In queste settimane in cui c’è stato modo di presentare le domande di accesso all’Ape social, non sono mancate le proteste di chi non ha potuto farlo per ragioni difficili da comprendere. Per esempio, un disoccupato a seguito di scadenza di un contratto non era ritenuto meritevole di tutela, a differenza di chi era stato licenziato. E Tommaso Nannicini, intervistato dal Quotidiano Nazionale, ha riconosciuto che questa, come altre storture dell’Ape social, vanno risolte. Inoltre, l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha detto che dal suo punto di vista questa misura, come pure l’Ape volontaria, vanno rese strutturali. Nella legge di bilancio bisognerebbe comunque, secondo Nannicini, provvedere a stanziare nuove risorse per accogliere tutte le domande presentate per l’accesso all’Ape social. Dal suo punto di vista, poi, non è possibile pensare di fermare l’aumento dell’età pensionabile per tutti, ma ha anche ricordato che è giusto riconoscere che non tutti i lavori sono uguali.
RIFORMA PENSIONI NOVITÀ 2017, ULTIME NOTIZIE. INPS, APE SOCIAL, QUOTA 41, LEGGE FORNERO (OGGI, 20 LUGLIO)
LA BOMBA SOCIALE INNESCATA CON LE RIFORME PENSIONISTICHE
Una bomba sociale è stata innescata con le riforme pensionistiche approvate in Italia, in particolare dopo il passaggio al sistema contributivo pieno per cercare di favorire la sostenibilità previdenziale. Lo segnala Andrea Fumagalli, Professore di Economia all’Università di Pavia, in un’intervista a Il Manifesto. Fumagalli spiega che “in presenza di elevata precarietà lavorativa, i contributi versati non permetteranno a molti di godere di un livello di pensione superiore alla povertà relativa”. Di conseguenza queste persone, perlopiù giovani, “saranno costretti a lavorare finché moriranno, oppure a sperare di morire prima di andare in pensione”. A partire dal 2030, cioè da quando il sistema contributivo andrà a regime, prosegue Fumagalli, ci sarà bisogno quindi di “un intervento di sostegno al reddito per coloro che si troveranno in una situazione di povertà”.
BOCCIA CHIEDE ALTRE RISORSE PER APE SOCIAL E QUOTA 41
Francesco Boccia non intende lasciare che ci siano italiani esclusi dall’Ape social, visto che le domande presentate hanno già superato quelle preventivate dal Governo Renzi. “Lo strumento è utile e ha aiutato molto i lavoratori a raggiungere la pensione. Non c’è alcun rischio buco nei conti perché la norma è costruita attraverso un tetto definito per ogni annualità”, ha detto il Presidente della commissione Bilancio della Camera, che ha anche evidenziato che “se le risorse stanziate non dovessero essere sufficienti, sarà inevitabile garantire l’aumento delle risorse fino alla copertura integrale degli italiani che ne hanno diritto”. Si tratta certamente di un intervento importante, che si aggiunge a quelli di Cesare Damiano e Maurizio Sacconi. Tommaso Nannicini ha anche proposto di anticipare i termini previsti per far stilare all’Inps la graduatoria per l’accesso ad Ape social e Quota 41, di modo che le risorse necessarie a evitare esclusi possano essere stanziate con la Legge di bilancio.
