Nel giorno della festa delle donne, c’è chi si batte affinché venga dato seguito a quanto stabilito con la riforma delle pensioni contenuta nella Legge di stabilità, permettendo così anche alle italiane nate nell’ultimo trimestre del 1957-58 di accedere a Opzione donna. Al momento, infatti, non possono ancora farlo in quanto l’Inps non ha ancora emanato la circolare che occorre per presentare l’apposita di domanda. Il Comitato Opzione donna social ha quindi deciso di appoggiare l’iniziativa delle nate nell’ultimo trimestre, che stanno sollecitando via Twitter la pubblicazione di questo documento che non solo è importante, ma dovrebbe essere in ogni caso prodotto dall’Istituto nazionale di previdenza sociale. Non si chiede insomma nulla di straordinario, ma di dar seguito a decisioni già prese dal legislatore.
Nonostante non sia arrivata con la riforma delle pensioni una proroga di Opzione donna, oggi Il Fatto Quotidiano riporta un commento di Chiara Saraceno a questa misura di pensionamento anticipato. La sociologa della famiglia la bolla come “una bella fregatura per le lavoratrici. Possono certo andare in pensione prima, ma a spese loro”. In effetti, in cambio della possibilità di andare in pensione dopo 35 anni di contributi e con meno di 60 anni di età si deve subire il ricalcolo contributivo pieno del proprio assegno pensionistico. Eppure non sono poche le italiane che vorrebbero poter utilizzare ancora questa norma destinata ormai a esaurire i suoi effetti. Forse bisognerebbe trovare un nuovo strumento che non sia così penalizzante, ma che consenta comunque alle donne di andare in pensione prima, come chiede il Comitato Opzione donna social.
Mai detto o scritto che il Governo non sta studiando una riforma delle pensioni che prevede “Ape Donna”. Lo chiarisce Orietta Armiliato, specificando che comunque una misura di questo tipo “avrebbe sia senso sia valenza alla luce delle misure che sono entrate nella Legge di Stabilità 2017 e delle quali si stanno attendendo i decreti attuativi”. Dalla pagina Facebook del Comitato Opzione donna Social ricorda anche che le misure previdenziali sono accompagnate da studi e approfondimenti ed è difficile immaginare che le scelte vengano prese in base a quello che piace o meno ai possibili beneficiari. Resta tuttavia da capire se l’esecutivo riprenderà l’idea di Tommaso Nannicini, che aveva parlato di uno strumento simile all’Ape rivolto in maniera particolare alle donne. Il Professore bocconiano non fa più parte infatti dell’entourage governativo. Si avvicina la data di un nuovo incontro tra Governo e sindacati per la cosiddetta fase due del tavolo sulla riforma delle pensioni avviato lo scorso anno. Secondo quanto riporta leggioggi.it, dopo i decreti attuativi sull’Ape, che ancora non sono stati firmati, l’esecutivo potrebbe abbozzare delle proposte sulla pensione minima di garanzia e per tagliare i contributi dei neoassunti. In questo modo, quindi, si cercherebbe di aiutare i giovani, oggi alle prese con una forte incertezza sul proprio futuro previdenziale. Tagliare i contributi potrebbe però avere degli effetti negativi sulla pensione futura di un lavoratore. Tuttavia se vi fosse una pensione minima garantita questo rischio sarebbe ridotto e si potrebbe vedere il vantaggio di avere più soldi in busta paga e un risparmio anche per l’azienda.
La scorsa settimana si è tenuto il congresso regionale dell Fnp-Cisl della val d’Aosta, cui ha preso parte il Segretario nazionale Gigi Bonfanti. Il 14 marzo verrà eletto il nuovo segretario, ma nel frattempo è stata approvata la relazione introduttiva di Vincenzo Albanese, attuale numero uno regionale dei pensionati Cisl. I quali, secondo quanto riporta aostacronaca.it “chiedono: il ripristino dell’adeguamento delle pensioni al costo della vita, una drastica riduzione della curva di rendimento delle cosiddette pensioni d’oro, una decisa riduzione delle liquidazioni milionarie dei politici, una riforma fiscale che diminuisca in quantità significativa le tasse sui pensionati e sui lavoratori, una legge quadro nazionale adeguatamente finanziata per il sostegno alle persone non autosufficienti, il potenziamento dei livelli nell’aerea della sanità e dell’assistenza, politiche più efficaci per il sostegno alla famiglia al fine di ottenere risultati concreti su questi obiettivi”.
