Non bastava la vicenda degli esodati, cui si sta – dopo mesi in cui sembrava che l’errore sarebbe rimasto irrisolto -, faticosamente mettendo una pezza, salvaguardando di volta in volta coloro che rischiano di trovarsi senza reddito da lavoro e da pensione a breve termine. Ora, rischia di esplodere l’ennesima emergenza sociale. La Cassa integrazione in deroga è agli sgoccioli. Il ministero del Lavoro ha fatto sapere che è stato emanato il decreto che destina 260 milioni di euro al rifinanziamento dell’ammortizzatore sociale. E ha descritto l’operazione come il «segno tangibile dell’attenzione che pur nella particolare fase istituzionale viene costantemente rivolta a problematiche di grande importanza sociale ed economica». In realtà, salvo imprevisti, questi soldi sono gli ultimi. Nel frattempo, spiega Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil, «dalle Regioni stanno arrivando segnali allarmanti di un profondo disagio sociale».
Può spiegarci cosa sta realmente accadendo?
Si sono, ormai, sostanzialmente esaurite le risorse previste sia dalla legge finanziaria che dalla riforma Fornero. In pratica, non ci sono più soldi per la cassa in deroga, salvo un recupero di una parte di quelle destinate alla formazione che, in base alla legge finanziaria, potranno essere dirottate in seguito all’esito di un monitoraggio che sarà eseguito a maggio.
Questi soldi fino a quando basteranno?
Si stima che saranno sufficienti fino ad aprile, al massimo fino a maggio.
E poi?
Se non ci saranno altri interventi, non ci sarà la certezza del finanziamento per nuovi accordi eventualmente stipulati.
Quante persone rischiano di rimanere senza lavoro e senza ammortizzatori?
Normalmente, la aziende fanno richiesta di cassa in deroga, mediamente, per circa 150mila lavoratori al mese. Di solito, tuttavia, ne hanno effettivamente bisogno solamente circa 80mila lavoratori.
Com’è possibile che non ci siano più risorse?
La prima spiegazione è tecnica: fino a qualche mese fa si sperava che l’impatto della crisi sarebbe stato meno violento e che la domanda da parte delle imprese non sarebbe stata così alta. La seconda, è politica: il governo in carica ha preferito non impegnare risorse sapendo che, da lì a breve, se ne sarebbe andato, affidando al nuovo quadro politico il compito di togliere la castagna dal fuoco; ovvero l’incarico di individuare le risorse necessarie. Il nuovo governo avrebbe dovuto prendere atto della nuova situazione, e varare una finanziaria adeguata. Il problema è che il quadro politico è ancora quello vecchio che stancamente si trascina e non ha gli strumenti per operare. Nel frattempo, i soldi stanno finendo.
Come se ne esce?
Anzitutto, abbiamo chiesto di rivedere i criteri di autorizzazione della Cig. In certi casi, sono mancati criteri di razionalità. L’ottimizzazione porterà a qualche risparmio. Resta il fatto che mancano dai 700 milioni al miliardo di euro. Queste risorse andranno recuperare attraverso profonde operazioni di bilancio. Si tratterà di scelte che spetteranno alla politica. Nessuno, d’altro canto, né a destra né a sinistra si prenderà mai la responsabilità di negare il sussidio a chi è senza lavoro.
Dove si possono recuperare le risorse?
Si può fare una nuova spending review, con maggiore attenzione ai costi della politica; si può rivedere la disciplina degli incentivi alle imprese, eliminando quelli che finora non hanno funzionato; infine, va aumentata la lotta all’evasione fiscale.
(Paolo Nessi)