RIALZO A 67 ANNI, POLETTI PRENDE TEMPO
La questione del blocco dell’innalzamento automatico dell’età pensionabile a 67 anni nel 2019, prevista dalla riforma Fornero, verrà affrontata dopo l’estate. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti sta prendendo tempo. Il congelamento del decreto potrebbe costare non meno di 1,2 miliardi l’anno, secondo i dati diffusi dall’Ansa. Ma in realtà la stima potrebbe rivelarsi molto più bassa della somma reale, se si tiene conto del fatto che i cinque mesi in più si applicherebbero a tutte le gestioni e scatterebbero anche per i pensionamenti anticipati. Questo meccanismo è stato già praticato due volte finora: nel 2011 con un decreto che ha innalzato di tre mesi i requisiti nel triennio 2013-2015 e nel 2016 con un decreto che ha elevato i requisiti di quattro mesi per il triennio che termina a fine 2018. Lo stop all’innalzamento automatico dell’età pensionabile è l’obiettivo di una proposta di legge presentata da Cesare Damiano e Maurizio Sacconi, entrambi ex ministri del Lavoro. (agg. di Silvana Palazzo)
RENZI DIFENDE LA LEGGE FORNERO
Matteo Renzi difende la Legge Fornero, spiegando che si tratta di una delle cose più importanti fatte dal Governo Monti, perché è stata in grado di mettere in sicurezza i conti pubblici, contribuendo a rendere il sistema previdenziale italiano uno dei più solidi al mondo. Il Segretario del Pd, durante la presentazione del suo libro “Avanti” nella sede de Il Mattino di Napoli, ha però spiegato che effettivamente “alcuni scaloni sono stati troppo forti” e perciò “quelli coinvolti un po’ rosicano giustamente”. L’ex Premier ha poi voluto precisare che con gli interventi del suo Governo non è stata messa in discussione la Legge Fornero, ma sono stati forniti degli strumenti “a chi è stato penalizzato per risolvere il problema”. Come, per esempio, l’Ape, che non crea problemi finanziari per il sistema. “Io non sono per mettere in discussione il sistema, perché sennò il conto lo pagano quelli che vengono dopo”, ha aggiunto.
LANDINI: SINDACATI PRONTI ALLA MOBILITAZIONE
Maurizio Landini è stato oggi ospite di Agorà Estate e dopo un servizio dedicato all’Ape social, con le parole anche di chi è rimasto escluso da questa misura, ha ricordato che i sindacati si stanno battendo per la riduzione dell’età pensionabile, che in Italia è la più alta d’Europa, e far sì che venga ampliata la flessibilità pensionistica, oltre che provvedere alla previdenza futura dei giovani. Il neo segretario confederale della Cgil ha ricordato altresì che non è possibile pensare che ci possa essere una medesima età pensionabile senza distinzioni a seconda dell’attività svolta. Il sindacalista ha quindi ricordato che i delegati di Cgil, Cisl e Uil si sono riuniti la settimana scorsa e che se a settembre il Governo non mostrerà che si è pronti a prendere decisioni importanti sui punti elencati, allora sarà logico pensare a una mobilitazione unitaria.
BOERI CONTRO LE PENSIONI EROGATE ALL’ESTERO
Tito Boeri torna all’attacco, come già fatto in passato, delle pensioni erogate all’estero. Nel corso di un’audizione al Comitato permanente sugli italiani nel mondo presso la commissione Esteri della Camera ha infatti evidenziato il numero crescente di prestazioni erogate a italiani residenti all’estero, i quali “non contribuiscono in nessun modo alla spesa pubblica del Paese, perché non sono soggetti alla tassazione in Italia, né diretta, né indiretta”. Il Presidente dell’Inps ha spiegato che l’anno scorso sono state pagate poco più di 370.000 pensioni all’estero, per un importo complessivo di poco superiore al miliardo. Boeri ha però specificato che nell’83% dei casi si tratta di prestazioni erogate a fronte di contributi versati in Italia inferiori ai dieci anni. “Si tratta di durate contributive molto basse, a fronte di cui i beneficiari possono accedere a prestazioni assistenziali come l’integrazione al minimo o la quattordicesima”, ha aggiunto, spiegando anche che queste integrazioni sono un’uscita per lo Stato e non rientrano nell’economia del Paese sotto forma di consumi.
DAMIANO: GARANTIRE APE SOCIAL A TUTTI QUELLI CHE NE HANNO DIRITTO
Come noto le domande di accesso all’Ape social e alla Quota 41 sono state superiori a quelle preventivate dal Governo. E dato che negli ultimi giorni il dibattito sulla riforma delle pensioni si è “surriscaldato”, con le parole di Giuliano Poletti critiche verso la Legge Fornero, Cesare Damiano ricorda quanto sia importante far sì che sia “garantito a tutti coloro che hanno fatto domanda e hanno i giusti requisiti, con un apposito finanziamento nella legge di Bilancio, di poter accedere al pensionamento anticipato”. L’ex ministro del Lavoro torna poi a insistere sulla necessità di affrontare il tema del possibile aumento dell’età pensionabile a 67 anni a partire dal 2019, evidenziando che la decisione sul da farsi dovrà essere presa “anche alla luce dell’inaspettato calo della speranza di vita, per uomini e donne, registrata dall’Istat nel corso del 2015”.
