Questa settimana, la vicenda Ilva – che viaggia verso una lunga stretta finale – si è arricchita di qualche colpo di scena. Dopo lo sciopero preventivo indetto dalla Fiom a Genova, da cui Fim e Uilm hanno preso le distanze, ci si è infatti messo l’Antitrust Ue che ha deciso di aprire un’indagine approfondita sull’operazione di acquisizione di Ilva da parte di ArcelorMittal. Il dossier era stato notificato alla Commissione il 21 settembre scorso. Il 19 ottobre Mittal ha presentato una serie di impegni per rispondere ad alcune delle riserve preliminari dell’Antitrust, che però non li ha ritenuti “sufficienti a fugare i seri dubbi sulla compatibilità dell’operazione con il regolamento sulle concentrazioni”. La Commissione teme che l’operazione possa ridurre la concorrenza sul mercato dei prodotti piani.
Poche ore dopo, al ministero dello Sviluppo economico – presenti anche le organizzazioni sindacali e i vertici di Arcelor Mittal – è iniziata la presentazione del Piano industriale dopo il riavvio della trattativa. L’azienda, in merito alla questione antitrust, ha dichiarato che sta collaborando per fornire tutti gli elementi necessari alla Commissione, convinta che quanto segnalato sarà chiarito entro il 23 marzo 2018, termine ultimo per la conclusione delle valutazioni di Bruxelles sull’acquisizione, e che non comprometterà in alcun modo l’attuazione del piano ambientale e industriale, tanto che si è già valutato di partire da subito con la copertura dei parchi minerali a Taranto. Sono stati poi illustrati, per grandi linee, i dettagli del Piano industriale di 2,4 miliardi e il cronoprogramma di re-start per il primi 12 mesi e successivamente fino al 2023, data in cui dovrà essere completato il piano ambientale.
Al di là della complessità dell’operazione e della cautela con cui le stesse organizzazioni sindacali hanno in un primo momento accolto le proposte di Arcelor Mitall, la vertenza pare iniziare a presentare dei connotati su cui va guardata con speranza e fiducia, data l’importanza di questo asset per la nostra economia e la concreta possibilità di riportare Ilva ai livelli più alti del mercato mondiale dell’acciaio.
Per questi motivi, qualche giorno fa il Ministro Calenda ha richiamato alla responsabilità gli attori coinvolti dopo lo sciopero della Fiom e il ricorso contro il piano ambientale del sindaco di Taranto e del governatore della Regione Puglia. “In quale altro Paese del mondo un investitore che vuole investire 5,3 miliardi sull’acciaio viene accolto in questo modo? In Italia c’è cultura anti-industriale e populismo sindacale”.
Calenda, che in precedenza aveva richiamato anche l’azienda, si conferma arbitro imparziale di questa vertenza. È ovvio che oggi è importante che le istituzioni tutte e le organizzazioni sindacali insieme collaborino in modo da favorire gli investimenti, il rischio è proprio quello di perdere occasioni enormi di crescita occupazionale e economica.
Al punto in cui si è giunti, non si aspetterà il pronunciamento della Commissione previsto per la fine di marzo 2018, ma la trattativa andrà avanti. Gli interlocutori si ritroveranno il 14 novembre al MiSE per chiarire alcuni degli aspetti rimasti in sospeso del Piano industriale e per l’illustrazione del Piano ambientale.
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