Tutto appare sospeso, in attesa del pronunciamento di mercoledì sera della Giunta per le elezioni del Senato sulla decadenza di Berlusconi. Il dibattito sulla riforma delle pensioni targata Fornero sembra appartenere attualmente a un limbo dal quale, a seconda dell’esito della votazione, potrebbe non emergere più. Eppure, le urgenze restano, così come la necessità di ripensare il meccanismo di età pensionabile, in modo da renderlo socialmente più sostenibile. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Gianfranco Amato, presidente del Centro Studi Pietro Desiderato.
Crede che la riforma delle pensioni possa essere ulteriormente ritoccata?
La riforma Fornero è valutabile, complessivamente, in maniera positiva. Soprattutto in termini di sostenibilità. A regime, infatti, determinerà un risparmio di svariate decine di miliardi di euro. Tuttavia, calata sulle singole persone, ha prodotto non pochi problemi sui quali occorre necessariamente intervenire.
Quali?
Anzitutto, come è ormai noto, ha dato luogo gli esodati; migliaia di persone, da un giorno all’altro, si sono trovate senza reddito da pensione o da lavoro. In base a degli accordi di uscita anticipata con le aziende per le quali lavoravano, avrebbero dovuto accedere al trattamento previdenziale nell’arco di pochi mesi o pochi anni. Tuttavia, per effetto della riforma che ha spostato radicalmente in avanti l’età pensionabile, hanno subito un cambiamento delle regole a partita iniziata. Le loro prospettive di vita sono state sbalzate in avanti di anni. È anzitutto necessario procedere con le tutele per quanti ancora si trovano o sono in procinto di trovarsi in questa condizione.
Più in generale, non crede che il brusco innalzamento dell’età pensionabile possa essere ammorbidito?
È auspicabile, da questo punto di vista, una riforma della riforma, volta all’introduzione di un meccanismo di flessibilità che consenta di anticipare la pensione prevedendo, magari, una piccola penalizzazione sull’importo dell’assegno in base al numero di anni di anticipo. Astrattamente, si può lecitamente ritenere che, laddove una riforma del genere non sia a costo zero, le risorse possano essere individuate proprio nel suddetto risparmio prodotto dalla legge Fornero.
Il governo dovrebbe intervenire in via prioritaria su altre questioni?
Indubbiamente, dovrà rifinanziare la Cassa integrazione in deroga. Dal punto di vista della sostenibilità sociali, questa e la vicenda degli esodati sono le priorità.
Crede che basteranno i pochi soldi a disposizione?
È compito del governo capire dove attingere per rispondere alle emergenze. Quel che è certo è che chi resta senza reddito rappresenta sempre e comunque un costo per lo Stato, il quale dovrà, in un modo o nell’altro, farsene carico. Anzi, ritardare le soluzioni, o proporne alcune che non siano definitive rischia di determinare addirittura costi molto più elevati.
Come giudica il tentativo di tagliare le pensioni d’oro?
È corretto ipotizzare un contributo da parte di chi riceve pensioni superiori a un certo livello – parliamo di decine di migliaia di euro. Così come esistono i contratti di solidarietà all’interno delle singole categorie lavorative, si può procedere analogamente tra i pensionati. Equiparandoli quindi, anch’essi, a una categoria, come se fossero metalmeccanici o bancari.
Cosa succede se cade il governo?
Tutte le riforme urgenti di cui ho parlato sarebbero congelate. E, cosa ancora più grave, si bloccherebbero alcune misure già varate. Mi riferisco, in particolare, ai provvedimenti di salvaguardia degli esodati. Il caos politico o l’instabilità farebbe passare decisamente in secondo piano l’emanazione dei decreti attuativi necessari perché le tutele possano concretamente operare.
(Paolo Nessi)