Ieri Saras ha annunciato che la russa Rosneft comprerà da Gian Marco e Massimo Moratti 6 milioni di azioni ciascuno per un corrispettivo di 178,5 milioni di euro (esattamente a 1,37 per azione con un premio di circa il 46% sulla media delle quotazioni dell’ultimo mese). La vicenda economica finanziaria è quella di una società collocata in Borsa nel 2006 a 6 euro per azione con l’offerta sottoscritta quattro volte; il timing del collocamento è stato pressochè perfetto e infatti qualche mese dopo è iniziata una crisi che dura fino ai nostri giorni, quasi sei anni, che ha inciso sull’economia e sulle quotazioni delle grandissima maggioranza delle azioni quotate alla Borsa di Milano. I risultati della società controllata dai Moratti hanno patito poi una difficile e complessa situazione del settore della raffinazione europea, vittima di un calo della domanda, per la crisi, di un eccesso di capacità di raffinazione e infine della differenza di prezzo tra WTI (il petrolio “americano”) e il brent (quello “europeo” più vicino alle aree turbolente del pianeta), che ha dato un vantaggio competitivo eccezionale a chi raffina fuori dall’Europa.
Con l’accordo di ieri i Moratti trovano un nuovo socio industriale seguendo, ma con un ritardo pluriennale, le mosse dei Garrone con Erg, usciti dalla raffinazione (a oggi la quota nel settore della raffinazione è scesa al 20%) nel 2008 attraverso un accordo con i russi di Lukoil. Questi in estrema sintesi i riferimenti economici della vicenda. Ma il nome “Moratti” è da venti anni (senza contare l’epopea di papà Angelo) indissolubilmente associato a quello di un’altra società e più precisamente alla squadra di calcio “Internazionale FC” volgarmente detta Inter. La notizia dell’accordo con Rosneft fa sorgere almeno due questioni sull’”altra” vicenda di Massimo Moratti. I soldi incassati dalla cessione di quote di Saras potrebbero essere reinvestiti nell’Inter, o per ripagare le perdite o per rilanciare gli investimenti; in aggiunta si potrebbe ipotizzare una partnership che non coinvolga solo la società quotata ma anche la sqadra di calcio. D’altronde il Chelsea è arrivato a una Coppa Campioni oltre a diverse Premier grazie al decisivo contributo del magnate russo Abramovich. Le speculazioni possono contare sulla volontà di Moratti di trovare un partner strategico con cui condividere l’avventura, e le perdite (per nulla esigue) dell’Inter.
Qualche mese fa era stata annunciata la cessione del 15% dell’Inter a China Railway construction che avrebbe anche partecipato, come costruttore, alla costruzione di un nuovo stadio di proprietà. Dell’accordo non si è saputo più niente e ci risulta che le trattative siano al momento morte e sepolte. Forse i conti hanno fatto cambiare idea ai cinesi o forse la costruzione di un nuovo stadio, in un Paese in cui costruire “cose nuove” è una specie di battaglia contro i mulini a vento, si è rivelata troppo complessa.
Crediamo che la ragione penda di più verso la prima ipotesi. Oggi i soldi da spendere nel calcio sono, per ovvi motivi, molto più difficili da trovare di quanto lo fosse una decina di anni fa e lo stesso Abramovich ha dato un taglio netto a spese e investimenti. Casi di successo non mancano; l’ultimo in ordine di tempo è quello del Psg con gli arabi che ha consentito alla squadra di Parigi di raggiungere brillantemente un quarto di finale di coppa campioni dopo anni anonimi (come non citare il Manchester City?). Milano, città della moda e del design, potrebbe essere un palcoscenico appetibile come Londra, Parigi o Manchester?
Sulla strada del petrolio molte cose sembrano ancora possibili nonostante cinque anni di crisi e di certo l’Inter di oggi darebbe un punto di entrata quasi perfetto a chi volesse mostrare una storia di “turnaround” aziendale. Come è noto chi non ha testa deve avere le gambe; l’Inter la “testa” l’ha avuta raramente: dopo l’anno delle cinque mezze punte (Djorkaeff, Kanu, Pirlo, Recoba e Baggio, stagione 98-99) e nessun terzino sinistro oggi mancano le punte. Almeno però c’erano le “gambe” nella forma delle “petrol-lire” prima e “petrol-euro” poi di Massimo Moratti. I petrol-rubli darebbero una grossa mano ma al momento siamo nel campo delle pure speculazioni; mancano sia i comunicati stampa che i rumours “qualificati” che di solito precedono i cambi nelle compagini azionarie, ma almeno c’è una traccia possibile, quella dell’oro nero, da seguire.