«Ritengo che si tratti di una misura troppo timida. Il part-time va incoraggiato ben prima dei 63 anni, in modo da creare lavoro per i giovani». Lo sottolinea Luigino Bruni, professore di Economia politica all’Università Lumsa di Roma. La legge di stabilità ha introdotto la possibilità per i lavoratori cui mancano due anni dalla pensione di optare per il part time, dopo un accordo con l’azienda, senza subire decurtazioni sull’assegno pensionistico. Niente flessibilità invece, in quanto Renzi ha spiegato che “modificare il sistema pensionistico è possibile solo sulla base di numeri chiari. Senza saggezza, senza numeri, si fa danno. Proporremo una soluzione solo quando tutto sarà chiaro”. L’Inps intanto ha reso noto che in Italia metà dei pensionati ricevono un assegno inferiore ai mille euro.
Professore, ritiene che il part time per i lavoratori anziani sia una misura efficace? Francamente penso che ci voglia qualcosa di più. È inutile che una persona di 65-66 anni svolga a tempo pieno mansioni per le quali occorrono forti motivazioni e una maggiore efficienza. Mentre ci sono poi giovani di 25 anni che sono fuori dal mondo del lavoro a stipendio zero. Per un Paese moderno questa situazione non è civile.
Secondo lei, qual è la soluzione? Bisogna incentivare fortemente il part-time dopo i 50 anni. Il lavoro va in parte redistribuito: non possiamo fare lavorare per otto ore una persona anziana e lasciare a casa i giovani, perché si tratta di una visione totalmente incivile.
Il governo Renzi è quantomeno sulla strada giusta? Il governo Renzi dà dei segnali timidi, inadeguati alla situazione e finalizzati ad accontentare tutti, finendo però per non soddisfare veramente nessuno. Il part time a 63 anni è un provvedimento con un po’ di forma, ma nessuna sostanza rispetto alle esigenze di maggiore flessibilità.
La flessibilità pensionistica vera e propria intanto è stata rinviata, e Renzi ha spiegato che prima bisognerà fare bene i conti. Come valuta questa scelta? Questi conti vanno fatti velocemente. Ci sono numerose persone pagate per farlo, a carico della collettività: è giusto che lavorino. O ci vogliono due anni per fare i conti? Quella di Renzi non è una risposta accettabile, anzi la ritengo una pessima scusa.
Il vero problema sono i conti o è la politica? I problemi sono tanti. I sindacati sono molto conservatori, c’è una mancanza di generosità di chi è dentro al mondo del lavoro rispetto a chi è fuori, e poi c’è una lentezza della politica che non fa il suo mestiere.
In che senso il problema è che i sindacati sono conservatori?
I sindacati hanno paura del part time, perché temono che coincida con una riduzione dello stipendio e con una perdita dei diritti per i lavoratori vicini alla pensione. In parte è anche vero, ma non mi sembra una buona ragione per lasciare tutto immutato. La conseguenza di questa linea è che non si ridiscutono le cose importanti. Se non facciamo delle riforme tutti insieme, i nostri figli faranno sempre più fatica a entrare nel mondo del lavoro.
Perché ritiene che chi lavora non sia abbastanza generoso nei confronti dei pensionati? Il punto è che se un lavoratore di 50 anni passa al part time, poi il suo stipendio si riduce. Se noi non leggiamo questa riduzione insieme al fatto che dei giovani possano iniziare a lavorare, evidentemente diventa un problema. Dobbiamo muovere lo sguardo dall’“econo-mia” all’“econo-nostra”. Se non si sposta l’enfasi dal proprio interesse privato personale, queste riforme non si fanno e ci troveremo sempre in una situazione dove due giovani su tre non lavorano.
L’ampliamento della no tax area per i pensionati ci sarà solo dal 2017. È legittimo questo rinvio?
Si rinviano le cose importanti e si fanno subito le cose dannose come l’apertura delle nuove sale per il gioco d’azzardo o come l’innalzamento del contante a 3mila euro. In un’ottica di riforme, sono scelte che ritengo incomprensibili.
(Pietro Vernizzi)