APE SOCIAL, INPS AVVIA RIESAME DOMANDE
Come ha fatto sapere Gabriella Di Michele in audizione alla commissione Lavoro della Camera, l’Inps ha respinto più di 44.000 domande per l’accesso all’Ape social. Il ministero del Lavoro in una nota ha spiegato che questo dato è riferito “all’esame effettuato dall’Istituto prima delle nuove indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro in risposta alla richiesta di chiarimenti avanzata dall’Inps”. Il quale ora dovrà riesaminare le domande respinte. Repubblica ricorda che sicuramente saranno “recuperati i 2.300 disoccupati che hanno lavorato meno di sei mesi dopo la fine della Naspi. Gli altri non si sa”. È quindi probabile che ci saranno meno domande accolte rispetto ai posti disponibili e quindi un residuo di risorse che si spera possano essere utilizzate sempre ai fini previdenziali, magari finanziando un ampliamento della platea dell’Ape social.
VERSO PROROGA DELL’APE
Doveva partire a maggio, presentata come la misura più importante di riforma delle pensioni della scorsa Legge di bilancio, tuttavia l’Anticipo pensionistico volontario potrà essere utilizzato probabilmente solo dall’anno prossimo, considerando che il decreto attuativo è stato appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e mancano ancora gli accordi quadro con Abi e Ania, oltre che le disposizioni Inps. Forse anche per via di questo ritardo, il Governo è pronto, con la nuova Legge di bilancio, a prorogare l’Ape volontario di un anno. Lo hanno riferito sia il Tg1 che Adnkronos. Non si sa se la stessa sorta toccherà all’Ape social, su cui l’esecutivo è comunque intenzionato a intervenire per ampliare la platea dei beneficiari. Al momento la scadenza di questa misura sperimentale resta quella del 31 dicembre 2018.
APE SOCIAL, IL NUMERO DELLE DOMANDE RESPINTE
Durante l’audizione alla commissione Lavoro della Camera, Gabriella Di Michele ha fornito i dati sulle domande accolte e respinte in relazione all’Ape social. Il sito de Il Sole 24 Ore ha riportato quelli più significativi e scopriamo così che delle 39.721 domande presentate per l’Ape social (esclusa quella per i lavoratori precoci), ne sono state accolte solo 13.601, mentre quelle respinte sono state 25.895. Ci sono poi 425 domande che sono ancora in istruttoria. Per quanto riguarda l’Anticipo pensionistico per i precoci, le domande presentate sono state 26.251, quella accolte 7.356 e quelle respinte 18.411, con ancora 484 domande in istruttoria. Complessivamente, quindi, sono ben più della metà le domande respinte e nel caso dei lavoratori precoci si supera il 70% dei casi di respingimento. Il Direttore generale dell’Inpa ha anche spiegato che, sebbene alcune domande debbano essere riconsiderate dopo i chiarimenti forniti dal ministero del Lavoro nei giorni scorsi circa gli indirizzi interpretativi da adottare, è difficile pensare che possa essere raggiunto il numero di domande accolte ipotizzato (60.000) alla fine dello scorso anno.
DAMIANO REPLICA A BOERI
Come prevedibile, le dichiarazioni di Tito Boeri non passano inosservate, ma anzi causano delle razioni. Come quella di Cesare Damiano, che segnala come il suggerimento del Presidente dell’Inps di documentarsi bene sulle cifre debba valere anche per il suo Istituto. L’ex ministro ha quindi fatto l’esempio degli esodati, che nel decreto Salva-Italia erano stimati essere 50.000. Tuttavia, “il 29 giugno 2012 alla Camera, la Fornero fornisce una tabella che stima la platea degli esodati in 389.200. In realtà mcon le 8 salvaguardie, la cifra a consuntivo risulterà successivamente pari a circa 172.000 unità”. Quindi Damiano fa riferimento all’Istituto guidato da Boeri: “Nell’ultima salvaguardia, l’ottava, la stima dell’Inps e della Ragioneria è di 30.700 esodati con relative coperture. A consuntivo si arriva appena alla metà, circa 15.000. Il Decreto legge del Governo del 16 ottobre 2017, all’articolo 8 (Monitoraggio delle misure di salvaguardia…), ridetermina il numero massimo degli esodati a 153.389 soggetti, numero sempre fornito dall’Inps”. Dunque per l’ex ministro è facile affermare: “In questo caso suggeriremmo, a quelli che ‘fanno’ le cifre, di documentarsi meglio, anche perché altrimenti, come dimostrano i fatti, l’altalena dei numeri impedisce al Parlamento di svolgere correttamente il proprio lavoro”.
