Ci sono giorni in cui sembra che il destino, il fato o chiamatelo come volete, si materializzi in qualche forma concreta, scenda sulla terra e si diverta a determinare gli accadimenti di uno specifico momento. Alzi la mano chi non ha pensato qualcosa di simile quando ieri sera, allo stadio Olimpico, la Roma ha battuto il Genoa prendendosi la terza vittoria consecutiva e scavalcando il Catania in classifica. E’ successo tutto: Francesco Totti ha aperto le danze con un calcio di rigore che lo porta a quota 225 gol in serie A, ovvero al secondo posto tra i migliori marcatori del nostro campionato in coabitazione con una leggenda come Gunnar Nordahl. Sarebbe bastato già questo a rendere indimenticabile la serata, e invece no: invece, bisognava attendere ancora qualche minuto perchè la partita della 27esima giornata assumesse contorni tutti particolari. Dopo il pareggio di Marco Borriello (guarda un po’, l’ex mai amato e sempre rifiutato) a segnare il gol del nuovo vantaggio giallorosso ha pensato Alessio Romagnoli, classe 1995, alla sua prima da titolare. Il più giovane e il più vecchio, la storia della Roma e il possibile futuro. Una favola incredibile. A coronamento del tutto, ecco il terzo gol di Simone Perrotta, appena messo in campo da Andreazzoli, eterno giocatore che sembra sempre fuori dal progetto e poi ci rientra di forza; e la prova maiuscola di Maarten Stekelenburg, che si erge a migliore in campo risorgendo dalle panchine “punitive” o non si sa bene cosa di Zeman. Ecco la nuova Roma: naturalmente il destino è rimasto lassù, intoccabile e incomprensibile all’uomo. Però, nella terza vittoria consecutiva dei giallorossi c’è tutta la forza di un allenatore come Aurelio Andreazzoli, che senza inventarsi nulla che finirà nei manuali del calcio ha rivoluzionato innanzitutto nella testa una squadra che ha potenzialità da terzo posto ma evidentemente non era in grado di esprimerle. Lungi da noi l’idea di dare tutte le colpe alla gestione del boemo, ma è sotto gli occhi di tutti che questa Roma sia decisamente più competitiva. Basta osservare un fatto semplice e lineare: questa squadra raramente si concede il lusso di dare spettacolo e specchiarsi nelle sue straripanti giocate offensive; intanto però non imbarca acqua (pur se continua ad avere problemi difensivi) e soprattutto ha una tremenda forza di reazione. A Bergamo è andata sotto, ha recuperato e ribaltato, è stata rimontata ed è riuscita a vincere; ieri sera ha giocato male, è stata messa sotto da un ottimo Genoa eppure alla fine si è presa i tre punti. Quello che Andreazzoli ha portato in più è un pragmatismo tattico che gli consente di non andare in crisi di identità se mancano dei giocatori, e una flessibilità che apre a diverse soluzioni andando contro la sua idea originaria. Eravamo tutti convinti che l’ex tattico di Luciano Spalletti si sarebbe presentato con il 4-2-3-1 che aveva incantato l’Europa;
Lui invece ha capito di non avere gli uomini adatti e che così facendo avrebbe snaturato il ruolo di Osvaldo (a proposito: l’italo-argentino non segna più, ma fa tanto movimento e lotta per la squadra), e così ha aperto alla difesa a 3, concedendo a De Rossi di comportarsi allo stesso tempo da regista e da interno, riconsegnandolo al ruolo nel quale gioca meglio, cioè in una mediana a quattro o comunque con un uomo al suo fianco che gli dà una mano nell’impostazione (ieri sera Pjanic, del quale va valutato l’infortunio che però sembra serio); ha creato Piris come difensore centrale nella linea a 3, “impedendogli” di farsi cogliere fuori posizione nelle ripartenze avversarie e mettendogli al fianco un mastino come Burdisso; ha capito che la prima cosa da fare era rimettere in porta Stekelenburg, perchè Goicoechea avrà forse il suo momento ma in questo momento tra lui e l’olandese c’è un abisso. Se il quadro è questo, ben vengano anche gli episodi “fortunati”: senza il forfait di Marquinhos Romagnoli non avrebbe giocato, e non ci saremmo gustati il suo primo gol in serie A. Ma il detto dice che la fortuna aiuta gli audaci, e allora bravo Andreazzoli: siamo proprio sicuri che l’anno prossimo non sarà più lui l’allenatore della Roma?
(Claudio Franceschini)