la ratio di un progetto che, ispirato allora, continua a essere disegno di legge oggi, a undici anni dal suo assassinio e in un periodo in cui restano cruciali – e in cui si sono anzi aggravati – i problemi del mercato del lavoro italiano.
È stato presentato lunedì in Senato un nuovo disegno di legge di cui è bene essere a conoscenza, che ripropone, con i dovuti aggiornamenti dei tempi, il sogno di Marco Biagi. Il testo reca infatti, al suo primo e unico articolo, una “delega al Governo per la redazione dello Statuto dei lavori” e il perché questa sia cosa buona è quanto proviamo a dire qui. Le sue direttrici sono due: occupabilità e adattabilità, già pilastri della cosiddetta Strategia di Lisbona, adottata dall’Unione europea per lo sviluppo del mercato del lavoro a livello europeo.
Al convegno tenutosi ieri a Roma in ricordo del professore, il senatore Sacconi – anche in qualità di promotore del disegno di legge in questione – ha ben spiegato cosa vogliano dire in concreto questi due concetti. L’occupabilità va intesa come autosufficienza della persone nel mercato del lavoro, come diritto promozionale piuttosto che rigido e sanzionato; a garanzia di tutto questo entra in gioco l’adattabilità che è dunque strumento, adattabilità tra datore e lavoratore cristallizzata nella contrattazione. Non si muove più dal principio homo homini lupus del vecchio diritto del lavoro, bensì si crede in una liberissima contrattazione collettiva e individuale che affonda le radici in una ferma antropologia positiva.
L’Organizzazione internazionale del lavoro e le direttive europee hanno identificato e identificano le tutele inderogabili e lo Statuto dei lavori, come del resto l’articolo 8 della manovra 2011, parte da qui per affidare il resto alla capacità delle parti di adattarsi reciprocamente, in diverse situazioni e tempi.
Ferme le regole universali che prescindono dalla natura del lavoro e del rapporto di lavoro che nasce dal contratto, una visione antropologica dell’uomo impone di avere fiducia nella sua autonomia di regolazione. Tutti noi, al netto delle appartenenze politiche, possiamo concordare agilmente sul fatto che la possibilità di regolare e modulare in prima persona i nostri intessi ci farebbe comodo nonché gola, specie dal punto di vista lavorativo. Il tutto conduce pure a semplificare molto il quadro del diritto del lavoro, che in quest’ottica sussidiaria vedrebbe le controversie comporsi sul nascere o comunque tempestivamente.
Una tal scommessa sulla persona, impossibile senza fiducia, non è cosa scontata, soprattutto se guardiamo agli esiti della riforma Fornero come resi noti dal rapporto sul monitoraggio della sua applicazione prodotto dall’Isfol la scorsa settimana. Si richiede un salto culturale che è poi la sfida del diritto del lavoro del futuro, sfida che Marco Biagi ha deciso di raccogliere al punto tale da perdere il bene più prezioso che ci permette di essere oggi a navigare in internet.
Di seguito riportiamo il testo del disegno di legge che tenta di portare a compimento questa intuizione e che supera gli universali astratti del Novecento, traghettando il diritto del lavoro verso una crescita possibile perché ancorata al mondo reale.
