Giancarlo Pagliarini sta raccogliendo le olive vicino alla sua casa in Liguria. È preoccupato per il lavoro che deve affrontare nel frantoio e per la quantità di olive che deve raccogliere. Pare una sorta di “Cincinnato” leghista e ascolta esterrefatto le ultime dichiarazioni di Umberto Bossi sulle “gabbie previdenziali”. Il ministro del Bilancio leghista, poi uscito dalla Lega Nord, oltre che esterrefatto sembra anche disincantato e lontano da questa situazione convulsa della politica italiana. Come se l’avesse prevista, anche se non lo dice.
Che ne pensa Pagliarini dell’ultima dichiarazione di Umberto Bossi?
Quale?
Quella sule gabbie previdenziali che ha fatto ieri sera?
Gabbie previdenziali? Ma non riesco proprio a comprendere quello che vuole dire esattamente. Forse pensa che occorra reintrodurre un concetto che tempo fa ho spiegato a lui e ai leghisti: quello molto semplice del potere d’acquisto. Fatto molto semplice che serviva a spiegargli anche l’inconsistenza della sua vecchia proposta delle “gabbie salariali”. Insomma, se dovessi dire fino in fondo quello che penso, è che non ha capito un cavolo della svolta liberale che aveva prommesso e che la Lega un tempo innalzava come vessillo.
Spieghi un attimo per favore Pagliarini?
Gabbie salariali? Ma ognuno faccia i contratti che vuole. Lo Stato con i contratti tra il datore di lavoro e il prestatore di lavoro che cosa c’entra? Deve essere lo Stato a stabilire che salario bisogna dare? E lo stesso ragionamento vale per le pensioni, su cui si fa un grande polverone a vuoto, ragionando ancora come ai tempi di Otto von Bismark, il cancelliere di ferro della Germania ottocentesca. Il sistema previdenziale lo ha inventato lui e si va avanti, in tutta Europa, con quel sistema.
Mi scusi, ma non ho capito bene.
Ma è molto semplice. La pensione che prende lei ogni mese la sta pagando suo figlio. Le pare il sistema di un Paese civile e moderno? È chiaro che alla fine questo sistema non regge. Infatti oggi bisogna sostituirlo, non immediatamente perché è impossibile, ma nell’arco di una o due generazioni.
In che modo cambiarlo?
Bisogna sostituire quel sistema con quello della capitalizzazione. Esiste in Cile questo sistema e funziona. Così come in altri 27 Paesi del mondo. Io pago i contributi a partire da una certa età a un Fondo pensione e stabilisco quando voglio andare in pensione. Se avrò versato tanti contributi avrò una buona pensione, se ne avrò versati pochi avrò una pensione più bassa. La decisione di ritirarmi dal lavoro spetta solo a me e a quello che mi conviene. Lo Stato deve solo controllare che questi Fondi pensione non facciano investimenti rischiosi. Per il resto non se ne deve occupare. Così come non se ne devono occupare i sindacati e le banche. Anzi queste ultime devono solo offrire i maggiori rendimenti ai contributi che i Fondi pensioni gli affidano. Questa si chiama libertà, il resto, con tutte le polemiche tra i 63 e i 67 anni, appartiene a una versione bolscevica o statalista che ha colonizzato tutta l’Europa.
Ma quindi Bossi cosa intendeva dire?
Avrà fatto confusione, pensando che anche la pensione deve seguire il concetto di potere d’acquisto.
Cioè?
L’avevo detto tempo fa e lo avevamo messo in una legge della Regione Lombardia che poi sia Roberto Formigoni che Roberto Calderoli hanno di fatto affossato nel programma nazionale. Se io guadagno mille euro a Crotone ho più potere di acquisto che se guadagno mille euro a Varese, per ragioni che mi pare inutile spiegare. Per cui, per ragioni di solidarietà ed equità, devo rispettare queste differenze. Facciamo solo l’esempio dello Stato che assume due giovani, uguali per competenze e preparazione professionale: per rispettarli deve offrirgli stipendi diversi se uno è di Crotone e uno è di Varese. Ora Bossi deve avere avuto qualche reminescenza sul potere di acquisto e lo ha applicato alle pensioni. Ma questo non è possibile con l’attuale sistema pensionistico anacronistico. Doveva tutt’alpiù parlare del nuovo sistema pensionistico da attuare nel futuro. Quindi le gabbie previdenziali non hanno alcun senso.
(Gianluigi Da Rold)