È opinione comune che non ci si posa attendere capovolgimenti epocali; ma, pensare che non sia ancora segnato il destino delle pensioni di esodati, di precoci e di chi svolge lavori usuranti, è nel novero delle cose possibili. Ovvero, in Senato, i margini per ulteriori modifiche al decreto Milleproroghe ci sono, eccome. «Del resto, se la Camera ha proceduto abbastanza speditamente all’esame in prima lettura, è probabile che lo abbia fatto per consentire al Senato ulteriori interventi, riservandosi il tempo per la terza e definitiva lettura», afferma, raggiunto da ilSussidiario.net Enrico Morando, senatore del Pd. Poche modifiche, quindi, ma significative. Anche se «sappiamo bene che il contesto è complicato dalla reperibilità della copertura». Il giudizio sulla riforma, nel complesso, è ottimo: «Era sacrosanta, necessaria per accelerare l’entrata in regime della riforma Dini del lontano ‘95».
Tuttavia, la necessaria frettolosità ha determinato alcuni inconvenienti. «Ci sono dei problemi per alcuni lavoratori che possono e che devono essere risolti. Anzitutto, per coloro che hanno interrotto il proprio rapporto di lavoro sulla base di accordi individuali in questa fase o pensavano di interromperlo nelle prossime settimane e che hanno avuto un allungamento eccessivo dell’accesso alla prestazione». Ci sono, poi, i lavoratori precoci: «Molto, per questi, è già stato fatto. Tuttavia, occorre qualche ulteriore limatura. Alcuni di essi, infatti, rischiano di trovarsi fuori dalla copertura che, invece, avevano prima che si mettesse mano a certe modifiche».
In ogni caso, il senatore avverte: «Evitiamo inutili allarmismi. In questi giorni si è generato il panico nei lavoratori appartenenti a categorie che erano già state messe in sicurezza, come gli esodati in seguito ad accordi collettivi per il prepensionamento». In questa fase, ciò che conta, è il metodo adottato: «Si tratterà di capire come affrontare tali problemi; mi sembra, tuttavia, che lo spirito di collaborazione tra governo e partiti sia quello giusto. Tuttavia, i casi sono talmente variegati che solo quando ci saremo seduti al tavolo con il governo, le parti sociali e gli esperti in grado di garantire un supporto adeguato, si potrà capire quali sono effettivamente i passi da compiere».
Difficilmente, in questa fase, si troverà soluzione al problema dei lavori usuranti. «La caratteristica di tali lavori non è tanto il fatto che sono faticosi, quanto il fatto che, mediamente, riducono l’aspettativa di vita al momento del pensionamento ed è sacrosanto, quindi, che chi li svolge, sia trattato diversamente». Sui tempi, il senatore non si sbilancia: «Immagino che la questione non si affrontabile da qui all’approvazione definitiva del decreto».
Quando sarà il momento giusto, Morando propone di ispirarci al modello svedese: «In Svezia il lavoratore che svolge un’attività usurante, dopo un certo numero di anni prestabilito, non è costretto ad andare in pensione; è il datore di lavoro, invece, che ha l’obbligo di destinarlo, in seno alla propria azienda, a un lavoro non più usurante».