«Il governo Renzi si dimentica di partite Iva e precari e trascura il lavoro autonomo di “seconda generazione”, quello più legato a creatività e conoscenza». È la denuncia di Luca Casarini, uno degli ex leader del movimento no global italiano, a proposito del piano economico del presidente del Consiglio. Un programma che ha sollevato diverse critiche, tanto che dalle file della stessa maggioranza Angelino Alfano, ministro dell’Interno e leader di Ncd, ha osservato che “il prossimo obiettivo del governo sarà il lavoro che faremo per dare un aiuto fiscale al popolo delle partite Iva, degli autonomi e dei liberi professionisti”.
Casarini, ritiene che il governo Renzi debba impegnarsi di più per aiutare le partite Iva?
Il governo Renzi rischia di rendere il lavoro ancora più precario, dimenticandosi di tutti coloro che non hanno un contratto a tempo indeterminato, cioè del lavoro del presente e del futuro. Nei provvedimenti sulla flessibilità in ingresso la precarietà viene stabilita per decreto. I tre anni iniziali prevedono la possibilità per il datore di lavoro di licenziare il dipendente senza giusta causa. L’altro nodo sono le partite Iva, cioè il lavoro autonomo cosiddetto di “seconda generazione”, spesso indipendente, creativo o della conoscenza. Quest’ultimo non è preso in considerazione da nessun tipo di provvedimento del Jobs Act, e mantiene quindi tutte le caratteristiche di discriminazione. A ciò si aggiunge la proposta di un aumento al 7% del prelievo per la gestione separata Inps, che conferma il fatto che i lavoratori autonomi sono ulteriormente colpiti.
In che modo si può intervenire a livello fiscale per venire incontro ai lavoratori autonomi?
A livello fiscale il nodo della gestione separata Inps è vergognoso e grida vendetta. Non si capisce per quale motivo questo tipo di lavoratori, che sostanzialmente avranno una pensione irrisoria anche ammesso che riescano a pagare i contributi, debbano avere un’aliquota superiore a tutti gli altri. A ciò si aggiunge la necessità di intervenire offrendo risposte all’intermittenza del reddito.
In che modo occorre fornire risposte?
Una partita Iva o un lavoratore autonomo di seconda generazione possono alternare periodi in cui hanno un reddito e altri in cui non ce l’hanno. Bisogna quindi intervenire con misure di reddito minimo garantito che impedisca a questi lavoratori di essere sottoposti ai ricatti di ogni genere, come l’abbassamento di fatto del salario per singola prestazione data, che li spingerebbero a dover affrontare condizioni di vita impossibili.
Una partita Iva, per esempio, deve pagare l’affitto tutti i mesi, anche nei periodi in cui rimane senza lavoro. Occorre un meccanismo universale che copra anche le partite Iva e che riguardi la stabilità di reddito. In questo modo si può permettere ai lavoratori autonomi di dedicarsi alla formazione quando rimangono temporaneamente disoccupati.
Secondo alcuni calcoli, l’aumento al 26% dell’aliquota sulle rendite finanziarie porterà il carico fiscale sul risparmio oltre il 40%. Lei che cosa ne pensa?
La crisi economica è in gran parte dovuta a un’eccessiva concentrazione della ricchezza nelle mani di poche persone. La ricchezza è un dato di produzione sociale complessiva, e occorre quindi una sua redistribuzione. È giusto ragionare sulla tassazione della rendita, e alleggerire l’imposizione fiscale sui redditi da lavoro. È chiaro però che l’obiettivo non devono essere i piccoli risparmiatori, bensì le grandi centrali della speculazione finanziaria. Vanno quindi evitati interventi che possono trasformarsi in uno specchietto per le allodole, mentre bisognerebbe porsi il problema della tassazione delle transazioni finanziarie colpendo patrimoni consolidati di milioni e milioni di euro, che oggi sono in realtà concentrati in poche mani.
(Pietro Vernizzi)