Arriva un allarme piuttosto serio per le pensioni del futuro. A lanciarlo è Tito Boeri, che per la “generazione 1980” segnala il rischio di ritrovarsi a 70 anni con un assegno pensionistico del 25% rispetto a quello che percepisce oggi un pensionato nato nel 1945. Inoltre, ha evidenziato il Presidente dell’Inps, “con le regole del contributivo, le persone che non raggiunto un certo ammontare di prestazione prima dell’età pensionabile rischiano di non avere alcun reddito”. Anche per questo motivo, quindi, Boeri vorrebbe introdurre una forma reddito minimo per gli over 55. Ormai la flessibilità pensionistica sembra destinata a slittare al 2016. Maino Marchi, membro della commissione Bilancio della Camera e del Partito democratico, ha infatti detto che “non ci sono le condizioni per affrontarla adesso”. Dunque il partito di maggioranza sembra ribadire la posizione del Governo in materia: nella Legge di stabilità non ci sarà alcuna misura di flessibilità. Bisognerà vedere se Cesare Damiano, Presidente della commissione Lavoro, anche lui dem, sarà della stessa idea o meno.
Non arrivano buone notizie dall’Ocse per chi in Italia vorrebbe una riforma delle pensioni all’insegna della flessibilità. Nel suo rapporto “Pensions at a glance 2015”, l’Organizzazione internazionale spiega che in Italia, nonostante l’età pensionabile raggiungerà i 67 anni nel 2019, “la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico richiede ulteriori sforzi negli anni a venire”. Inoltre, l’Ocse segnala che “l’età effettiva di uscita dal mercato del lavoro rimane la quarta più bassa tra i paesi membri”.
Giuliano Poletti non sembra essere d’accordo con l’idea di tagliare le pensioni d’oro. Alla trasmissione 2Next, il ministro del Lavoro ha infatti spiegato che bisognerebbe innanzitutto capire a quali livello corrispondono. Inoltre, “non è questo il tema che può affrontare e risolvere i problemi del pensionamento del Paese”, ha aggiunto Poletti.
Una nuova spinta alla flessibilità pensionistica arriva da Tito Boeri. Per il Presidente dell’Inps, infatti, “è molto difficile riuscire a misurare con esattezza la speranza di vita dei singoli e delle specifiche carriere. Anche per questo credo che una maggior flessibilità sia qualcosa da perseguire con forza”. In effetti, Boeri tra le sue proposte di riforma delle pensioni che tanto hanno fatto discutere prevedeva l’introduzione di una flessibilità. Il punto in ogni caso resta capire a quali condizioni (requisiti minimi e penalizzazioni) è possibile pensare a una pensione anticipata.
Ormai chiusa definitivamente la questione relativa al possibile inserimento di misure a supporto della flessibilità dell’uscita dal mondo del lavoro nell’ambito della Legge di Stabilità, il focus negli ultimi giorni sembra essere maggiormente indirizzato alla questione degli esodati con la cosiddetta settima salvaguardia. A far discutere sono le dichiarazioni del Ministro del Lavoro Poletti. Poletti dopo aver assicurato che il Governo si occuperà quanto prima della vicenda relativa alla flessibilità in uscita e ribadito la contrarietà alla proposta del presidente dell’Inps, Tito Boeri, di tagliare le pensioni sopra i 3500 euro al mese, ha evidenziato come la vertenza degli esodati sia stata chiusa con la settima salvaguardia inserita nell’attuale legge di stabilità. Dichiarazioni che sta alzando un polverone visto che si parla di ulteriori venti mila esodati che non sarebbero rimasti fuori. Il condizionale è d’obbligo in quanto Poletti ha evidenziato come da un punto di vista tecnico i venti mila non possano essere considerati degli esodati. Una vicenda destinata ad avere un lungo strascico.