Antonio Conte si racconta. Non sono passati che pochi giorni dalla vittoria dello scudetto con la Juventus – il suo primo da allenatore – e il salentino concede una lunga intervista a Sette, in uscita il prossimo 10 maggio. Nel corso della chiacchierata, Conte ha toccato molti argomenti, tra i quali ovviamente il caso Del Piero (domanda ormai inevitabile), sul quale ha detto: “Per me Alessandro è un campione, che mi ha dato tanto sia fuori che dentro il campo. Anche quest’anno si è comportato bene, e sta ricevendo grandi soddisfazioni”. E sulle continue esclusioni, sulla scelta costante di non utilizzarlo praticamente mai: “Non ho mai fatto una scelta per motivi di età: io valuto quello che vedo durante la settimana, quello che penso il giocatore possa darmi, e faccio le mie scelte unicamente per vincere”. Conte è poi tornato sulle polemiche legate al calcioscommesse (per lui si parla di una possibile squalifica di un anno), e ha decisamente scartato tutte le accuse: “Io non devo difendermi: sono innocente, ed è giusto che chi deve fare le indagini le faccia”. E ci ha tenuto a dare risalto al lavoro suo e della squadra, culminato in due promozioni dalla serie B (con campionati dominati) e con lo scudetto: “Sono cattiverie gratuite queste, io dai miei giocatori chiedo sempre il massimo. Se fosse un gioco combinato, questo non sarebbe possibile. A Siena abbiamo fatto un anno straordinario, culminato con la promozione ottenuta con cinque giornate di anticipo. Non ci potrà mai essere nulla ad inficiare il bellissimo rapporto che ho con i tifosi e con la città di Siena”. Le accuse, Conte, le aveva ricevute anche anni fa, quando sulla Juventus era piombato il sospetto del doping, e su di lui erano addirittura circolate voci (al momento aveva appena smesso di giocare) secondo le quali sarebbe stato morto o costretto sulla sedia a rotelle: “Non erano accuse rivolte a me, ma come al solito alla squadra. Dissero tante cose su Vialli, su Torricelli… cattiverie. Io sono stato capitano della Juventus. L’anno in cui ho smesso di giocare è stato il più brutto della mia vita”. La parte più bella, comunque, è quella che riguarda i suoi trascorsi da ragazzo. Conte identifica in Trapattoni una delle persone più importanti nella sua crescita come calciatore e persona…
… (“Ogni volta che finiva l’allenamento mi faceva fermare per migliorare la tecnica. Ha saputo davvero capire le mie difficoltà, è stato un padre”. E sentite un po’ cosa dice della sua carriera di allenatore: “Quando giocavo, non ho mai pensato che sarei diventato un grandissimo; invece, ho sempre saputo che sarei diventato un grande tecnico. Fin da quando giocavo a Lecce in Primavera, e allenavo la squadra di mio fratello. La mia è stata una vocazione, sono sempre stato portato a dare un indirizzo, un metodo, a indicare una squadra e prendere le decisioni”. Avete capito? A giudicare dai risultati, parrebbe proprio che avesse ragione. Il difficile, però, viene adesso: confermarsi al vertice è sempre la cosa più complicata.