E’ trascorso ormai un anno da quando la Riforma del mercato del lavoro dell’ex Ministro del Welfare Elsa Fornero è entrata ufficialmente in vigore nel nostro Paese. Gi Group Academy, la fondazione di Gi Group nata per promuovere e sostenere lo sviluppo e la diffusione della cultura del lavoro, ha analizzato quali siano state, in quest’ultimo anno di difficile crisi economica, i comportamenti e le azioni strategiche attuate dalle aziende in materia di risorse umane a seguito del provvedimento. Nel mese di giugno, infatti, è stata avviata la seconda survey dell’Osservatorio Permanente sulla Riforma del Mercato del Lavoro, promosso a fine 2012: ad essere interrogato, in occasione di questo secondo appuntamento, un campione di 351 aziende (HR manager e imprenditori). Ecco dunque cosa è emerso: se l’effetto immediato di applicazione della Riforma registrato nei primi sei mesi dalla sua entrata in vigore, era stato una riduzione dei contratti a progetto (-20,2%), un aumento dei contratti a tempo indeterminato (+8,2%) e dei contratti di apprendistato (+3,2%), l’ultima survey di Gi Group Academy mostra un sostanziale annullamento di tali effetti a un anno dalla Riforma, con i comportamenti delle imprese che dal punto di vista delle scelte contrattuali, sono tornati ad essere simili alla situazione da cui si partiva. La maggior parte delle imprese indagate ritiene che la legge 92/2012 non abbia apportato alcun cambiamento rispetto alle aree (flessibilità in entrata, contrattazione di secondo livello, gestione dell’uscita, politiche attive e ammortizzatori sociali) verso le quali poteva esercitare un impatto, né dal punto di vista dell’efficacia né dal punto di vista dell’efficienza. In particolare, per quanto riguarda la gestione della flessibilità in entrata, il 43,6% ritiene non vi sia stato nessun cambiamento, contro un 40,2% che ritiene vi sia stato un peggioramento e un 16,2% per il quale vi è stato un miglioramento. Stessa situazione per quanto riguarda la capacità della Riforma di rendere meno costose determinate aree: prevale il sentiment del “non cambiamento” soprattutto sul tema delle politiche attive, degli ammortizzatori sociali e della contrattazione di secondo livello. Dopo i cosiddetti “indifferenti” prevale il numero di coloro che ne hanno una visione negativa a discapito di chi, invece, percepisce la legge in modo positivo. L’ambito all’interno dell’impresa rispetto al quale la Riforma ha esercitato l’impatto maggiore è rappresentato dalla flessibilità in ingresso (49,9%), seguita dalla gestione della flessibilità in uscita (18,5%) e dall’utilizzo di ammortizzatori sociali (16%). A un anno dall’entrata in vigore della Riforma non si riscontrano variazioni evidenti rispetto al numero di aziende che utilizza i diversi tipi di contratto. Diminuiscono solo le realtà che ricorrono agli stage (-5,2%) e ai contratti di collaborazione a progetto (-3,7%). Solo il 23,4% delle imprese, a seguito della Riforma, sostiene di aver compiuto delle trasformazioni di contratti non a tempo indeterminato. In particolare, nel 73,2% dei casi si è optato per altre forme flessibili (tempo determinato 25,6%, contratti di apprendistato 14,6%, co.co.pro. e partite iva 12,2%, somministrazione a tempo determinato 8,5%, altro 12,2%) mentre, solo nel 26,8% dei casi si è optato per contratti a tempo indeterminato. Il 56,4% delle aziende dichiara di aver gestito almeno un inserimento nel I semestre 2013. Questa percentuale risulta più bassa di 4,9 punti rispetto a quella registrata nello stesso periodo del 2012 (56,4% vs 61,3%). Analizzando il periodo da luglio 2012 ad oggi, invece, sono state inserite 29.349 persone, di cui il 45,3% (13.305 persone) con contratti di lavoro subordinato (tempo indeterminato, tempo determinato e apprendistato).