La riforma delle pensioni che il Governo intende varare continuerà certamente a far discutere, specialmente per quel che riguarda l’Ape. Secondo le simulazioni di Progetica riportate da Repubblica, infatti, per i nati nel 1954 che utilizzeranno l’anticipo massimo di 3 anni e 7 mesi si arriverà a una decurtazione fino al 37% del proprio assegno pensionistico. Questo per quattro ragioni: i minori contributi versati, il coefficiente di trasformazione più basso, gli interessi bancari e il premio assicurativo. Mentre si discute di riforma delle pensioni, Sos partita Iva chiede che i lavoratori autonomi siano messi in condizione di scegliere “tra la previdenza pubblica e quella privata e tra enti privati, instaurando una salutare concorrenza a beneficio dei contribuenti”. Andrea Bernaudo, presidente del movimento, ritiene che vada mantenuto l’obbligo di costruirsi una pensione, con la possibilità di “aderire a fondi a capitalizzazione uscendo finalmente dalla logica del contributo obbligatorio all’Inps e dalla logica della ripartizione”. Bernaudo ritiene che in ogni caso all’Inps vadano versati i contributi per le prestazioni di welfare, con un’aliquota del 3%.
In questi giorni si sta facendo un gran parlare dell’accordo raggiunto tra il Governo ed i sindacati per quanto concerne l’Ape, ed ossia lo strumento che nei prossimi due anni in via sperimentale permetterà ai lavoratori in possesso di determinati requisiti di accedere alla pensione con un anticipo massimo di 3 anni e 7 mesi. Ape che è stata diversificata in tre differenti versioni a seconda della situazione del beneficiario. La più onerosa per il lavoratore è quella in cui vi si accede in maniera volontaria. Stando ad uno studio effettuato da Il Corriere della Sera, il costo in questo caso dovrebbe essere pari al 5,8% per ogni anno di anticipo. Lo studio è stato effettuato prendendo in considerazione sia gli interessi bancari che costi dovuti all’assicurazione che copre una eventuale morte da parte del beneficiario. Un costo che il Governo potrebbe anche abbassare nel caso volesse destinare all’Ape volontaria ulteriori risorse.
Il dibattito sulla riforma delle pensioni non ferma l’attività dei comitati impegnati per la proroga di Opzione donna. In particolare quello chiamato “Opzione donna proroga al 2018” in settimana è stato oggetto di incontri importanti, come quello con il Senatore Luigi Zanda, capogruppo del Partito Democratico al Senato, o direttamente con Tommaso Nannicini, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, impegnato in prima persona nel confronto tra Governo e sindacati sugli interventi previdenziali da inserire in Legge di bilancio. Quest’ultimo ha confermato che un’eventuale estensione di “Opzione donna”, possibile in caso vi siano dei risparmi nei fondi già stanziati lo scorso anno, sarà inserita nella manovra di fine anno. Non resta quindi che attendere la nuova verifica sul cosiddetto “contatore” per capire di quanti fondi beneficerà Opzione donna.
Nell’ormai famoso incontro sulle pensioni che ha visto il Governo Renzi nelle persone del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini, confrontarsi con i rappresentanti dei sindacati sulla rifoma delle pensioni, è stato trovato un accordo su come prevedere il meccanismo per l’accesso anticipato al sistema pensionistico. In questi minuti, sull’account Twitter del Partito Democratico è stata pubblicata una infografica che spiega l’entità delle risorse messe in campo per i prossimi 3 anni sule pensioni. In particolare si legge: “#Pensioni 6 miliardi in 3 anni + equità sociale, + sostegno ai redditi medio bassi + flessibilità”. Nell’infografica viene sottolineato alcuni interventi come No Tax Area estesa a tutti i pensionati, Allargamento della platea per i lavori usuranti, aumento della quattordicesima e tanto altro. Clicca qui per vedere l’infografica. Il Governo ed i sindacati sulle pensioni sembra che siano riusciti a trovare una opportuna soluzione per quanto concerne l’uscita anticipata dal mondo del lavoro per mezzo dell’Ape. Allo stato delle cose nei prossimi due anni, per quanti hanno 63 anni d’età ed almeno 20 di contributi sarà possibile accedere con un massimo di 3 anni e 7 mesi di anticipo al sistema pensionistico. Il tutto sarà finanziato con un prestito assicurato con le banche veicolato attraverso l’Inps con periodo di ammortamento di 20 anni. Una soluzione ottimale secondo anche i sindacati e che quindi imporrebbe uno stop all’adeguamento dell’età pensionabile rispetto alla possibile crescita dell’aspettativa di vita. Uno stop che dovrebbe essere tale per almeno due anni in quanto l’ape sarà lanciata in via sperimentale per l’appunto per due anni (biennio 2017 – 2018).
La riforma delle pensioni frutto del confronto tra Governo e sindacati “è un provvedimento di facciata”. Lo sostiene Claudio Borghi Aquilini. L’economista appartenente alla Lega Nord ritiene altresì che sarebbe stato meglio intervenire per aiutare i giovani più che sulle pensioni. “I pensionati sono, chi più chi meno, tutelati da un sistema pensionistico piuttosto generoso. Non mi risulta ci sia un pensionato che prende meno rispetto ai contributi che ha versato. Un giovane disoccupato sta messo peggio”, spiega Borghi Aquilini in un’intervista a Intelligonews. Secondo l’economista, “la cosa giusta dovrebbe essere che tutti ricevono i contributi che hanno versato correttamente rivalutati. Viceversa, se non li ho versati per diversi motivi, non ultimo il fatto che potrei essere un evasore (ce ne sono molti che prendono la minima ma vanno in giro in Bmw) non vedo perché lo Stato deve incrementare il mio assegno”.