È di soli pochi giorni fa la presentazione da parte di Eurofound di un interessante rapporto di ricerca nel quale si esaminano le tendenze relative alla qualità del lavoro in tutta l’Europa nei quindici anni che vanno dal 1995 al 2010. Per lo stesso oggetto dell’indagine, ovviamente, non vi sono inseriti gli ultimi difficili anni di crisi economica, ma, tuttavia, è da ritenersi che i risultati dello studio possano essere oggi comunque utili per un Paese come l’Italia che sta realizzando una, per molti aspetti, storica riforma del mercato del lavoro.
L’analisi, in una prospettiva comparata, delle convergenze e di divergenze tra i diversi sistemi Paese, in termini di qualità del lavoro è, infatti, un importante esercizio non solo teorico. Uno studio di questo tipo può, difatti, fornire informazioni chiave sulle tendenze nella qualità del lavoro in tutta Europa, indicando se, e quali, cambiamenti nella qualità del lavoro si sono realizzati per alcuni gruppi più che per altri, ed evidenziando i fattori più significativi che hanno determinato questi cambiamenti, nonché aiutarci a capire se, e come, gli obiettivi politici europei in quest’ambito sono stati raggiunti.
Tutto ciò premesso è importante sottolineare ora alcuni dei principali risultati dello studio realizzato da Eurofound. Il rapporto evidenzia, ad esempio, come, in questi anni, per i lavoratori d’ufficio poco qualificati, la domanda di conoscenze sia diminuita a un ritmo più veloce, e la relativa offerta formativa aumentata a un tasso più lento, rispetto ad altri gruppi professionali. Ciò ha, così, portato, per questo specifico, ma fondamentale, aspetto della qualità del lavoro all’allineamento di questi lavoratori con gli operai non qualificati.
I ricercatori mettono, inoltre, in risalto che fattori come il Prodotto interno lordo e la disoccupazione hanno avuto poco effetto sull’allineamento degli standard della qualità del lavoro. I carichi di lavoro sono stati, infatti, l’unico aspetto della qualità del lavoro che ha risentito in maniera significativa dei fattori macroeconomici. In particolare, i carichi di lavoro hanno registrato aumenti significativamente più veloci nei paesi con più elevati tassi di disoccupazione.
Lo studio conclude, quindi, che è ancora necessario un significativo sforzo politico per migliorare la qualità del lavoro, in quanto il suo miglioramento non sembra essere, infatti, una conseguenza automatica dello sviluppo economico o tecnologico. Insomma, l’Europa ci ricorda come, oltre alla quantità, si debba, sempre più, pensare anche alla qualità del lavoro, e quindi di vita, dei lavoratori del terzo millennio e che in questa direzione ci sia ancora molto da fare. Anche questo, forse soprattutto, significa provare a #cambiareverso al Paese.