Sembrava una “sparata” di Dagospia, ma nell’arco di poche ore è diventata una notizia: Raffaele Bonanni presenterà oggi le proprie dimissioni da Segretario generale della Cisl. Un fulmine a ciel sereno che solleva più di un interrogativo. E si spera che una qualche risposta possa arrivare dalla riunione della segreteria confederale con i responsabili delle categorie e delle strutture regionali convocata per oggi.
Non dimentichiamo che il sindacalista abruzzese ha guidato la Cisl in un periodo non proprio semplice per il mondo del lavoro italiano. Prendendo decisioni talvolta coraggiose, a costo di minare l’unità sindacale, e forse le certezze interne al suo stesso sindacato. Importante è stato l’appoggio che ha dato al progetto (ancora non definitivamente compiuto) di mantenere un’importante quota di produzione di automobili in Italia. Così come l’ambizione di poter arrivare a un sistema di partecipazione dei lavoratori al capitale (e alle decisioni) di una grande azienda, proprio come avviene in altri paesi occidentali. O il supporto dato per portare in porto la privatizzazione di Alitalia (dagli esiti poi disastrosi) e il suo matrimonio con Etihad.
Ancor più coraggiosa, forse, l’iniziativa presa all’interno stesso della Cisl per razionalizzare, tagliare gli sprechi, snellire le strutture ed evitare di diventare un “carrozzone” finanziato coi soldi degli iscritti, lavoratori o pensionati che siano. Certo, qualcuno non dimentica la lotta alla precarietà trasformatasi in una battaglia per rendere più costosi i contratti flessibili: quasi un autogol in un periodo in cui l’occupazione continua a scendere. Tutto sommato, però, Bonanni sembrava riuscire a guidare bene e in una direzione di rinnovamento la Cisl. Perché allora abbandonarne il timone?
Fortemente collegata a questa domanda ve n’è un’altra: perché lasciare proprio ora? Siamo infatti nel pieno di uno “scontro” Governo-sindacati e nel turbine di un dibattito riguardante l’articolo 18, considerato un vero e proprio “totem” per le organizzazioni sindacali. In merito, Bonanni nei giorni scorsi aveva fatto capire di non gradire né l’atteggiamento di Renzi, poco propenso al confronto e alla concertazione, né il tanto discusso emendamento al Jobs Act presentato dall’esecutivo che sta dividendo lo stesso Pd. Che sia proprio questo contesto ad averlo portato a lasciare la segreteria con largo anticipo rispetto alla scadenza del suo mandato?
Qualche sospetto potrebbe esserci, se consideriamo l’apertura arrivata dalla Uil di Angeletti (altro leader sindacale che lascerà presto l’incarico) alla modifica dell’articolo 18 e la posizione invece rigida della Cgil targata Camusso. Bonanni avrebbe seguito una strada diversa da quella dell’altro sindacato “riformista” con cui ha invece condiviso le battaglie negli stabilimenti Fiat di Pomigliano d’Arco e Mirafiori? Avrebbe dato ragione o torto alla minoranza del Pd pronta a battagliare con il proprio leader? Forse Bonanni ha scelto deliberatamente di lasciare ad altri questa scelta, magari perché non certo di avere l’appoggio di tutta la Cisl.
C’è infine un’ultima domanda, non meno importante. Cosa accadrà ora al sindacato di via Po? Sembra che il nuovo leader sarà Anna Maria Furlan, già Segretario generale aggiunto. Dopo la Cgil, anche la Cisl sembra quindi pronta a una “svolta rosa”. Per lei il “rodaggio” sarà molto breve. Il primo test è già pronto: il Jobs Act e la richiesta di scendere in piazza fatta da Susanna Camusso. Capiremo quindi molto presto quale sarà il nuovo volto della Cisl.