La ricerca pubblicata, solo pochi giorni fa, da Eurociett, la Confederazione europea dei servizi privati per l’occupazione, rivela che i paesi che hanno adottato una regolamentazione “smart” nel settore del “collocamento” sono i più competitivi. Questi stati sono generalmente caratterizzati, infatti, da un funzionamento più efficace dei loro mercati del lavoro. Ne deriva che si registra, in questi contesti, una più dinamica creazione di posti di lavoro e una maggior partecipazione attiva nel mercato e, quindi, un maggior livello di inclusione sociale e più bassi livelli di disoccupazione, in particolare per i giovani.
I dati sulla “smart regulation” mostrano, insomma, una chiara correlazione positiva tra quanto viene registrato con riferimento all’indice di competitività globale e quello che emerge relativamente al livello di regolazione “intelligente” del mercato del lavoro e del collocamento. In questo quadro le migliori esperienze (le cosiddette “best practies”) possono essere classificate in due categorie: i mercati con un elevato livello di dialogo sociale, come l’Olanda e paesi scandinavi; i paesi di tradizione anglosassone che si caratterizzano per economie di market-driven, come il Canada, gli Stati Uniti, l’Australia e il Regno Unito. Entrambi i modelli, tuttavia, si caratterizzano, almeno per gli estensori dello studio, per un buon bilanciamento offrendo flessibilità e sicurezza sia alle aziende che ai lavoratori.
Emerge, inoltre, come molti paesi come l’Italia, la Grecia, la Spagna, la Francia, ma anche, ad esempio, l’Argentina, che hanno approvato significative riforme del mercato del lavoro negli ultimi anni, stiano vedendo migliorare significativamente il loro posizionamento in questa speciale classifica. Molti altri stati che, altresì, si caratterizzano per legislazioni con livelli relativamente alti di regolazione, o che si distinguono per una normativa o poco chiara od obsoleta, si trovano in fondo alla stessa.
Questa seconda condizione, almeno secondo il recente studio europeo, limita fortemente la capacità di questi paesi di creare posti di lavoro e costruire mercati del lavoro inclusivi in grado di offrire ai lavoratori un’occupazione decente e un lavoro sicuro, e impedisce, allo stesso tempo, di migliorare il livello della giustizia sociale, oltre che quello della competitività del sistema economico, in queste realtà.
Eurociett sottolinea, quindi, come la costruzione di un mercato del lavoro efficiente è uno dei fattori cruciali per la competitività globale di un Paese. Per ottenere questo risultato, le Agenzie per il lavoro europee indicano anche la strada: sostenere i principi contenuti nella Convenzione Ilo sulle agenzie private di collocamento e rimuovere, quindi, tutte le ingiustificate restrizioni a quest’attività. In questa prospettiva è indubbio che l’Italia, a partire dal “Pacchetto Treu” e la “Legge Biagi”, molto ha fatto per riregolamentare il mercato del lavoro e lasciarsi alle spalle le vecchie rigidità del, superato, sistema degli uffici di collocamento.
Il Jobs Act, in coerenza con il percorso già avviato, apre certamente nuovi spazi per le agenzie private e rompe storici tabù culturali che, ahimè, ancora resistevano. È, quindi, ora il tempo, anche in Italia, per le agenzie private di dimostrare tutto il loro potenziale e di misurare, dati alla mano, la loro reale capacità di incidere e di contribuire al rilancio del Paese e della sua competitività nel mondo globale di oggi.