Sono le pensioni le grandi assenti nel discorso programmatico di Matteo Renzi come presidente del consiglio. Finora il premier non ha toccato il tema, glissando anche sulla questione esodati, e l’ultima volta che ne aveva parlato era stato addirittura lo scorso novembre, quando il sindaco di Firenze era stato ospite della trasmissione Servizio Pubblico di Michele Santoro. In quella circostanza aveva chiesto una maggiore equità previdenziale tra chi è andato in pensione con il sistema retributivo e chi lo ha fatto con quello contributivo. Poi però era calata la cortina del silenzio. Ilsussidiario.net ha intervistato Cesare Damiano, ex ministro del Welfare e ora Presidente della Commissione Lavoro presso la Camera dei Deputati tra le fila del Partito democratico. Damiano da tempo propone l’introduzione della flessibilità nel sistema previdenziale.
Letta aveva parlato di intervenire sulle pensioni ma poi non se ne è fatto nulla, Renzi invece non ne ha proprio parlato. Che fine hanno fatto i pensionati?
Renzi non ne ha parlato, e questo per me è molto grave. Le pensioni sono un argomento centrale, del resto anche lo stesso premier aveva dichiarato che il tema dei cosiddetti esodati doveva essere risolto.
Renzi non ne ha parlato perché si è dimenticato o perché intende parlarne in un secondo momento?
Se davvero se ne è dimenticato è grave, perché si tratta di un tema che non si dimentica. Se non fa parte delle sue scelte è altrettanto grave, perché è un argomento che va assolutamente affrontato. Non soltanto perché c’è una promessa da parte dello stesso Renzi, ma anche perché non saprei come possiamo risolvere il problema degli esodati se non accettiamo una correzione della riforma Fornero.
Una correzione in quale direzione?
In due direzioni. La prima è quella di mettere risorse sufficienti per trovare una soluzione al dramma di quanti sono rimasti senza lavoro e senza pensione. Parlo dei lavoratori che versavano in questa condizione fino al 31 dicembre 2011. Il secondo punto riguarda l’introduzione di un meccanismo di flessibilità del sistema pensionistico. Mi riferisco alla possibilità di accedere alla pensione in modo anticipato rispetto all’attuale situazione. La mia proposta è quella di prevedere un range tra i 62 e i 70 anni, e quindi le persone comprese in questa fascia d’età che abbiano una contribuzione versata pari ad almeno 35 anni possono avere il diritto di accedere alla pensione. Questo diritto si accompagna a una penalizzazione per chi va in pensione in anticipo: la mia proposta di legge prevede una riduzione dell’8% dell’assegno di quanti vanno in pensione a 62 anni.
Lei ritiene che Renzi debba fare sua questa proposta?
Renzi dovrebbe fare sua questa proposta che risolverebbe in modo strutturale il problema dei cosiddetti esodati.
Lei è compagno di partito di Renzi. Riuscirà a farsi ascoltare da lui?
Non rinuncerò a far valere la mia posizione. Dopo il decalogo sul Jobs Act, come Associazione Lavoro e Welfare presenteremo anche un decalogo sulle pensioni. Renzi potrebbe ascoltare queste nostre proposte, perché aiutano la soluzione di tantissimi problemi.
Queste proposte sono compatibili con il programma economico di Matteo Renzi?
Siamo passati da una situazione nella quale se chiedevamo 30 milioni la Ragioneria dello Stato ci bacchettava perché le risorse erano scarse, a una situazione nella quale l’ipotesi di Renzi ci farà spendere 85 miliardi. Basti infatti pensare che il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione è pari a 40 miliardi, la riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori è pari a 10 miliardi, il fondo di solidarietà per le piccole imprese pari a 20 miliardi, gli ammortizzatori sociali universali a 15 miliardi. Siamo in una situazione nella quale pare sia compatibile una richiesta di interventi a 85 miliardi, e in questa condizione è possibile anche reperire risorse ben più modeste per quanto riguarda la soluzione definitiva del tema delle pensioni.
(Pietro Vernizzi)