Novità importante sul fronte delle pensioni. A quanto apprende AdnKronos, nella bozza di Legge di stabilità sarebbe contenuta una forma di “flessibilità di part-time”. Si tratterebbe di una misura che riguarderà coloro che matureranno i requisiti per l’accesso alla pensione dal 2016 a fine 2018. La legge dovrebbe rendere possibile un accordo individuale con il datore di lavoro per un part-time con il versamento in busta paga dei contributi netti che sarebbero stati versati all’Inps. Al lavoratore spetterebbero contributivi figurativi in modo da non vedere intaccata la sua pensione. Il Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha espresso un parere molto chiaro sulla riforma delle pensioni che sarebbe per lui ottimale: “Tutto quello che va nella direzione di una maggiore flessibilità per noi è positivo”. Il leader degli industriali ha anche spiegato che non sapendo quali sono le decisioni finali che verranno prese dal Governo è impossibile avere un’idea precisa. Sembra ormai però certo che di flessibilità nella Legge di stabilità non ci sarà traccia.
Come noto, nella Legge di stabilità non ci sarà la flessibilità pensionistica, ma Gigi Petteni, Segretario confederale nazionale della Cisl, chiede al Governo che insieme agli incentivi per le assunzioni venga introdotta la staffetta generazionale, in modo che chi è vicino alla pensione possa lasciare gradualmente il suo posto di lavoro a un giovane. Uno strumento certamente diverso dalla flessibilità, ma che potrebbe cominciare a dare delle risposte.
La Cisl non perde le speranze e auspica che nella Legge di stabilità ci sia una soluzione che porti alla flessibilità pensionistica. Per Maurizio Petriccioli, Segretario confederale, sarebbe una misura “nell’interesse del mondo del lavoro, delle imprese e del Paese”, anche perché dal 1° gennaio scatterà un aumento di 4 mesi per quanto riguarda i requisiti pensionistici. Per Petriccioli, la flessibilità dovrebbe in ogni caso non “ridurre l’adeguatezza dei trattamenti pensionistici”.
Nonostante il segretario del suo partito (nonché Premier) abbia rinviato l’intervento sulla flessibilità al 2016, il piddino Cesare Damiano sembra non voler mollare il colpo. Lo riporta La Stampa, secondo cui il presidente della commissione Lavoro della Camera insiste nel chiedere un confronto Governo-Parlamento a partire dalla proposta da lui elaborata con il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta. Facendo andare in pensione gli italiani a partire dai 62 anni (con 35 di contributi) e con una penalizzazione del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età “standard” di 66 anni, per l’ex ministro alla fine si produrrebbero dei risparmi per le casse pubbliche.
Roberto Simonetti non ci sta a veder tramontare l’ipotesi di introdurre la flessibilità pensionistica e chiede quindi a Cesare Damiano e agli altri membri (come lui) della commissione Lavoro della Camera di predisporre un “collegato alla finanziaria” da portare poi in aula. Il deputato della Lega Nord ricorda infatti che al Parlamento spetta il potere legislativo, e dunque ciò che propone è più che legittimo. Simonetti ricorda anche che dall’esecutivo non è arrivata la relazione tecnica sulla settima salvaguardia degli esodati richiesta dalla stessa commissione: per il parlamentare non è certo un buon segno.
Oltre alle proteste per aver “tolto” la flessibilità dalla Legge di stabilità, sul Governo potrebbe arrivare una nuova “tegola” in tema di pensioni. Va detto che se mai arriverà, ciò non avverrà in tempi brevi. Resta il fatto che il Codacons ha presentato diversi ricorsi collettivi in rappresentanza di diversi pensionati che hanno deciso di contestare il rimborso ricevuto dal Governo Renzi per la mancata indicizzazione delle pensioni, dichiarata incostituzionale dalla Consulta. Si hanno notizie di depositi di ricorsi al Tar del Lazo per pensionati residenti in Val d’Aosta, Veneto e Calabria. E non da escludere che vi siano ricorrenti provenienti da altre regioni. I numeri non sono irrilevanti se si pensa che per quanto concerne il Veneto i pensionati in questione sono 765.
Come si diceva, quindi, il Governo potrebbe ritrovarsi, più poi che prima, visti i tempi della giustizia, a dover stanziare nuove risorse per rimborsare i pensionati qualora i ricorsi vengano accolti (come tra l’altro è già accaduto in alcuni casi, numericamente non rilevanti). Intanto i sindacati promettono “battaglia” sulla settima salvaguardia degli esodati, che dovrebbe (il condizionale è d’obbligo a questo punto) essere contenuta nella Legge di stabilità. Il timore è che possa non corrispondere a una deroga piena della legge Fornero.