L’agenzia per i rifugiati dell’ONU prevede che, nel 2015, circa 400mila persone in fuga attraverso il Mediterraneo faranno richiesta d’asilo in Europa. Nel 2016 si potrebbe, addirittura, arrivare a 450mila nuove richieste o anche di più.
In questo quadro la cancelliera Merkel ha impegnato la Germania, un paese sicuramente forte ed economicamente sano, a fare tutto quanto è necessario per assicurare che ogni richiedente asilo abbia un adeguato supporto in questo percorso. Il leader tedesco prevede, addirittura, che tale azione umanitaria possa interessare almeno mezzo milione di persone all’anno per gli anni a venire.
La fuga dalla guerra è tuttavia solo il fenomeno più evidente e plastico di una crisi globale che è ancora in corso e che meriterebbe una risposta dello stesso livello. La crescita, a livello mondiale, è stata, infatti, modesta e irregolare anche quest’anno. La disoccupazione globale continua, altresì, ad aumentare, mentre i tassi di crescita di partecipazione alla forza lavoro globale e produttività rimangono relativamente bassi.
Gli sforzi, a partire quindi dai paesi più ricchi, per creare posti di lavoro più numerosi e migliori per tutti, compresi i più vulnerabili nelle nostre società, sono sempre più essenziali per raggiungere una crescita forte, sostenibile ed equilibrata per tutti.
Anche di questo si è parlato al G20 del lavoro tenutosi ad Ankara, in Turchia, nei primi giorni di settembre. In questa sede, Marianne Thyssen, il commissario europeo per l’Occupazione, ha, tuttavia, focalizzato i suoi sforzi a favore dell’accordo per combattere la disoccupazione dei giovani, il target più a rischio di esclusione permanente, o prolungata, dal mercato del lavoro. I ministri delle prime 20 potenze economiche del pianeta hanno, infatti, deciso di impegnarsi a ridurre la quota di giovani senza lavoro del 15% entro il 2025. L’occupazione giovanile resterà, quindi, la priorità numero uno per l’Unione Europea anche ben oltre la fine della sperimentazione della Garanzia Giovani e del 2020.
In questa direzione continueranno così le iniziative dell’Unione per contrastare la disoccupazione giovanile con un’attenzione dedicata a facilitare le transizioni tra scuola e lavoro e migliorare la formazione e le competenze professionali giovanili, in particolare i Neet.
Uno sforzo che sembra essere condiviso anche oltre i sempre più fragili confini della vecchia Europa e far breccia anche nelle menti e nei cuori dei politici di quei paesi che una volta avremmo chiamato in via di sviluppo, e che oggi si accingono, si pensi ai cosiddetti Bric, a diventare protagonisti dell’economia dei prossimi decenni.
È tuttavia facilmente prevedibile che questi venti paesi si dovranno fare presto carico anche delle ansie e delle preoccupazioni dei giovani che vivono nei paesi più poveri e sfortunati di questo nostro mondo globale sempre più piccolo, e che stanno, ahimè drammaticamente, bussando in questi giorni con sempre più forza alle nostre porte.