A 45 giorni dall’introduzione dei nuovi voucher Inps divampa il dibattito, anche a livello politico. C’è stato un forte ridimensionamento del fenomeno: «I primi dati dell’Inps mi sembrano molto bassi», il commento del presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, secondo cui questa norma non è stata pensata per trovare uno strumento utile per lavoratori, imprese e famiglie, «ma solo per evitare il referendum, per scoraggiare l’uso del lavoro occasionale», diventato molto complicato da usare. Come se non bastassero i paletti legislativi, a complicare l’impiego dei nuovi voucher Inps è anche la procedura di accesso alla piattaformma online, nonostante sia stata migliorata ad agosto. Lavoratori e utilizzatori devono registrarsi nel sito con uno tra tre modi disponibili: Pin, ma servono giorni per riceverlo, Spid tramite Poste o con la Carta nazionale dei servizi. Poi i datori di lavoro devono effettuare il versamento sul proprio “portafoglio elettronico”: inizialmente si poteva usare solo il modulo F24, da agosto è ammessa la carta di credito. E bisogna comunicare la prestazione: i dati dell’utilizzatore e del lavorare, il tipo di impiego, luogo, durata e compenso pattuito. Quando il lavoratore termina la prestazione deve accedere nuovamente al sito e confermare di aver effettuato il lavoro, quindi entro il 15 del mese successivo viene pagato dall’Inps. (agg. di Silvana Palazzo)
CALANO I LAVORI OCCASIONALI: È FLOP?
Dovevano essere uno strumento utile per regolarizzare i lavori veloci e occasionali, invece i nuovi voucher Inps sono diventati un vero e proprio incubo per le grandi e soprattutto piccole imprese. Non viene denunciata solo la burocratizzazione di questo strumento, perché del resto il problema non è solo procedurale: i vecchi buoni-lavoro sono diventati contratti di prestazione occasione vincolati a limiti e divieti che impedisce a molte imprese di accedervi. Così si spiega ad esempio il motivo per il quale gli agricoltori trevigiani, ad esempio, hanno deciso di coinvolgere nella vendemmia amici e parenti. «I nuovi voucher sono troppo complicati, non riusciamo a utilizzarli. Chi può, arriva addirittura a preferire i contratti a tempo determinato», hanno dichiarato a Repubblica. Testimonianze confermate dai numeri: il bilancio dei nuovi voucher Inps è “magro”. I lavoratori che hanno svolto finora prestazioni occasionali sono solo 6.742, quasi tutti (6.056) al servizio di microimprese, solo 686 per lavori familiari. Sulla piattaforma Inps si sono registrati oltre 27mila utenti, di cui 16.250 utilizzatori e 10.767 lavoratori. Dove va a finire allora tutto quel lavoro occasionale dei vecchi voucher? Non ci sono al momento certezze, ma è facile presumere che una parte sparisca, un’altra torni nel sommerso, e una parte molto piccola diventi lavoro regolare a termine.
LE RAGIONI DELLA “GRANDE FUGA”
Uno dei paletti più ingombranti inserito nei nuovi voucher Inps è quello che riguarda l’esclusione di tutte le imprese con più di 5 dipendenti stabili: così viene tagliato fuori il 90% della platea di datori di lavoro che prima potevano utilizzare i voucher. I vincoli sono stati inseriti per tutelare meglio i lavoratori, cioè per evitare l’abuso di lavori normali spacciati per occasioni, e soprattutto per scongiurare il referendum minacciato dai sindacati. Ci sono vincoli anche al tipo di attività: ad esempio, le imprese agricole sono ammesse solo se impiegano pensionati, studenti under 25, disoccupati e cassaintegrati. Le imprese edili, cave, miniere e servizi svolti in appalto sono escluse. Le pubbliche amministrazioni possono accedervi solo con progetti per categorie svantaggiate e manifestazioni, mentre le famiglie possono chiedere piccoli lavori domestici, assistenza domiciliare e lezioni private. Il tetto alle ore lavorative è fissato a 280 l’anno. Previsto uno anche agli importi: ogni lavoratore non può percepire più di 5mila euro l’anno da tutti i suoi datori di lavoro, non più di 2.500 dallo stesso utilizzatore, perché altrimenti il rapporto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. Inoltre, il compenso giornaliero non può essere inferiore a 36 euro, quello orario deve essere di almeno 9 euro netti (12,37 lordi) per le imprese, di almeno 8 euro netti (10 lordi) per le famiglie.