QUOTA 41, L’OTTIMISMO DEI PRECOCI DOPO IL VOTO
C’è prudenza, ma anche un po’ di ottimismo, tra i lavoratori precoci dopo il risultato delle elezioni politiche. Pensionipertutti.it ha infatti intervistato due amministratori del gruppo Facebook Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti. Maurizio D’Onofrio ha infatti detto che sia il Movimento 5 Stelle che il centrodestra, che hanno preso più voti, “hanno nel loro programma una riforma previdenziale molto simile e pertanto sono fiducioso, entrambi gli schieramenti vogliono il 41 x tutti e quota 100, identica cosa è per opzione donna che intendono rendere strutturale”. Roberto Occhiodoro, nell’incertezza derivante dal risultato del voto, può dire però con una certa sicurezza “che la strada probabilmente sarà più in discesa per i 41isti, per una flessibilità maggiore, per le donne e per gli ultimi esodati”.
LA RACCOLTA FIRME UILA SULL’APE SOCIAL
L’Unione italiana dei lavori agroalimentari porta avanti la raccolta firme per presentare al nuovo Parlamento due proposte di legge di iniziativa popolare in materia di pensioni e welfare e per il sostegno dell’occupazione femminile. Umbriadomani.it ricorda che nel prossimo fine settimana verranno allestiti dei banchetti a Ellera di Corciano, a Perugia e Foligno per far sì che i cittadini possano contribuire a far raggiungere la quota di 50.000 adesioni necessaria alla presentazione delle proposte. Per quanto concerne quella riguardante le pensioni, l’obiettivo è quello di rendere strutturale l’Ape social, con la sua contemporanea estensione a tutti coloro che hanno perso involontariamente il lavoro. Inoltre, si chiede la modifica della Naspi, in modo che venga eliminato il tetto ai contributi figurativi pensionistici.
I NUMERI SULLE PENALIZZAZIONI DELLE DONNE
Alla vigilia della festa della donna, l’osservatorio statistico dei consulenti del lavoro ha presentato la ricerca “Condizione occupazionale delle donne con figli”, dalla quale emerge che nonostante le donne beneficino di più pensioni degli uomini, solo il 36,5% di loro ha una pensione di vecchiaia, ovvero frutto dei versamenti contributivi. “Secondo la ricerca, la bassa partecipazione delle donne, e in particolare delle madri, al mercato del lavoro produce forti conseguenze anche sul piano pensionistico”, si legge nella sintesi di Adnkronos. La ricerca evidenzia però anche delle differenze territoriali, in quanto al Sud le pensioni delle donne si avvicinano a quelle degli uomini. “La ragione è riconducibile a una maggiore diffusione nel Sud Italia dell’occupazione femminile nel settore pubblico. Infatti, le poche donne meridionali che raggiungono i requisiti per la pensione di vecchiaia provengono dal mondo della scuola e della sanità, gli unici settori in grado di garantire carriere continue per le donne di queste regioni”.
UE CONTRO INTERVENTI SULLE PENSIONI
La Commissione europea torna a bacchettare l’Italia per il suo debito pubblico e nel rapporto sugli squilibri viene segnalato come nel breve termine non ci siano di fatto rischio di finanziamento, che però aumentano nel medio termine restano alti per via dell’alto deficit che non consente di ridurre in maniera rapida il debito pubblico. Inoltre, secondo Bruxelles, la sostenibilità dei conti pubblici nel lungo termine si sta deteriorando a causa dei recenti provvedimenti sulle pensioni e dell’andamento demografico. “La sostenibilità di lungo termine assicurata dalle riforme delle pensioni fatte si sta lentamente deteriorando”, è l’allarme lanciato dal rapporto, secondo cui la spesa per le pensioni in rapporto al Pil continua a crescere. E gli interventi degli ultimi due anni sulle pensioni hanno fatto aumentare la spesa a medio termine. Questo significa che “una sostanziale marcia indietro sull’attuazione delle riforme delle pensioni in particolare relativamente all’aggiustamento dell’età di pensionamento, potrebbero peggiorare ulteriormente i rischi di sostenibilità dell’Italia nel lungo termine”.
