A farne le spese, alla fine, saranno i tabagisti. Ai fini previdenziali, non sono considerati una categoria. E, il salvataggio delle pensioni di lavoratori precoci ed esodati val bene qualche fumata in meno. E così, alla fine, le commissioni Bilancio e Affari costituzionali, dopo che la Camera gli aveva rimbalzato la palla, hanno deciso di aumentare le accise delle sigarette per recuperare la copertura finanziaria relativa ai soggetti che rischiavano penalizzazioni inaccettabili. Tutto a posto, quindi? Ieri in mattinata, in realtà, sembrava che, per colpa di una norma dell’ultimo momento, si sarebbe mantenuto il regime precedente alla riforma solamente per gli esodati prima del 31 dicembre 2011. Ma solamente per quelli che, entro tale data, avessero effettivamente risolto il rapporto di lavoro. Ovvero: chi avesse sottoscritto un accordo prima del 31/12/2011, ma per allora stesse ancora lavorando, non si sarebbe salvato. E, invece, Silvano Moffa, presidente della Commissione Lavoro della Camera, interpellato da ilSussidiario.net, spiega: «In realtà, saranno salvati anche coloro che, pur avendo sottoscritto un accordo prima della fine dell’anno, a oggi stanno ancora lavorando. Lo prevede l’ultimissima versione del decreto Milleproroghe». Restano una serie di criticità.
Andiamo con ordine: «In precedenza, si era stabilita una copertura del tutto impropria, con l’aumento dell’aliquota sul contributo degli autonomi che, seppur modesto, era aggiuntivo rispetto a interventi molto pesanti già effettuati nei loro confronti. Sarebbe stato sufficiente, come già detto in precedenza, decurtare 100 milioni dal risparmio di 6 miliardi previsto per il 2013 grazie alla manovra finanziaria». Rispetto alla portata complessiva, in effetti, non era gran cosa. «Era sufficiente, come sosteneva anche Tiziano Treu, un minor risparmio, non una maggiore copertura».
Eppure, Giuliano Cazzola, su queste pagine, affermava che non era possibile semplicemente decurtare dal monte risparmi 100 milioni: «Se un provvedimento è inserito in bilancio ed entra a far parte della contabilità nazionale – aveva detto -, laddove venga modificato occorre trovare la relativa copertura finanziaria. Stiamo parlando, infatti, di una norma che è già stata acquisita; il decreto Milleproroghe modificherebbe tale norma». In realtà, secondo Moffa, è invece possibile, eccome: «Ciò che dice Cazzola è vero in linea di principio. Tuttavia, sarebbe comprensibile se si fosse trattato di un intervento di entità davvero significativa. In tal caso, invece, una semplice decurtazione sarebbe stata, dal punto di vista tecnico e politico, possibile. Del resto, svariati aspetti saranno modificati nel momento in cui metteremo a punto la riforma del mercato del lavoro. Sarebbe stato sufficiente fare una norma collegata in maniera chiara».
Ancora a oggi, in ogni caso, le criticità non si sono esaurite. «Dal punto di vista delle modifiche rispetto alla difficoltà che erano emerse abbiamo fatto dei significativi passi in avanti. Restano una serie di aspetti che potrebbero essere ulteriormente definiti; rispetto a chi svolge lavori usuranti, ad esempio». Per essi continuerà, infatti, a valere il regime precedente, quello delle quote. Non gli sarà più consentito, tuttavia, andare in pensione con uno sconto di tre anni come aveva previsto il precedente governo.
«Ho delle riserve, infine, sul fatto che su un decreto di proroga sia stata messa la fiducia. Si tratta di questioni delicate, per le quali la fretta si rivela cattiva consigliera. Occorrerebbe, infatti, ancora qualche aggiustamento tecnico». Ancora poco, e il decreto vedrà definitivamente la luce: «Oggi (ieri, ndr) abbiamo votato la fiducia, mentre martedì si vota il provvedimento. Poi, si passerà al Senato, dove ci saranno delle correzioni. Al che, credo che si tornerà alla Camera. Credo che, in pratica, ci vorranno ancora una quindicina di giorni».