Mentre alla Camera il ddl lavoro diventa legge dopo il consenso già ottenuto in Senato (393 sì, 74 no e 46 astenuti), lo studio di Bankitalia “Economie Regionali” mostra che “le opportunità di lavoro per le fasce di età più giovani continuano a deteriorarsi in tutte le regioni” e che “nel Mezzogiorno il tasso di disoccupazione delle persone con meno di 30 anni è oltre il doppio di quello complessivo”. Dati che evidenziano ancora una volta la gravità della crisi occupazionale che il nostro Paese sta vivendo e che, tra dubbi, speranze e scetticismo, questa riforma appena approvata dovrebbe nel tempo risolvere o quanto meno tamponare. Secondo le rilevazioni di Bankitalia, la crescita dell’occupazione in Italia è stata “più debole al Centro e nel Mezzogiorno rispetto al Nord, dove è cresciuta in particolare nel Nord Est”. Il Sud è stato invece “caratterizzato da un andamento particolarmente sfavorevole dei consumi, in presenza di una più debole dinamica dell’occupazione e delle retribuzioni”. Commentiamo questi dati con Luca Solari, Docente di organizzazione aziendale all’Università degli Studi di Milano, secondo cui «senza dubbio quanto evidenziato da Bankitalia rappresenta un ulteriore segnale del vero problema del nostro Paese, vale a dire l’incapacità di creare nuovo sviluppo economico. Si illude chi ritiene che la disoccupazione dipenda solamente dai sistemi di regolazione del mercato del lavoro, perché se il nostro Pil procapite si è progressivamente allontanato dalla media di quello dei paesi dell’Ocse è ovvio che questo poi si traduca in un’incapacità di creare valore che possa favorire occupazione». Il vero dramma, continua a spiegarci «è che in questo contesto si dibatte continuamente sulle modifiche dei rapporti di lavoro e non su come è possibile invece creare nuovo lavoro. Se la torta non si allarga e se si continua a discutere su come dividere le fette, non è vero che alla fine tutti quanti mangiano di più».
Il ddl lavoro è diventato legge, eppure Luca Solari esprime nuovamente il proprio scetticismo nei confronti della riforma, a cui attribuisce «in questo momento più che altro una valenza simbolica che evita di arrivare alla radice del problema, per esempio l’intollerabilità del divario tra insider e outsider. E’ la solita storia che si ripete: si dichiara sulla carta un obiettivo, poi nella realtà si fa tutt’altro». Proprio nel giorno dell’approvazione della riforma che porta il suo nome, il ministro Fornero si è reso protagonista di una “gaffe” che ha recentemente scatenato una vera e propria bufera. Nel corso di una intervista rilasciata al Wall Street Journal avrebbe infatti dichiarato che “il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso il sacrificio”. Parole immediatamente rettificate dal ministero che in una nota ha spiegato che “il diritto al lavoro non è mai stato messo in discussione come non potrebbe essere mai visto quanto affermato dalla nostra Costituzione. Nell’intervista odierna al quotidiano statunitense il ministro ha fatto riferimento alla tutela del lavoratore nel mercato e non a quella del singolo posto di lavoro, come sempre sottolineato in ogni circostanza”.
Il dubbio però rimane, anche vista la chiarezza delle parole del ministro (“Stiamo cercando di proteggere le persone, non i loro posti”) che il professor Solari definisce come conseguenza diretta «della confusione presente nella riforma stessa. Non ci si può aspettare che chi produce normative confuse abbia poi chiarezza di pensiero. Quello della Fornero sarà stato anche un lapsus, ma certamente evidenzia una situazione di particolare difficoltà. Il vero problema è che si sta scambiando quella che è una transizione in cui è necessario mettere finalmente in discussione una serie di aspetti valoriali e culturali su cui questo Paese si è retto per diversi anni con il problema di fare solamente un po’ di ordine attraverso semplice attività legislativa. Quello che si sta costruendo probabilmente si renderà utile nei confronti dei nostri interlocutori finanziari internazionali, ma non disegna assolutamente una struttura del Paese e non scioglie in alcun modo i nodi presenti».
(Claudio Perlini)