Se il Governo continua a lavorare al tavolo di confronto coi sindacati sulla riforma delle pensioni, anche il neonato Dp guarda ai temi previdenziali con grande attenzione. La conferma è arrivata da Firenze, dove in consiglio comunale è nato il gruppo di “Articolo 1 – Movimento democratico e progressista”, il cui responsabile, Alessio Rossi, ha voluto spiegare che non verrà meno l’appoggio al Sindaco Nardella, ma ha anche evidenziato le priorità del movimento che valgono anche a livello nazionale “La crisi economica, la riforma delle pensioni, l’invecchiamento della popolazione, la denatalità e l’ondata migratoria impongono una riflessione profonda sul modello di stato sociale, sulle nuove priorità e nuove risposte. Questo sarà uno dei temi su cui ci impegneremo”, ha detto Rossi.
Di riforma delle pensioni ultimamente sembra essere interessante, per i protagonisti della politica italiana, quella relativa a deputati e senatori. Merito della proposta del Movimento 5 Stelle, che dovrà essere discussa questa settimana in ufficio di presidenza della Camera, che ha “costretto” gli altri partiti, in particolare il Pd, a dire la loro sul tema per non essere accusati di non voler far sì che esistano ancora dei “privilegi” dei parlamentari rispetto ai normali cittadini. Cesare Damiano, in una lettera al direttore di Repubblica, ha quindi spiegato che sui vitalizi in essere, come del resto gli stessi pentastellati riconoscono, non si può fare nulla. E per chi siede in Parlamento, vista la riforma del 2011, vige il sistema contributivo. Dunque se un cambiamento c’è da fare, questo riguardante l’età minima per accedere alla pensione, dato che per deputati e senatori è fissata a 60 anni, mentre per gli altri italiani la Legge Fornero prevede il raggiungimento di 66 anni e 7 mesi (salvo le opzioni pensionamento anticipato). Per l’ex ministro del Lavoro si potrebbe quindi introdurre un graduale allineamento di questi due parametri, insieme al meccanismo di adeguamento all’aspettativa di vita che vige per i normali cittadini. Damiano fa poi un’altra proposta: “Per le pensioni e i vitalizi cumulati che raggiungono una cifra superiore ai 90mila euro lordi annui, si potrebbe applicare il contributo di solidarietà del 6, 12 e 18% in vigore fino all’anno scorso per le pensioni più elevate dei lavoratori, utilizzando i risparmi per migliorare le pensioni più basse”. Il Presidente della commissione Lavoro della Camera fa presente che una proposta del Pd in materia è già in discussione a Montecitorio.
Sabato è stato un giorno importante per la riforma pensioni e per i lavoratori precoci, dato che a Bologna si è tenuta un’assemblea in cui si doveva discutere delle iniziative da adottare per cercare di ottenere una riforma delle pensioni che contempli Quota 41. Roberto Occhiodoro, sulla pagina Facebook “Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti”, ha però spiegato che non c’è stato modo di arrivare ad affrontare questo tema, perché si è voluto cercare di “chiarire definitivamente alcune diatribe sorte negli ultimi mesi all’interno del gruppo tra amministrazione e comitati”. Purtroppo, alla fine dell’incontro, vista la impossibilità di arrivare a un accordo che superasse le incomprensioni e gli atteggiamenti, si è deciso di comune accordo che i due gruppi, Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti e 41xTutti, seguano le proprie strade indipendentemente l’uno dall’altro perseguendo strategie diverse”.
Governo e sindacati torneranno a parlare ancora di riforma delle pensioni e non vengono esclusi interventi sulle platee dell’Ape social, visto che ancora i decreti attuativi non sono stati emessi. Tuttavia è difficile che vi si un ampliamento della Quota 41. Ne è cosciente qualcuno dei lavoratori precoci, che infatti sul gruppo Facebook “Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti” fa presente che il Governo ha già stanziati i fondi e dunque è praticamente impossibile pensare che si possa ottenere la possibilità di accedere alla pensione dopo 41 anni di contributi per un numero “cospicuo” di lavoratori. Ciò nonostante i precoci non rinunciano a portare avanti la loro battaglia per far sì che venga approvata Quota 41 per tutti.