Dopo quasi 30 anni di Milan Adriano Galliani annuncia l’addio, non senza polemiche e veleni. Era il 1986 quando Galliani assunse la carica di amministratore delegato del Diavolo e da quel momento il Milan ha inanellato vittorie su vittorie, fino a diventare la squadra più titolata al mondo. In questo lungo e vittorioso percorso, l’amministratore delegato ha meriti indubbi, ma anche colpe per una gestione non certo illuminata nell’ultimo lustro. Il presidente Silvio Berlusconi ha iniziato, non da oggi, una campagna di ridimensionamento che ha ridotto il budget a disposizione per il calciomercato. Lo strappo non si è ricucito. La società sembra allo sbando e i tifosi rossoneri, oltre ad essere preoccupati per una posizione in campionato pessima, si chiedono quale sarà il futuro di società e squadra. Allenatore, dirigenza e giocatori: gli orizzonti del Milan sono incerti su tutto il fronte. Per cercare di dare una lettura alla separazione e provare a disegnare le prospettive del Diavolo, ilsussidiario.net ha intervistato in esclusiva il giornalista Aldo Biscardi.
Galliani si dimette. Decisione annunciata? Non è nient’altro che una conferma di quell’appunto che mi diede Berlusconi l’anno scorso, prima che finisse il campionato, e che io riportai in diretta a 7Gold. Il presidente non era per nulla contento di quello che stava succedendo al Milan perché c’era grande confusione. Mi disse che ci avrebbe messo le mani e che avrebbe sistemato tutto.
Il Milan allora smentì…Esatto, smentirono tutto e pure Galliani negò la situazione. Ma insomma, è una vecchia storia, si sapeva già.
Cos’è andato storto nel rapporto Berlusconi-Barbara-Galliani? Barbara si accorse subito che c’era Galliani che comandava tutto. Berlusconi chiese di rispettare l’incarico dato alla figlia, ma lui non lo fece. Era inevitabile che si sarebbe arrivati a questo punto. Mi ricordo un aspetto in particolare.
Quale? Mi ricordo che quella polemica finì sui giornali e durò oltre un mese. Tutti lo sapevano: nonostante le smentite già si immaginava che ci sarebbe stato lo strappo. E i fatti di questi ultimi tempi hanno confermato che era davvero così.
Galliani avrebbe dunque messo Barbara “in trappola”… Berlusconi l’ha insediata in società per avere il suo spazio, ma ha trovato uno che comandava. Con Galliani “al potere” il ruolo di Barbara sarebbe stato nullo, inglobato: cosa serviva allora? Ripeto, Galliani l’ha tagliata fuori perché voleva avere carta bianca. L’ha trattata come una ragazzina…
Quanto perde il Milan con la partenza del suo ad? Secondo me non troppo. Il padrone è sempre Berlusconi e adesso ci sarà la figlia al suo posto, che era stata infatti scelta per avere un ruolo importante.
Qual è stato secondo lei l’errore di Galliani?
Voleva prendere il posto del Presidente. A Galliani non è andata giù la decisione di Berlusconi di mettere la figlia nella dirigenza in un ruolo di primo piano. Ripeto, non ha preso nella giusta considerazione Barbara entrando così in rottura con Berlusconi. Poi avrebbe dovuto cercare un legame con Barbara e farle da mentore, da guida. Invece no. Voleva che fosse una sua sottoposta…
Inizia una nuova era? Certo, ora nasce il Milan di Barbara. Staremo a vedere se farà bene.
Barbara è pronta per un incarico di tale portata? Con il sostegno del padre, penso di sì. Quello che è certo è che Galliani non c’è più e negli ultimi tempi non è che abbia fatto miracoli, anzi…
La rifondazione è dunque iniziata… Esatto. Il Milan cambierà molto e Barbara vuole ricostruire: comprerà nuovi giocatori. Ribadisco: inizia una nuova epoca.
I tifosi però sono preoccupati: temono di incappare in anni bui. Il Milan può solo migliorare. Berlusconi ci mette i soldi e una nuova guida: mi sembra un’ottima garanzia.
Allegri, uomo di Galliani, è sempre stato difeso dall’ad, mentre non ha mai convinto Berlusconi. La panchina traballa sempre di più? Bisogna vedere cosa ne pensa Barbara. Chiaro, la squadra ha faticato in Champions e in Campionato arranca, ma secondo me è una situazione che esula da Galliani: se una squadra va male, come il Milan di questi mesi, è normale che la panchina sia a rischio.
(Fabio Franchini)