È possibile aiutare i giovani italiani a entrare nel mondo del lavoro, a muoversi cogliendo le opportunità esistenti e supportarli nel crearne di nuove? Immersi in un sistema dell’istruzione che soffre di un forte scollamento con il mondo del lavoro, di fronte a una certa autoreferenzialità del sistema scolastico e universitario, constatando la frequente e grave mancanza di strutture di orientamento che non agiscano, quando riescono, solo sulle situazioni di disagio più rilevante, ma che si pongano invece come interlocutore valido per tutti coloro che ne hanno bisogno nel momento in cui le scelte vanno compiute, il compito sembra davvero arduo.
Il tema non può però essere evitato e il motivo è sotto gli occhi di tutti: cosa può dunque fare chi opera nel mercato del lavoro? Aver “fatto a fette” l’istruzione pone un enorme problema: i più bravi frequentano i licei senza ben comprendere cosa servirà loro e i meno bravi vanno alle scuole tecniche, spesso senza reali prospettive di approfondimento delle tematiche culturali, come se per stare tutto il giorno su un macchinario facendo bene il proprio mestiere non occorresse anche il possesso di nozioni trasversali, capaci di porre la persona dentro un orizzonte più ampio di conoscenze e di senso; così i deboli diventeranno sempre più deboli e la capacità di crescere e investire su di sé continuerà a diminuire.
Il lavoro manuale concepito come un lavoro da lasciare “ai peggiori”, senza possibilità di approfondimento e di ampliamento delle cognizioni per relazionarsi con gli altri e “sentire se stessi” come parte di un orizzonte più ampio e di un progetto utile conduce spesso a disastri educativi, formativi, personali.
Per chi, come la fondazione Gi Group Academy, cerca di fornire il proprio contributo nell’ambito della cultura del lavoro e dell’individuazione e realizzazione di strade percorribili, di strumenti efficaci per la crescita dell’occupazione, soprattutto dei più giovani, risulta fondamentale tener conto della concezione antropologica che sta alla base delle dinamiche di sviluppo e porsi continuamente come soggetti attivi con l’obiettivo di creare legami e percorsi adeguati tra i vari attori in gioco nella dinamica educativa, formativa e lavorativa delle persone.
Per questa ragione è in atto un tentativo di creare le premesse per una “continuità nell’impiegabilità” attraverso il costante rapporto e lo sviluppo di progetti con tutte le componenti che concorrono al formarsi di un adulto con un profilo professionale adeguato. Azioni di medio-lungo termine, certo, ma indispensabili: investire in questa direzione è doveroso per rispondere ai bisogni incontrati secondo ipotesi che non siano ciniche o nichiliste. E nel breve termine occorre stimolare nelle persone nuove idee e iniziative.
Per chi è chiamato quotidianamente a rilevare situazioni che riguardano gli ormai tristemente famosi Neet (not in employment, education or training), acronimo che oggi identifica circa due milioni di ragazzi con un tasso di disoccupazione che nella fascia 16-24 anni ha raggiunto il 28,6%, risulta evidente che il sistema di istruzione e formazione in vigore negli ultimi anni deve compiere un salto di qualità importante, possibilmente con il contributo di imprese e operatori del mercato del lavoro.
L’apprendistato può rivelarsi certamente uno strumento utile anche a coinvolgere le imprese a educare e investire in formazione, possibilmente lavorando a monte sui giovani con una maggiore sinergia tra tutte le componenti di un progetto volto a consentire di trovare e mantenere nel tempo un lavoro proporzionato a se stessi, per capacità e vocazione.
Per contribuire a contrastare la situazione descritta, Gi Group sta lavorando su vari progetti di medio come di breve termine e ha recentemente realizzato una nuova proposta nell’ambito delle numerose iniziative del progetto “2011, anno dei giovani”: il “Gi Lab”, un laboratorio di idee dedicato ai giovani e fatto dai giovani, a cui fino al 31 luglio sarà possibile partecipare compilando il format relativo e inviando il proprio progetto su come contrastare la disoccupazione giovanile.
Un comitato valuterà le proposte che, per essere considerate, devono avere alcune caratteristiche di base: essere in linea con la legislazione italiana e rispondere a criteri di economicità e profittabilità che le rendano sostenibili. Gi Group si farà carico di sviluppare il progetto vincitore per concretizzarlo insieme a chi lo ha ideato, trasformandolo in un servizio da proporre a tutti con l’obiettivo prioritario di contribuire a contrastare la disoccupazione giovanile.
Si tratta solo di una “goccia nell’oceano”, di una tra le molteplici azioni rivolte quest’anno ai giovani, capace però di stimolare idee brillanti, di mettere in moto le persone non solo per un posto di lavoro, ma per la realizzazione di qualcosa che, attraverso il proprio contributo, possa essere utile a tutti.
Talento e intraprendenza sono certamente caratteristiche importanti per chi vuole trovare lavoro e, in un contesto in cui sarà probabilmente necessario cambiare più volte nel corso della vita, evolvere le proprie competenze, sviluppare la capacità di operare in ambiti diversi e con flessibilità, essere stimolati a sviluppare competenze personali e professionali che consentano di affrontare un mondo del lavoro siffatto può risultare decisivo.
Il compito che attende un po’ tutti è arduo, perché si tratta di mettere in campo esperienze funzionanti e perché quanto descritto lo devono voler realizzare la scuola a ogni livello e per ogni profilo (non solo universitario), chi si occupa di formazione professionale, gli imprenditori e i manager delle aziende, gli operatori di settore: ognuno con il proprio contributo. Attraverso l’incontro con soggetti che si prendano a cuore e in carico una formazione rivolta ai giovani capace di far crescere uomini e donne in grado di affrontare questa situazione e di percepire che il lavoro si compie sia come espressione di sé che come servizio utile, qualche passo è possibile.
Il mondo del lavoro ha infatti una valenza educativa fondamentale per le persone: occorrono esperienze che consentano di far comprendere a ogni livello che la pura espressione di sé senza un riscontro oggettivo, nella realtà, della propria utilità non serve e non tiene nel tempo, facendo decadere il più delle volte anche l’impeto espressivo.
Il lavoro non può essere vissuto a lungo come un male necessario, subìto come la mera esecuzione di un compito dualisticamente contrapposto a una sfera della cultura che eleverebbe l’uomo! Incontrando i giovani che si affacciano al mondo del lavoro risulta evidente che istruzione, formazione e lavoro vanno sviluppati in chiave unitaria, educando l’uomo a un’esperienza positiva di sé e del mondo in ogni fase della propria vita, rendendolo in tal modo un po’ più capace di autentica libertà e responsabilità.