Le parole che ci ha rilasciato Cesare Damiano in questa intervista hanno fornito fiducia al Comitato Opzione donna. Il Presidente della commissione Lavoro della Camera ha infatti fatto capire che vuol fare in modo che l’aspettativa di vita non sia conteggiata al fine della presentazione della domanda, facendo quindi in modo che anche le donne nate nell’ultimo trimestre del 1957 e 1958 possano usufruire di Opzione donna. Il Comitato ha quindi deciso di interrompere la campagna iniziata su Twitter per sensibilizzare i politici al problema: hanno capito che la situazione è ben presente e che c’è la volontà di trovare una soluzione. A settembre capiremo se tutto si risolverà per il meglio.
I lavoratori precoci cercano di sostenere come possono il Ddl Damiano, in base al quale sarebbe possibile andare in pensione dopo 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica, e senza penalizzazioni. Per questo hanno deciso di avviare una petizione on line per chiedere al Governo italiano di approvare la proposta di legge firmata dal Presidente della commissione Lavoro della Camera. Vedremo quale sarà l’esito di questa iniziativa.
Mentre a settembre potrebbe essere messo nero su bianco l’impegno del Governo a “sbloccare” Opzione donna fino al 31 dicembre, c’è chi chiede che anche gli uomini possano utilizzare questa possibilità di accesso al pensionamento anticipato. Su Facebook è sorto anche un gruppo e nei diversi post si legge che sono state inviate anche richieste al ministro Poletti per consentire anche agli uomini di andare in pensione a 57 anni con 35 di contributi. L’idea di estendere Opzione donna anche agli uomini era stata discussa anche in commissione Lavoro della Camera, vedremo se le istanze di questo tipo verranno accolte o meno.
I lavoratori precoci non mollano. Forse di loro si parla troppo poco, dato che nel dibattito sulla riforma delle pensioni si fa riferimento alla flessibilità a partire dai 62 anni di età. Per molti di loro, che hanno iniziato a lavorare ancora in minor età, vorrebbe dire avere cumulato anche più di 45 anni di contributi. E per di più con la possibilità di subire una decurtazione sull’assegno pensionistico. Proprio per questo Cesare Damiano, nel suo Ddl, vorrebbe che chi ha 41 anni di contributi possa accedere alla pensione indipendentemente dall’età anagrafica e senza penalizzazioni.
Ma a parte il Presidente della commissione Lavoro della Camera, gli altri politici, specie i rappresentanti del Governo, non hanno fatto riferimento ai lavoratori precoci, che però in alcuni casi hanno deciso di scrivere direttamente ai politici per far sentire la loro voce. Non ci stanno, per esempio, all’ipotesi di un prestito pensionistico ventilata da Enrico Morando, viceministro dell’Economia: dal loro (comprensibile) punto di vista aver lavorato e versato contributi per oltre 40 anni dovrebbe essere già un valido motivo per poter accedere a un trattamento di quiescenza. Difficile non condividere la posizione di queste persone, tanto più quando l’eventuale introduzione della flessibilità nel sistema pensionistico potrebbe esacerbare una disparità di trattamento tra cittadini. Se però non si intendesse accettare le loro richieste, sarebbe quanto meno opportuno farglielo sapere: il silenzio di fronte a una domanda è certamente frustrante.