Confartigianato Lombardia ha presentato questa settimana il settimo rapporto sul mondo lombardo dell’artigianato. Il rapporto 2017 “dal tramonto all’alba” presenta i cambiamenti avvenuti nel corso dei dieci anni di crisi. La notte pare passata, ma se nel 2007 molti hanno scambiato la luce del tramonto per quella dell’alba, il rapporto cerca di chiarire, con una ricca mole di dati, se la luce che si intravede è una vera alba o solo proiezione di luce ancora notturna.
Gli effetti della crisi si sono fatti sentire, le imprese artigiane a metà 2017 risultano essere 250.107. Sono circa 21.000 in meno del 2007 (-7,7%). La composizione mostra come anche nell’artigianato il processo di terziarizzazione sia avanzato negli anni della crisi. I settori del manifatturiero e delle costruzioni pagano un forte prezzo alla congiuntura negativa e se per quanto riguarda primo le imprese di produzione di impianti si trasformano in montaggio e fornitura di impianti, il secondo cala sia per numero di imprese artigiane che per il peso complessivo a livello regionale.
A crescere è il comparto dei servizi, sia alla persona che alle imprese, che rappresenta il 36,2% del settore artigiano, diventando il più importante. Le imprese a maggiore crescita sono quelle dei servizi d’informazione e altri servizi informatici (+76,7%), i servizi e funzioni d’ufficio e altri servizi per le imprese (+67,5%), software e consulenza informatica (+59,3%), riparazione manutenzione e installazione macchinari (+50,1%), servizi per edifici e paesaggio (+45,7%), ristorazione (+18,9%), attività tecniche e scientifiche (+13,3%). I comparti che arretrano di più sono invece la fabbricazione di macchinari sia generici (- 27,4%) che di precisione (orologi, elettromedicali, ecc.) con -26,8%. Le costruzioni calano del 24,6% e l’industria del legno (non i mobili) del 21,4%.
Come si nota è una ripresa trainata dalla domanda di impresa 4.0: il passaggio alle tecnologie avanzate ha trainato le imprese impegnate a produrle, montarle e fornire assistenza. Non si tratta di sviluppare solo nuove app, ma di applicare nuove soluzioni ITC a cicli produttivi e relativi macchinari. Il risultato è appunto una crescita di servizi, ma legati alla produzione, per un salto qualitativo nelle nuove tecnologie e nuovi servizi alla persona che seguono la ripresa di domanda di consumi. Va registrata peraltro la crescita delle imprese artigiane più strutturate. Il peso totale delle Srl artigiane passa dal 2,3% al 5,6% e il peso occupazionale medio di una Srl è di 6,7 addetti contro una media del settore di 2,5.
I sommovimenti del settore imprese si riflettono nell’occupazione: nel comparto servizi è oggi il 36,7% del totale dell’artigianato, contro il 35,9% del manifatturiero e il 27,4% delle costruzioni. Il quadro regionale lombardo segnala peraltro che con la metà del 2017 il tasso di occupazione è tornato ai livelli massimi pari al 67,6%, nonostante il Pil resti seppur di poco (-0,6%) inferiore al massimo raggiunto nel periodo pre-crisi. Vi è ancora spazio quindi per una crescita occupazionale e della produttività se teniamo conto che i paesi immediatamente concorrenti hanno superato anche di 12 punti il livello massimi del Pil pre-2008.
Importante notare come negli ultimi periodi le imprese artigiane abbiano contribuito alle nuove assunzioni. Finito l’effetto dei vantaggi fiscali contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato si è assistito a un calo dei contratti permanenti del 26,7%. Il risultato è stato rivolgersi ancora di più ai giovani lavoratori e l’apprendistato ha avuto un balzo immediato del 20,8%. Resta la propensione delle imprese artigiane per i contratti stabili (tempo indeterminato più apprendistato) che rappresentano il 71,5% delle assunzioni. Cresce invece l’applicazione del part-time, solo in minima parte involontario, perché legato a settori con domanda di lavoro flessibile con orari settimanali sia verticali che orizzontali non standard.
Il dato relativo alla diffusione del contratto di apprendistato indica come il settore artigiano riproponga il problema della formazione professionale. La domanda di lavoro verso under 30 con qualifica o diploma professionale è esplicitata da oltre il 40% delle imprese artigiane e si ritrova qui il divario spesso denunciato fra formazione richiesta dalle imprese e percorsi scolastico-formativi.
Il tema ha, per la realtà artigiana e industriale lombarda, una particolare incidenza. La formazione professionale per lavori artigiani non riguarda solo le micro e piccole imprese. Il nucleo professionale centrale di molte imprese lombarde di eccellenza, pensiamo alla moda, al design, ma anche alla meccanica, è dato da un numero di lavoratori con alta specializzazione. Sono i capannoni dove si lavora ancora con la stessa abilità, cultura e passione del lavoro artigiano descritto da Peguy. Il settore dell’impresa artigiana è quindi spesso la grande palestra di formazione per lavoratori che compongono poi la catena di professionalità che permette di fare prodotti di eccellenza mondiale. È per questo che oltre il 60% degli artigiani, alla domanda su dove sia necessario investire per affrontare appieno le sfide della trasformazione in corso, risponde che bisogna dare risorse alla formazione interna e giovanile. Solo il 20% indica la seconda soluzione proposta (aggiornamenti software, ecc.).
Oltre l’11% degli artigiani ha meno di 35 anni. Sono imprenditori impegnati nei settori più innovativi che hanno determinato la crescita del settore servizi. Hanno titoli di studio superiori alla media (laurea o diploma per circa il 70%, contro il 58% dei più anziani) ed esprimono una domanda di lavoro rivolta a lavoratori con una formazione più elevata.
Le innovazioni introdotte dal sistema duale sono apprezzate dalla stragrande maggioranza delle imprese. Oltre il 40% ha inserito giovani o con percorsi scuola-lavoro o con tirocini formativi. Critica generalizzata è il peso degli oneri burocratici. Ma questo si somma alla domanda generalizzata di semplificazione del rapporto con la Pa, visto che anche in Lombardia oltre 240 ore sono destinate a rispettare le 210 scadenze fiscali delle imprese.
Esce complessivamente un quadro delle micro e piccole imprese e un artigianato che si pone seriamente sulla frontiera indicata da industria 4.0. Innova, cresce, chiede semplificazione per poter correre di più e prestare più attenzione alla formazione di nuovi lavoratori artigiani. È anche impegnato a introdurre sistemi di welfare aziendale sapendo che se nasce una nuova rete di servizi fra Pmi, questa è una nuova rete a disposizione del territorio. La responsabilità sociale delle imprese artigiane è nota e può riaffermarsi con il rinnovamento in corso.
P.S.: Alcuni lettori mi hanno fatto notare che il mio ultimo articolo poteva indurre a pensare che la frequenza universitaria non servisse a migliorare la condizione di forza del capitale umano sul mercato del lavoro. L’aspetto, puramente statistico, per cui a 3 anni dal diploma la percentuale di occupati è dell’1% superiore a quello dei laureati è dovuto alla composizione delle popolazioni e al fatto che molti corsi universitari (vedi gli ordinisti) richiedono poi anni prima di figurare occupati. Il tasso di occupazione complessivo dei laureati, sulla popolazione lavorativa nel complesso, supera il 90%. Quindi conferma un fatto, dobbiamo lavorare di più, ma soprattutto studiare di più e arrivare alla laurea.