RIFROMA PENSIONI 2017. Esperti di tutto, politici, commentatori ne avevano parlato a maggio, poi si erano organizzati un po’ di convegni nei quali si erano detti d’accordo sulle proposte. Su tutte le proposte anche quelle più contraddittorie e costose: tanto erano convegni! Infine, ora pare che l’argomento potrebbe perfino entrare nella Legge Finanziaria, pardon di Stabilità. Stiamo parlando delle pensioni dei giovani, cioè dell’Italia che sarà tra 40/50 anni. Troppo in là? Un futuro che ha le coordinate cronologiche di Star Trek? Per niente: perché, come ogni tanto si ripete quando si deve dare del “pirla” a qualche governante, i politici veri agiscono oggi pensando al futuro, i mestieranti guardano al presente e basta. Non è un caso, infatti, che su questo argomento stiano lavorando soprattutto i sindacati che hanno il polso reale della situazione quotidiana del Paese. Si starebbe perfino valutando addirittura l’ipotesi di inserire qualche norma specifica nei Contratti nazionali.
Il nodo centrale è quello di garantire una vecchiaia serena anche a chi oggi comincia a lavorare in modo saltuario, con periodi di versamenti e altri invece scoperti. Certo ci sono i fondi professionali, ma non sono dappertutto e soprattutto troppi giovani lavoratori sembrano ancora non aver fatta propria la necessità di agire in fretta e da subito su questo tema. Ci sarebbero anche le assicurazioni private, quelle che ormai sono vendute anche nelle tabaccherie e che garantiscono alle grandi compagnie, nazionali e no, ricchi introiti. Ecco, proprio queste compagnie sono state le protagoniste, in passato, di fortissime azioni di lobbing, tese a rinviare la partenza dei Fondi chiusi pensionistici, a renderli meno interessanti: il loro legittimo obiettivo era ovviamente di vendere più polizze loro e frenare più soldi possibili alle famiglie. Meno logico che una parte del mondo politico abbia dato retta a questo interesse di parte, quando il bene comune stava da tutt’altro lato. Fatto sta che oggi, finalmente, si sta ragionando di giovani e di futuro.
Il sottosegretario Baretta, non a caso un ex sindacalista Cisl, ha rilanciato l’idea di consentire il riscatto gratuito della laurea ai fini pensionistici in modo da garantire la continuità contributiva ai giovani nati dopo il 1980. Insomma, gli anni degli studi universitari potrebbero essere fiscalizzati a fini pensionistici per i giovani nati dopo il 1980, senza che a essi venga chiesto l’onerosissimo corrispettivo che ha disincentivato i contribuenti a concludere l’operazione. Oggi, infatti, riscattare gli anni di laurea costa parecchio: si arriva fino a calcolare che esso corrisponda a un anno di salario per ogni anno riscattato! Tanto basta per spingere anche il più convinto sostenitore dell’operazione a rinviarla sine die! Quella proposta da Baretta è una misura che avrebbe peraltro due vantaggi: i giovani accumulerebbero anni contributivi e potrebbero essere incentivati a laurearsi.
Tutto bene dunque? No, perché come in ogni proposta sana anche qui ci sono dei ma, dei però, con cui fare i conti. Anzitutto, trattandosi non di un convengo ma di una proposta politica, improvvisamente alcuni hanno scoperto di non essere pienamente d’accordo, invocando ragioni di bilancio o, per non compromettersi, suggerendo altre strade, avanzando altre ipotesi. Così però, hanno ingarbugliato il campo, intorbidendo la prospettiva: e si sa che in Italia una buona idea può pure nascere, ma che immediatamente su di essa, e da più parti contemporaneamente, si procede a sollevare il polverone per affossarla senza però che la colpa sia di nessuno. Perché come fai a dire no alle pensioni dei giovani? Ma come fai a dire sì a una proposta del Governo a pochi mesi dalle elezioni? Vuoi mai vedere che raccolga anche qualche voto? E dunque?
Dunque appena si è cominciato a discutere della cosa gli esperti del settore hanno partorito un’idea via l’altra. Ad esempio, il Presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha immaginato in alternativa il versamento, a carico dello Stato, di una contribuzione figurativa all’inizio della carriera lavorativa per chi viene assunto con un contratto a tempo determinato e ha dei periodi di discontinuità dal lavoro. Ma, sussurriamo noi, non è mica la stessa cosa! Non si otterrebbe, ad esempio, un incentivo allo studio e alla laurea. Diversamente, e non senza ragione, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha invece proposto dei bonus contributivi per le mamme, che potrebbero tradursi in un anno di contribuzione in più per ogni figlio.
Ma perché, diciamo noi che non siamo né esperti, né intelligenti ma che la “ggente” la incontriamo ogni giorno, riscatto gratuito della laurea, pensione di garanzia e contribuzione figurativa, non possono essere proposte che non si elidono ma che si sommano? E aggiungiamo: perché il riscatto gratuito non può essere allargato anche a quelle nuove, o rinnovate, esperienze scolastiche e lavorative che sono ad esempio gli Its, gli Istituti tecnici nei quali ormai studio e lavoro si integrano perfettamente? Sappiamo che la proposta sta girando, che è su alcuni importanti tavoli di confronto: Pier Paolo Baretta dovrebbe tenerne conto.
Per una volta dunque, con buona pace di Boeri, che si operi in fretta e con uno sguardo vero al domani. Certo, molto dipenderà dalle risorse finanziarie che il governo potrà mettere in campo nella prossima legge di Stabilità. Difficile pensare che si trovino ancora i 7 miliardi stanziati lo scorso anno, ma se si deve scegliere, almeno qui e su questo argomento, che si scelga respingendo ogni tentativo di facile retorica, e invece guardando davvero al domani e non invocando il domani per sistemare l’oggi, o il futuro immediato delle ormai imminenti elezioni. Un grido si alza dal Paese reale, un grido alla Totò: siate politici e non caporali!