Una nuova sconfitta per Stramaccioni. L’Inter affonda e il tecnico romano, per quanto testardo sia, deve sperare che anche Massimo Moratti lo sia altrettanto da riconfermarlo sulla panchina nonostante le pessime statistiche. Sulla panchina dell’Inter, infatti, Stramaccioni ha ottenuto ventinove vittorie, dieci pareggi e diciassette sconfitte. Una percentuale di vittorie che rasenta il 50%, e certo non può portare lontano chi vuole arrivare a vincere – se non tutto – almeno qualcosa. Certo, il progetto giovani; certo, il contenimento dei costi. Ma il mondo va avanti e il tecnico romano sembra non riuscire a tenere il passo, forse carico di troppe zavorre, o forse semplicemente inadatto al compito affidato. Ieri Stramaccioni parlava dell’ostinazione e la determinazione di un terzo posto ancora possibile, ora i nerazzurri sono al settimo posto. E se gli juventini (ora al probabile secondo scudetto consecutivo) possono ricordare quasi con piacere i due settimi posti consecutivi prima della ricostruzione (e che questa ricostruzione l’hanno permessa), decisamente per gli interisti è più dura. Otto punti dal Milan terzo in classifica, e con quattro squadre davanti per un posto in Champions League adesso decisamente il morale rischia di andare a finire sotto i tacchi. Il presidente lo ha detto più volte, che la scossa non ci sarà quest’anno attraverso il cambio di allenatore, ma certo è che – deferito per le frasi sulla buona fede della classe arbitrale – non ha gradito questo nuovo stop. Ok, gli infortuni stanno flagellando i nerazzurri, ma il Milan arrivò secondo di una incollatura e per un gol fantasma (o quasi) in una stagione in cui la media degli infortunati a partita era di 8/9 elementi. Il solo capitolo rigori (mix letale di episodi contro e a favore non sanzionati) sta diventando una foglia di fico imbarazzante e da via Durini tutto tace. In ogni caso, è evidente come il giovane tecnico romano vanti un credito cospicuo nei confronti dell’azienda, non certo ripagato dallo stipendio non certo (e giustamente) in linea con quello dei colleghi. Anzitutto il fatto di essere stato il parafulmine del caso Sneijder (tutti sanno che se davvero ci fosse una sua scelta dietro alla cessione dell’olandese ci troveremmo di fronte a un totale incompetente dal punto di vista tecnico) e che la sua malleabilità e il suo aziendalismo, fino a che la situazione di ridimensionamento lo richiederà e i senatori argentini rimarranno al loro posto, lo rende il candidato ideale per un lungo traghettamento. Magari di due anni. Magari salvando la faccia (se non la stagione) vincendo la Coppa Italia. O magari preparando il posto a una bandiera dell’Inter pronta a ritornare e a vincere dal 2015. Dopo aver ricostruito lo zoccolo duro della squadra. Ma, si spera, evitando due settimi posti di fila…