SACCONI PROPONE LA FLESSIBILITÀ IN ENTRATA
Maurizio Sacconi ha scelto di ritornare sulle dichiarazioni di Tito Boeri con una lettera a Il Sole 24 Ore, che aveva ospitato l’intervista nella quale il Presidente dell’Inps criticava l’appello dell’ex ministro del Lavoro e di Cesare Damiano per bloccare l’aumento dell’età pensionabile previsto dal 2019. Il Presidente della commissione Lavoro del Senato ha voluto ricordare di essere l’autore della norma che lega i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita, anche se allora la “base di partenza” non era quella stabilita poi dalla Legge Fornero. Sacconi non a caso ha voluto ricordare di aver condiviso con Damiano “l’esigenza immediata di rallentare l’ulteriore allungamento della vita lavorativa di una generazione già prossima a pensione nel momento in cui ha subito un repentino spostamento dell’età obbligatoria di circa sei anni”.
L’ex ministro ha tenuto poi a evidenziare quello che ritiene essere “il nodo vero che prima o poi dovremo affrontare”, ovvero il fatto che il sistema previdenziale è disegnato su un mercato del lavoro relativamente stabile, mentre oggi giorno i percorsi lavorativi sono sempre più discontinui. Questo comporterà il fatto che “i più, come da sempre le donne, non potranno accumulare i periodi contributivi utili a una pensione anticipata” e dovranno quindi attendere i 70 anni per la pensione di vecchiaia. Secondo Sacconi è dunque necessario che ci sia flessibilità non solo in uscita, ma anche in entrata, con l’incentivazione, normativa e fiscale, per lavoratori e imprese, di versamenti volontari e di risparmio previdenziale.
DA M5S NUOVA PROPOSTA SUI VITALIZI DEI PARLAMENTARI
Con una conferenza stampa alla Camera, Luigi Di Maio ha rilanciato la battaglia del Movimento 5 Stelle contro i vitalizi dei parlamentari. Il vicepresidente della Camera ha ricordato che il Pd ha di fatto affossato il ddl Richetti che alla fine di maggio sarebbe dovuto andare in aula per il voto, con una probabile approvazione, in virtù proprio dell’appoggio pentastellato alla misura. Per questo Di Maio chiede ora che le stesse norme del ddl Richetti vengano approvate mediante una risoluzione dell’Ufficio di presidenza della Camera. Presto sarà quindi inviato a Laura Boldrini un ordine del giorno che ricalcherà la proposta dem, “così non avranno scuse per dirci di no”, ha spiegato Di Maio. Sarà certamente interessante vedere quale sarà la reazione del Partito democratico, oltre che della Presidente della Camera.
BRAMBILLA PROPONE QUOTA 41,5
Dopo le parole di Tito Boeri sugli effetti negativi di un blocco dell’aumento dell’età pensionabile dovuto all’aspettativa di vita, non sono mancate dichiarazioni contro il Presidente dell’Inps. Alberto Brambilla ritiene invece che egli abbia ragione. L’ex sottosegretario al Welfare non sa dire se i 141 miliardi di euro indicati da Boeri come costo da sostenere per il blocco dell’aspettativa di vita siano una stima precisa, “ma tendo a pensare che sia esatta perché Boeri è persona molto seria e preparata”. Il Presidente del Centro Studi & Ricerche Itinerari Previdenziali, intervistato da Labitalia, critica anche l’appello di Cesare Damiano e Maurizio Sacconi, che avevano chiesto proprio di fermare l’aumento dell’età pensionabile a partire dal 2019, in quanto “si pone un obiettivo sbagliato”.
Brambilla ricorda peraltro che il meccanismo che lega i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita è stata varata quando Sacconi era ministro del Lavoro: “Era l’unica soluzione possibile per tenere in equilibrio il sistema previdenziale”, spiega. L’ex sottosegretario ci tiene però a precisare di essere d’accordo con il fatto di neutralizzare l’aggancio dell’anzianità contributiva richiesta per accedere alla pensione con l’aspettativa di vita. “In Italia ormai si va in pensione con 43 anni di contributi e di questo passo arriveremo a 45 anni. Un’enormità. Occorrerebbe ripristinare la quota di 41 anni e mezzo perché questa sarebbe la giusta risposta di flessibilità da dare a tutti i lavoratori precoci e le donne”. Ben sapendo che chi inizia a lavorare presto spesso fa anche mestieri di un certo tipo, faticosi”, aggiunge.