Art. 1
(“Delega al Governo per la redazione dello Statuto dei lavori”)
1. Ai fini di riordino e revisione della disciplina delle tipologie contrattuali in cui sia dedotta attività lavorativa, in forma tipica od atipica e a prescindere dalla denominazione adottata, il Governo è delegato ad adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi contenenti un testo unico di riordino e revisione della disciplina vigente, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
Identificazione di un nucleo fondamentale di diritti applicabile a tutti i rapporti di lavoro a prescindere dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro e dalla qualificazione del contratto come autonomo, subordinato, associativo o atipico ai sensi dell’art. 1322, comma secondo, Cod. Civ. Il nucleo di detti diritti dovrà essere conforme ai principi contenuti nella Carta Costituzionale, nonché alla Dichiarazione dell’Organizzazione Internazionale del lavoro sui principi e diritti fondamentali sul lavoro approvata dalla Conferenza Internazionale del Lavoro il 18 giugno del 1998 e alla Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000;
Libera definizione delle restanti tutele, in coerenza con le disposizioni del diritto comunitario e in relazione al tipo di prestazione e alla anzianità di servizio, in sede di contrattazione collettiva – con privilegio per quella di prossimità ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 – ovvero di certificazione del contratto individuale di lavoro;
Previsione di un diritto promozionale, in conformità all’intesa sottoscritta tra Governo, Regioni, Provincie autonome e parti sociali nell’accordo del 17 febbraio 2010, alla formazione continua del prestatore di lavoro, in ragione della attività alla quale venga effettivamente adibito, certificata dagli enti bilaterali o dalle altre sedi di certificazione dei contratti di lavoro;
Previsione di un diritto promozionale al ricollocamento e alla formazione per ogni lavoratore involontariamente disoccupato, mediante il potenziamento delle funzioni pubbliche, degli organismi bilaterali e dei servizi privati al lavoro con il concorso dei datori di lavoro che operino licenziamenti collettivi o individuali;
Coordinamento delle tutele sostanziali con il regime degli incentivi alla occupazione e alla formazione, con il regime degli ammortizzatori sociali e con il regime previdenziale;
Definizione di specifici livelli di “garanzia per l’occupazione giovanile” perché i servizi pubblici per l’impiego e i privati accreditati offrano obbligatoriamente ai giovani fino a trenta anni, entro quattro mesi dal conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o universitario, una opportunità di tirocinio, di lavoro subordinato o autonomo mediante sostegno all’autoimprenditorialità, di apprendistato o di formazione, orientando la riqualificazione verso le professioni richieste dal mercato del lavoro ma di difficile reperimento;
Effettività delle sanzioni per i beneficiari di trattamenti di sostegno al reddito che rifiutino un’offerta di lavoro, ampliandone la definizione di congruità e le responsabilità penali dei servizi pubblici e privati qualora non denuncino prontamente alle amministrazioni eroganti il sussidio l’ingiustificato rifiuto ricevuto;
Orientamento ai servizi ispettivi del lavoro perché nella programmazione dei controlli ordinari, in assenza di specifiche denunce, si tenga conto della presenza di forme di controllo alternative quali quelle garantite da organismi bilaterali e le certificazioni operate dalle Commissioni di certificazione dei contratti di lavoro, preferendo la vigilanza sulle situazioni totalmente esenti da controllo sociale o verifiche preventive;
Potenziamento dell’arbitrato di equità ai fini della tempestiva risoluzione dei conflitti, inclusi quelli riferiti alla cessazione del rapporto di lavoro, anche mediante clausole compromissorie per la preventiva devoluzione ad arbitri delle controversie;
Razionalizzazione e semplificazione del quadro legale previgente anche mediante abrogazione delle normative non compatibili, ivi inclusa la legge 28 giugno 2012, n. 92, o che comunque non prevedono diritti fondamentali di cui al punto a), stabilendo altresì, laddove opportuno, un nuovo regime di sanzioni civili e penali, valorizzando in particolare le sanzioni di tipo premiale e incentivante.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro della Giustizia, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, che si esprime entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, il Governo può comunque procedere. Successivamente, gli schemi sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro quaranta giorni dall’assegnazione; decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1, o successivamente, quest’ultimo è prorogato di sessanta giorni. Nella redazione dei decreti legislativi di cui al presente comma il Governo tiene conto delle eventuali modificazioni della normativa vigente comunque intervenute fino al momento dell’esercizio della delega. I predetti decreti legislativi contengono, altresì, le disposizioni necessarie al coordinamento con le altre norme legislative vigenti nella stessa materia.
3. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi di cui al presente articolo possono essere emanati uno o più decreti legislativi correttivi e integrativi, con il rispetto del procedimento di cui al comma 2.
4. L’adozione dei decreti legislativi attuativi della delega di cui al presente articolo non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com