La provocazione l’ha lanciata Claudio Marchisio, senza fronzoli: “Se dovessimo vincere il terzo scudetto consecutivo si potrebbe parlare della Juventus più forte di sempre“. Dibattito aperto sul quale ci si può sbizzarrire a piacimento; con la premessa d’obbligo che paragonare epoche diverse è spesso compito arduo se non impossibile. E’ cambiato il calcio, sono cambiati i ritmi e magari anche qualche regola; si giocano molte più partite, gli avversari possono essere più o meno competitivi. Il giochino però attira, soprattutto i tifosi bianconeri; chi ha vissuto l’epoca di quella squadra, chi si è emozionato per i successi dell’altra, chi ne ha portate molte nel cuore e magari, se anche una certa formazione non è stata così competitiva, ha un posto speciale nei ricordi. Ad ogni modo, nella storia della Juventus è opinione comune che, escludendo per il momento il periodo attuale, i periodi indimenticabili della società siano stati principalmente quattro: quello del quinquennio d’oro dei cinque scudetti consecutivi, quello tra la fine degli anni Cinquanta e la prima metà dei Sessanta, quello dei dieci anni di Giovanni Trapattoni e quello di Marcello Lippi, più il primo ciclo che il secondo. Non a caso Marchisio ha parlato di terzo tricolore in fila: l’impresa finora è riuscita soltanto a quella Juventus allenata da Carlo Carcano, che lasciò a metà del quinto anno al duo Carlo Bigatto-Benedetto Gola. Una formazione leggendaria che vestì anche la Nazionale campione del mondo nel 1934: Combi-Rosetta-Caligaris, iniziava così la filastrocca che comprendeva poi il grande mediano Luisito Monti, l’eclettica ala Mumo Orsi dirimpettaio di Federico Munerati, lo spietato attaccante Felice Borel e quel Renato Cesarini che ancora oggi è famoso per aver dato il nome ai gol negli ultimi minuti delle partite. Certo erano altri tempi: è passato quasi un secolo, ma c’è un motivo se quella formazione resiste ancora oggi nella mente di tanti tifosi. Ancor più, forse, di quella che vinse quattro scudetti e tre Coppe Italia tra il 1957 e il 1967: basta citare i nomi di Giampiero Boniperti, Omar Sivori e John Charles, e magari accompagnarli con quelli di Gino Stacchini e Carlo Mattrel. Nel periodo in esame si susseguirono diversi allenatori: il più ricordato è forse Heriberto Herrera, che però prese in mano i bianconeri a fine ciclo e infatti vinse solo uno scudetto e una Coppa Italia. Sivori e Charles formarono una coppia di giocatori agli antipodi ma che in campo non avevano pietà per gli avversari: uno piccoletto e irriverente, l’altro enorme e dall’indole pacata (e infatti fu soprannominato “il gigante buono”), si completavano nel prodotto di casa Boniperti. Un trio meraviglioso che forse la Juventus non ha più riscoperto. Anzi sì: ci arriveremo. Dopo qualche periodo buio e tre scudetti negli anni Settanta (grazie a Fabio Capello, Pietro Anastasi e il tecnico Cestmir Vycpalek, famoso anche per essere lo zio di Zdenek Zeman, guarda un po’), arrivò Giovanni Trapattoni, uno dei due allenatori che può dire di aver vinto tutto con i bianconeri. Sei scudetti, due Coppe Italia, una Coppa dei Campioni, una Coppa Intercontinentale, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea, tre volte la Coppa UEFA. Forse è quella la Juventus più forte della storia: perchè seppe rimanere sulla breccia, in Italia e in Europa, per un intero decennio. Cambiando giocatori (da Boninsegna-Virdis a Rossi-Boniek, da Benetti-Spinosi a Bonini-Brio). Quella squadra, come già negli anni Trenta, diventò una sorta di poesia da mandare a memoria (con anche qualche errore: l’undici è passato alla storia con Causio e Platini insieme, ma i due non si sono mai incrociati in bianconero). Sotto il talento di Michel Platini, le doti di rapace d’area di Paolo Rossi, i polmoni di Marco Tardelli e la leadership di Dino Zoff e Gaetano Scirea quella Juventus dominò, diventando anche, forse per la prima volta nella storia, il simbolo dei poteri forti e delle angherie di palazzo (risale a quegli anni l’aspra polemica con la Roma, in particolare;
Non a caso l’altra squadra che si giocava gli scudetti). Naturalmente, come sempre quando si arriva a fine ciclo, la squadra si sfaldò lasciando la Juventus in un vortice di mediocrità e qualche sporadica vittoria (due volte la Coppa UEFA, una Coppa Italia); fino all’approdo di Marcello Lippi e alla ricostruzione del trio d’attacco che tanto ricordò quello dei tempi andati. Prima Ravanelli-Vialli-Del Piero (con Baggio), poi Zidane-Del Piero-Inzaghi, infine Nedved-Del Piero-Trezeguet: dai loro piedi sono passati, inframmezzati dal biennio di Carlo Ancelotti, tredici trofei. Tutto, in Italia e in Europa. E poi arriviamo ai giorni nostri, e alla Juventus di Claudio Marchisio: due scudetti e due Supercoppe Italiane in due stagioni, il record di punti e vittorie consecutive a metà della terza, una finale di Coppa Italia e un primo anno da imbattuti in Serie A. Arrivati alla fine del viaggio qualcuno potrebbe opinare, con buona ragione, che non è stata fatta menzione della Juventus del trio danese (John, 124 gol in bianconero, e Karl Aage Hansen, Karl Aage Praest) che vinse due scudetti; o quella di Fabio Capello, che ha dominato due campionati con singoli quasi inarrivabili prima di essere affondata da Calciopoli. Ha ragione chi eventualmente lo farà notare: ognuno ha la sua squadra nel cuore. Noi ci limitiamo a dire che forse, per dare ragione a Marchisio, la Juventus di Antonio Conte dovrà prendersi qualche vittoria in Europa, o aprire un ciclo più duraturo in Italia; la storia, lo ha ricordato l’allenatore salentino, la scrivono i vincitori e da sempre è così. In attesa di una Champions League, la nostra scelta cade sul ciclo di Marcello Lippi: non ce ne voglia Giovanni Trapattoni il cui decennio è stato strepitoso, ma il tecnico viareggino aggiunge al suo palmares tre finali consecutivi nel massimo campionato europeo, e trasformazioni tattiche che hanno sempre mantenuto al top i bianconeri. E voi, che Juventus preferite?
(Claudio Franceschini)