I DATI SULL’ETÀ DI PENSIONAMENTO IN ITALIA
Si paventa un aumento dell’età pensionabile a 67 anni dal 2019. Tuttavia per Michaela Camilleri non è vero che in Italia si va in pensione più tardi che altrove. Business Insider riporta le sue elaborazioni compiute per l’attività di ricerca dell’area previdenza e finanza del centro studi di Itinerari previdenziali, dalle quali emerge che se il requisito anagrafico in Italia sarà il più alto d’Europa, per quel che riguarda l’età effettiva di pensionamento le cose vanno diversamente. Nel 2014, infatti, tale dato medio ammontava a 63,2 anni. Inoltre, Camilleri invita a non dimenticare che esiste la possibilità di anticipare l’età legale di pensionamento con varie forme di flessibilità. E dal suo punto di vista, quindi, “la recente proposta di bloccare l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita muove allora da un luogo comune che risulta però smentito dai dati”.
LE PROMESSE TRADITE DAL GOVERNO
Ivan Pedretti va all’attacco del Governo, reo di essersi “rimangiato tutti gli impegni presi con i sindacati e con il Paese” in tema di riforma delle pensioni. Il Segretario generale dello Spi-Cgil, in un intervento sull’Huffington Post, cita in particolare cinque promesse disattese, che erano contenute nel verbale sottoscritto un anno fa. La prima promessa riguarda l’intervento per garantire una pensione dignitosa ai giovani. Nonostante le proposte presentate, segnala Pedretti, si è deciso di non fare nulla. La seconda promessa riguarda l’aspettativa di vita, che si sarebbe dovuta differenziare a seconda dell’attività, “ma evidentemente per il governo che si fatichi su un’impalcatura o dietro una scrivania non fa alcuna differenza”. Sulla terza promessa, riguardante il riconoscimento ai fini previdenziali del lavoro di cura delle donne, il sindacalista ammette che qualcosa si è fatto, ma si tratta di “un misero sconto per alcune donne (si stima siano poche migliaia) con le precise e stringenti caratteristiche dell’Ape sociale”.
La quarta promessa ha a che fare con la flessibilità in uscita, di modo da aiutare anche l’occupazione giovanile. Tuttavia su questo fronte non ci sono stati passi avanti. Infine, la promessa di incentivare la previdenza complementare, anch’essa rimasta solo sulla carta del verbale di un anno fa. “Il governo ha scelto quindi di disattendere gli impegni che si era preso e che aveva messo per iscritto. Alla vigilia delle elezioni non esattamente un bel messaggio”, aggiunge Pedretti, che annuncia anche che in Parlamento si cercherà di modificare i contenuti della Legge di bilancio.
RIFORMA PENSIONI: APE VOLONTARIO, PUBBLICATO IL DECRETO
Nuovo passo in avanti nell’effettiva realizzazione dell’Ape volontario, novità della riforma delle pensioni introdotta lo scorso anno, ma ancora non utilizzabile dagli italiani. Il decreto sull’Anticipo pensionistico, nella sua forma che passa attraverso un prestito bancario, è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, ma, come sottolinea Il Sole 24 Ore, mancano ancora gli accordi quadro tra i ministeri dell’Economia e del Lavoro e Abi e Ania, fondamentali per capire quale sarà la rata ventennale che i pensionandi dovranno restituire una volta in quiescenza. Inoltre, ci vorrà anche una circolare dell’Inps per dare il via libera alla presentazione delle domande. Tenendo conto poi che l’Istituto nazionale di previdenza sociale avrà 60 giorni per certificare il diritto di accesso alla misura, è facile prevedere che i primi assegni dell’Ape non si vedranno se non nel nuovo anno.
NEL 2018 RIVALUTAZIONE VERSO L’1,2%
Sembra che diversi pensionati dal 2018 potranno far conto su un assegno più corposo, grazie alla perequazione automatica che dovrebbe portare a un aumento dell’importo pari all’1,2%, tranne che per chi ha pensioni sopra i 3.000 euro lordi mensili: in questo caso, infatti, l’aumento sarà inferiore in quanto la parte di trattamento che supera i 3.012 euro non sarà rivalutata. Italia Oggi ricorda che in ogni caso solo a fine dicembre si saprà qual è il dato sull’inflazione 2017. Non bisogna dimenticare però che occorre ancora recuperare quello 0,1% di differenza tra rivalutazione stimata ed effettiva risalente al 2014. Nel frattempo l’Inps ha fatto sapere che il tasso medio di rivalutazione per il 2017, che verrà applicato ai montanti contributivi maturati al 31 dicembre 2015, è pari allo 0,4684%. Il dato è di interesse per il calcolo della pensione con il sistema contributivo.