La revisione dell’architettura che disciplina il mercato del lavoro, nelle intenzioni, dovrebbe porre rimedio alla priorità assoluta italiana: l’emergenza disoccupazione. Alla base vi è il principio secondo cui è possibile spronare le aziende ad assumere più personale, a regolarizzare gli abusi e a stabilizzare i dipendenti incidendo sull’equilibrio tra flessibilità in entrata e in uscita. Vanno in questo senso le misure contenute nel testo della riforma, frutto di una mediazione tra governo, partiti e parti sociali; tra queste, alcune delle principali riguardano la regolamentazione delle partite Iva, le modifiche all’articolo 18 e l’introduzione di alcuni vincoli aggiuntivi ai co.co.pro. IlSussidiario.net ha chiesto a Maurizio Del Conte, docente di Diritto del lavoro presso l’Università Bocconi di Milano, se gli effetti sortiti corrisponderanno alle intenzioni. «L’idea di fondo – afferma, partendo dalle partite Iva – è quella di disincentivarle, perché si presume nascondano rapporti di lavoro subordinato. L’intento, di certo, è lodevole. Tuttavia, si potrebbe determinare un’aurea di illegittimità su tutto il lavoro autonomo. Abbiamo, infatti, un enorme serbatoio di lavoro autonomo, anche qualificato, che sarebbe un gravissimo errore criminalizzare. Dobbiamo prendere atto del fatto che il mondo e il modo di lavorare sono cambiati, e che ci sono molte possibilità al di là della subordinazione che non vanno guardate necessariamente con sospetto. La riforma, quindi, rischia di omologare tutto e di affossare la competitività del nostro sistema, mettendo sullo stesso piano elementi virtuosi e distorsioni abusive».
L’idea, in ogni caso, è quella di trasformare le partite Iva che rispettino determinati criteri in lavori a progetti. «Che saranno regolamentati in maniera più stretta di prima. In particolare, laddove la riforma fa riferimento al divieto di progetti che coincidano con l’oggetto sociale dell’impresa. Sotto questo profilo, credo che sia un intervento opportuno, volto a limitare anche in tal caso le forme abusive. Spesso, infatti, molte aziende ne facevano semplicemente parte della propria attività ordinaria». Altra questione determinante nel dibattito in corso è la nuova disciplina sui licenziamenti: «Sfido chiunque a leggere il nuovo articolo 18 – afferma – e trovarlo un norma chiara, che semplifica la precedente normativa». Secondo Del Conte, in particolare, «il fatto che si sia reintrodotta la reintegra per il licenziamento oggettivo ci restituisce, di fatto, la situazione precedente».
Ma aggravata di maggiore complessità. «Il licenziamento non coperto dalla reintegrazione, con la nuova formulazione, è un’ipotesi residuale. Vorrei sapere, infatti, sarà possibile discernere realmente, tra insussistenza, assoluta insussistenza, o inconfigurabilità del motivo oggettivo: andrà a finire che un giudice, di fronte, ipotesi del genere, non avrà difficoltà ad affermare, semplicemente, che il motivo è insussistente e a ordinare la reintegra».