La data del referendum sui voucher è stata fissata. Ora la discussione attorno al futuro dei “buoni lavoro” deve uscire dall’incertezza e prendere la via delle definitive soluzioni. Da molto tempo la Cisl ha chiesto al Governo e al ministro del Lavoro di intervenire per frenare l’abuso di uno strumento creato con giuste intenzioni, ma poi, come spesso accade nel Paese, utilizzato male. La Cisl è stata tra i primi soggetti a denunciare già nel 2015 un aumento esponenziale dell’acquisto di voucher da parte delle imprese e del suo utilizzo in quei settori economico-produttivi che nulla devono avere a che fare con i voucher stessi e nei quali la flessibilità del lavoro è già garantita da altre tipologie contrattuali.
È inutile oggi ricordare che ci si poteva pensare prima. Se è vero che sono state le norme introdotte da governi precedenti a far galoppare i voucher, forse il governo Renzi poteva far qualcosa in più rispetto alla tracciabilità preventiva introdotta lo scorso anno. Ora occorre agire. Ancora la scorsa settimana, nell’incontro con le organizzazione sindacali, il ministro Poletti ha reso conto degli interventi di profonda correzione all’esame del Parlamento, ma non ha ancora pronunciato una parola definitiva da parte del Governo.
Per la Cisl è tempo di riportare i voucher alla natura per cui sono stati introdotti, nel solco tracciato da Marco Biagi, non di abolirli. I lavori occasionali offerti dalle famiglie sono un mercato che senza i voucher sarebbe totalmente votato al nero. Così come in alcune particolari stagionalità e solo per studenti e pensionati i voucher sono una risposta a un lavoro che non è contrattualizzabile. Limitare i tetti di utilizzo per le singole persone e per i committenti, come il testo di modifica in elaborazione in Parlamento prevederebbe, va nella direzione del buon senso e del mantenere attorno al lavoro una discussione che non diventa ideologica e rimane con i piedi per terra.
Non dimentichiamolo: possiamo pensare tutto il male possibile di chi utilizza voucher per gestire collaborazioni, ma oggi questi costituiscono e riguardano solo lo 0,23% del mercato del lavoro italiano e il lavoro occasionale è un’esigenza e realtà presente in alcuni settori economici che dobbiamo saper meglio regolare.
Il lavoro non è una merce; questo è sempre stato un riferimento per la Cisl, che con il congresso vuole rilanciare una riflessione e un progetto “per la persona e per il lavoro”. Ma il lavoro non deve essere burocratico e complicato, deve essere tradotto in regole contrattuali nelle quali tutela per il lavoratore e semplicità per l’impresa sappiano coniugarsi, altrimenti il lavoro nero (di cui troppo poco ci impegniamo in questo Paese nel contrasto) non farà altro che dilagare. Quindi crediamo che la definitiva fissazione della data del referendum non debba servire a bloccare il Paese e la discussione tra parti sociali e governo per i prossimi mesi. Guai a noi.
Il mercato del lavoro langue e deve trovare nuove risposte celeri e incisive a partire dalla occupazione giovanile che non decolla, dall’attuazione delle politiche attive troppo spesso annunciate, dal contrasto all’abuso dei tirocini, altro strumento utile ma spesso abusato. Il Governo affronti con coraggio una decisa limitazione nell’uso dei voucher e riporti in avanti la discussione sul lavoro concentrandosi sul tanto da fare.
La Cisl, come già dimostrato in questi mesi, continuerà con determinazione e forza a raccogliere le sfide per un lavoro di qualità e per un vero cambiamento: alternanza scuola-lavoro, apprendistato duale, politiche attive sono riforme oggi presenti che in questo Paese devono vedere la mobilitazione positiva e cooperativa tra imprese, sindacati e istituzioni.