Smentendo le indiscrezioni degli ultimi giorni, il Governo ha deciso di non mettere mano alla riforma delle pensioni per soddisfare le richieste europee di una manovra aggiuntiva da 3,4 miliardi. Oggi poi, durante l’audizione alla commissione Lavoro del Senato, Giuliano Poletti ha ribadito che l’Ape partirà a maggio e saranno rispettati così i tempi previsti dalla Legge di bilancio. Il ministro del Lavoro ha quindi spiegato che i decreti attuativi per rendere tutto questo possibile sono in preparazione. Ma ha anche aggiunto che “al momento non sono previsti ulteriori interventi sulla riforma delle pensioni, se non lo sviluppo di un confronto con le parti sindacali”, in modo così da portare avanti il confronto avviato lo scorso anno che ha già dato alcuni frutti, riscontrabili proprio nella riforma delle pensioni varata con la Legge di stabilità.
La riforma delle pensioni contenuta nella Legge di stabilità ha portato anche all’ottava salvaguardia degli esodati, che il Governo Renzi aveva promesso essere quella “definitiva”. Tuttavia così non è stato. E la conferma arriva dal caso di Rita, di cui ha parlato la trasmissione “Dalla vostra parte”, in onda su Rete 4. Infatti, lei, come altre 6.000 persone circa (in maggioranza donne), non ha i requisiti necessari ad accedere alla salvaguardia e si trova in una situazione in cui non ha un lavoro e, ovviamente, nemmeno una pensione. Gianfranco Rotondi, ex ministro che era ospite della trasmissione di Maurizio Belpietro, ha chiesto di poter avere da Rita e dagli altri “esodati non salvaguardati” tutto il materiale utile per un’interrogazione parlamentare, perché certamente non è accettabile che ci siano persone in questa situazione dopo oltre cinque anni dall’approvazione delle Legge Fornero. Specialmente perché ci sono altre persone in condizioni simili che invece hanno avuto la salvaguardia.
Secondo Matteo Renzi “votare nel 2017 o nel 2018 è lo stesso. L’unica cosa è evitare che scattino i vitalizi perché sarebbe molto ingiusto verso i cittadini. Sarebbe assurdo”. Queste parole, tuttavia, non sembrano essere state gradite da alcuni membri del suo stesso partito. Secondo quanto riporta Il Manifesto, infatti, qualche parlamentare del Partito democratico non ha affatto gradito e non ha creduto all’interpretazione del capogruppo alla Camera, Ettore Rosato, secondo cui il Segretario ce l’aveva con i parlamentari del Movimento 5 Stelle, viste le loro continue polemiche sui vitalizi. Tuttavia a molti non è sfuggito il fatto che anche se si andasse al voto non si avrebbe un vitalizio, ma scatterò solo il diritto a non perdere i contributi versati che serviranno quando si avranno 65 anni. Per questo Giuditta Pini (Pd) dice che “sentir alludere che io a 32 anni non voglio andare a votare perché forse tra 33 anni avrò 900 euro lordi di pensione lo trovo offensivo”.
La Camera dei deputati ha approvato una risoluzione riguardante la grave crisi del Venezuela. Alberto Porta, eletto dagli italiani all’estero in America Meridionale nelle file del Partito democratico, ha dichiarato che nella difficilissima situazione in cui si trova il Paese, “la nostra priorità sono le centinaia di migliaia di nostri connazionali, ai quali va in questo momento la nostra solidarietà e ai quali dobbiamo rivolgere le nostre attenzioni; abbiamo risolto il complesso problema del pagamento delle pensioni italiane in Venezuela e non possiamo chiudere gli occhi davanti al dramma di chi in Italia aspetta da troppo tempo il pagamento delle pensioni venezuelane”. Porta ha anche spiegato che al Governo italiano è stato chiesto di rafforzare i servizi consolari in Venezuela e di farsi promotore di una forte iniziativa politica internazionale per far sì che nel Paese sudamericano torni la democrazia.
Cesare Damiano e Marialuisa Gnecchi sono pronti a portare avanti il loro lavoro per “completare” la riforma delle pensioni iniziata con la Legge di stabilità. I due deputati del Partito democratico in una nota ricordano infatti di aver già provveduto a far aumentare il numero dei beneficiari dell’ottava salvaguardia degli esodati (passato da 30.400 a 30.700), di aver fatto sì che Opzione donna potesse essere utilizzata anche dalle italiane nate nell’ultimo trimestre del 1957-58 e di aver fatto sì che il cumulo contributivo gratuito possa essere utilizzato anche da chi è iscritto alle casse professionali privatizzate. “Adesso dobbiamo valutare la possibilità di nuovi miglioramenti”, segnalano i due. E un accento particolare viene posti sull’Ape social e su Opzione donna. Nel primo caso, infatti, occorre far sì che si possano contare anche i contributi figurativi, eliminare il requisito di aver svolto un’attività gravosa continuativamente negli ultimi sei anni e portare da 36 a 35 gli anni di contributi per questo tipo di lavori particolarmente usuranti. Questo per venire incontro alle richieste degli edili.
Per quel che riguarda Opzione donna, si pensa di poter rendere possibile il cumulo contributivo gratuito della gestione separata. In questo modo si verrebbe incontro alle richieste di chi, come il Comitato Opzione donna social, da tempo chiede che la novità introdotta dalla Legge di stabilità per facilitare il raggiungimento dei requisiti pensionistici possa essere utilizzato anche per l’accesso al regime sperimentale Opzione donna. Una richiesta che è stata fatta anche per l’accesso all’ottava salvaguardia degli esodati. Vedremo se i deputati del Pd ne terranno conto nelle loro prossime proposte.
Cesare Damiano chiede ancora una volta al Governo di non rinviare le misure previste dalla riforma delle pensioni per ottemperare alla richiesta europea di una manovra correttiva da 3,4 miliardi di euro. L’ex ministro in una nota scrive infatti che “va evitata l’ipotesi, che ogni tanto appare, di un intervento sull’Anticipo pensionistico per fare risparmio. L’Ape deve entrare in vigore dal primo maggio di quest’anno e su questo non si discute”. Il Presidente della commissione Lavoro della Camera tiene anche a sottolineare che “se qualcuno pensa che uno spostamento in avanti di 6 mesi farebbe risparmiare circa 500 milioni di euro, se lo tolga dalla testa”. Damiano, infatti, non manca di evidenziare che “una scelta di questo genere avrebbe pesanti ripercussioni sociali e vanificherebbe l’accordo tra Governo e sindacati sulla previdenza”.