“La tempesta dopo la quiete” qualcuno avrà pensato in questi giorni nell’assistere a qualche scambio deciso di numeri e opinioni tra la Fiom di Maurizio Landini e la Fim di Marco Bentivogli. Ma non hanno appena firmato il tanto conclamato rinnovo unitario di un Ccnl storico? Si saranno chiesti in molti. E la domanda era più che comprensibile. In realtà, ciò che avviene nel settore metalmeccanico è ordinaria amministrazione, tanto che proprio in questi giorni – mercoledì per l’esattezza – si è tenuto l’esecutivo unitario di Fim, Fiom e Uilm.
La firma del rinnovo è, come già detto, un fatto rilevante. Persino all’interno delle confederazioni erano in molti a dubitare che alla fine si sarebbe raggiunto un accordo tra i metalmeccanici. Sì, perché soprattutto per la Fiom, si tratta di un cambio di rotta significativo: l’accordo riconosce come cardini della contrattazione il secondo livello e il welfare integrativo, che addirittura – cosa nuova per l’intero mondo delle relazioni industriali – va a coprire una parte, per quanto marginale, dell’aumento in busta paga. Ma come, fino a ieri si trattava di istanze per cui la Fiom non firmava i contratti e adesso si tratta di innovazioni? La verità è che Landini ha capito che non esistevano altre vie per chi rappresenta, stante anche la crisi che ha colpito il settore in questi anni difficili. E non solo si è messo su una linea nuova, ma ha persino convinto la sua organizzazione.
Per chi sa cosa sono le relazioni industriali e come funzionano le organizzazioni sindacali, davvero un gran lavoro, per niente facile. E per nulla facile sia in fase di chiusura – nella delegazione Fiom in 6 su 20 non erano d’accordo a firmare -, sia oggi, dopo la firma. Così vanno lette queste uscite un po’ ruspanti, e il pretesto Fca è inoltre notevole: “Col Ccnl i lavoratori Fca guadagnerebbero di più di ciò che guadagnano col loro contratto”.
La replica della Fim, naturalmente, è arrivata in tempo reale. Al di là del fatto che è anche molto scivoloso pensare di comparare un contratto aziendale diretto, così da anni incentrato sul salario di produttività, con un contratto nazionale, resta il fatto che il tentativo di Landini va visto come quello di chi, in un certo senso, sta tornando a ruggire, avendo sempre optato per rappresentare la sua base in una modalità più antagonista.
Per il resto, un’altra scaramuccia tra le tute blu – ma a dire il vero di poco conto – è quella che parte da Roberto Di Maulo, Segretario Generale del Fismic, il quale in un articolo per Il Diario del Lavoro poi ripreso da Italia Oggi solleva qualche dubbio circa le modalità del rinnovo dei metalmeccanici e quanto previsto dal Testo Unico sulla Rappresentanza: “La conclusione del Ccnl metalmeccanici mette in luce delle contraddizioni, gettando delle ombre sul complesso del famoso e tanto celebrato accordo del 10 gennaio 2014 sulla rappresentanza del sindacato. Questo accordo si basa sulla certificazione dei dati, i quali, essendo certi, permettono o meno a un sindacato di essere rappresentativo. L’accordo interconfederale, inoltre, assegna l’approvazione degli accordi allo svolgimento di referendum, atti questi che hanno la facoltà di approvare o respingere gli accordi sindacali. Peccato che si sono dimenticati di rendere certi i risultati dei referendum, la cui validazione è a capo alla sola parte sindacale. Chi controlla i controlli?”.
Sarebbe interessante che qualcuno rispondesse a Di Maulo. Ma, una domanda: prima dei meccanici, hanno rinnovato chimici e alimentaristi; in quei casi, il problema non esisteva?
Twitter: @sabella_thinkin