Farsa è servita. Diciamo subito, a scanso di equivoci, che la Juventus merita di uscire dalla Champions League in termini generali. Una frase da sottolineare in rosso almeno due volte, riportando le parole di Antonio Conte: “Abbiamo le nostre colpe: siamo arrivati all’ultima giornata a giocarci la qualificazione”. E ancora: “Dobbiamo migliorare in certe situazioni, nell’occasione del gol siamo rimasti in tre contro tre”. Per di più, la pugnalata di Sneijder arriva in un modo sinistramente simile al pugno nello stomaco che era il gol di Umut Bulut a Torino. Insomma: se oggi la Juventus sa che il suo cammino europeo continua in Europa League, le responsabilità vanno cercate innanzitutto in casa. Per quelle che erano le aspettative della vigilia, la Juventus sarebbe dovuta andare alla Turk Telekom Arena con 10 punti, tenendo il Galatasaray magari anche a 5, ammettendo che in Danimarca ci si aspettava che vincesse. Ovvero, gli ottavi di finale sarebbero già stati archiviati. Questo è vero e sacrosanto, ma lo è almeno quanto il discorso che affrontiamo da qui in avanti. Primo dato: i bianconeri avevano comunque due punti in più del Galatasaray. Avevano a disposizione due risultati su tre, e se c’è stato il pareggio di Copenaghen è anche da rimarcare che i turchi in Danimarca ci hanno perso. Questo, unito al pareggio interno contro il Real Madrid, faceva ancora la differenza. Secondo dato: su un campo simile non si poteva e non si doveva giocare. Pedro Proença, solerte arbitro portoghese, ieri sera è stato fin troppo frettoloso nel giudicare “dangerous” un terreno di gioco sul quale il pallone scorreva normalmente (solitamente è il primo se non unico criterio per sospendere una partita); questo pomeriggio, e lo ha confermato anche Roberto Mancini, effettuato il sopralluogo le due squadre hanno dato parere negativo. Tuttavia, si è giocato. Perchè? Si può pensare che la , con un sorteggio da effettuare lunedi e il rischio di estrarre una pallina senza il nome di una squadra scritto sopra, abbia fatto pressioni per chiudere in fretta e furia la questione? Non ci sono controprove e ci riserviamo il beneficio del dubbio: sta di fatto che i giocatori, che sono quelli che concretamente sul campo ci vanno, a prendere a calci un pallone, avevano giudicato a bocce ferme che non si potesse svolgere regolarmente una partita, e come motivazione (lo ha detto Conte e lo ha detto Mancini) hanno addotto il fatto che le condizioni fossero “pericolose”. Esattamente come la sera prima, ma stavolta nessuno ha ascoltato. Terzo dato: la metacampo nella quale la Juventus attaccava era palesemente distrutta, a differenza dell’altra che era, tutto sommato, non peggiore di qualche precedente più o meno illustre. Sappiamo il perchè: a più riprese abbiamo visto una ruspa percorrere avanti e indietro quella zona, non facendo lo stesso dall’altra parte e quindi creando una fanghiglia indegna di uno stadio da Champions League solo da un lato. Che era, curiosamente, quello in cui la Juventus ha attaccato per 45 minuti, e dove lo ha fatto il Galatasaray per appena 15. Correggiamo: quello dove si sapeva che la Juventus avrebbe attaccato per 45 minuti. Siamo maliziosi? Forse sì: ma sta di fatto che gli addetti al campo hanno “lavorato” in una sola metà del manto erboso, con il risultato che tutti abbiamo visto. Ovvero, giocatori costretti a buttare palla in avanti senza criterio per evitare che si bloccasse e generasse pericolose ripartenze. Non sarebbe una novità nella storia:
Il Barcellona bagna il prato del Camp Nou per favorire la circolazione di palla, ed è risaputo che i giardinieri tedeschi, al termine di un diluvio universale, inzupparono il terreno di Francoforte perchè fosse ancora più zuppo e rendesse complicati i fraseggi della Polonia nella partita decisiva per l’accesso alla finale dei Mondiali del ’74. Una storiella che ricordano e citano anche in Italia. Quarto dato: la giustificazione “ufficiale” al fatto che il campo si fosse ghiacciato nel giro di due minuti ieri sera (quando si è iniziato a giocare era in condizioni perfette) è stata la rottura delle serpentine che riscaldano il terreno di gioco da sotto. Vero o no che sia, la cosa resta inaccettabile: il regolamento impone che la squadra ospitante debba garantire le condizioni perchè una partita si disputi regolarmente. Non diremo che il Galatasaray fosse da squalificare, questo lo riserviamo a chi di competenza; ma che ci debba essere una responsabilità oggettiva da parte della squadra di casa sì, perchè non stiamo parlando di un uragano che ha scoperchiato le tribune o divelto le porte ma di una nevicata che, per esempio, c’era stata anche a Torino in occasione di una partita contro l’Udinese (e forse anche più fitta) eppure si era giocato, ed era anche stata una bella gara (ricorderete: decise una doppietta di Alessandro Matri). Insomma: la Juventus esce per demeriti propri e il ragionamento non fa una grinza, ma ha ragione Conte quando dice che questo non è calcio, e che non sempre si può guardare il passato se poi la partita decisiva non è più una partita.
(Claudio Franceschini)