CONFINDUSTRIA FRENA INTERVENTI SULLA FORNERO
Andrea Montanino, capo economista di Confindustria, è stato intervistato dall’Huffington Post e ha dichiarato che “chiunque governerà dovrà tenere conto di due elementi. Il primo è che non siamo più in emergenza, come nel 2011, ma in una fase di ripresa che va accompagnata. Il secondo è che c’è una finanza pubblica che ha retto e bisogna continuare a farla reggere dato che ogni anno il Tesoro deve rifinanziare circa 400 miliardi di debito ogni anno. E dato che questo debito viene comprato in larga parte da investitori istituzionali, questi vanno rassicurati. Chiunque governerà dovrà quindi accompagnare la crescita e assicurare sul fatto che il nostro debito verrà rifinanziato continuamente”. Dal suo punto di vista, quindi, non si può pensare a un intervento drastico sulle pensioni, perché “il nostro sistema vede uno squilibrio tra le entrate contributive e le uscite: le prime sono meno delle seconde e tutte le riforme dal ’95 in poi, compresa la Fornero, hanno cercato di contenere questo squilibrio”.
I CONTI CHE “FRENANO” GLI INTERVENTI SULLE PENSIONI
Cosa accadrà dopo le elezioni politiche del 4 marzo? Secondo quanto scrive Italia Oggi, ci sono dei dati da cui non si può prescindere riguardanti il bilancio pubblico, che fanno anche ritenere impossibile un intervento sulla Legge Fornero. “Il sistema previdenziale già così è in fortissimo squilibrio. Nel 2017 sono stati versati dai lavoratori 220 miliardi di contributi previdenziali, ma l’Inps ha pagato 411 miliardi tra pensioni e politiche assistenziali, i miliardi che mancano sono stati immessi nel sistema previdenziale prelevandoli dalle imposte pagate dagli italiani. E le proiezioni demografiche disegnano uno scenario ancora più cupo. Oggi per ogni pensionato ci sono due lavoratori. Nel 2040 il rapporto sarà invertito: un lavoratore per ogni due pensionati”, si legge in un articolo di Marino Longoni. Che quindi aggiunge: “Altro che pensioni minime a mille euro, abrogazione della legge Fornero o reddito di cittadinanza”.
LE INCERTEZZE SULLA LEGGE FORNERO
Ci vorranno giorni prima che si possa realmente capire se c’è la possibilità di avere in Italia un Governo stabile dopo le elezioni del 4 marzo. Ne è cosciente anche Moody’s, che ha però mandato un segnale chiaro: “La politica fiscale ed economica del futuro governo, più della sua composizione, sarà la chiave per il futuro del merito di credito italiano”. E in questo senso l’agenzia rating promette di prestare attenzione “a ogni tentativo di cancellare le riforme strutturali in tema di previdenza”. Se sarà Matteo Salvini a ricevere l’incarico dal Presidente Mattarella, Moody’s dovrà probabilmente attivare i suoi “radar”, in quanto il leader della Lega ha sempre ieri chiarito che è aperto al confronto con altre forze politiche, ma non per un accordo partitico, bensì programmatico. Chi condivide “il nostro programma, fondato sul lavoro, non sull’assistenza, può darci una mano: via la legge Fornero, gli studi di settore, il controllo dei confini, la legittima difesa e la riforma della scuola”, ha spiegato Salvini.
Certo quella di Moody’s non è stata l’unica voce a sostegno della riforma delle pensioni del 2011. Prima del voto l’ha difesa anche Vincenzo Boccia, che pare però ritenere che il Movimento 5 Stelle non sia un pericolo, in quanto è “un partito democratico, non fa paura”. Tuttavia anche i pentastellati nel loro programma prevedono il superamento della Legge Fornero. Il Presidente di Confindustria se l’è dimenticato o ritiene invece che M5S non andrebbe fino in fondo su questo punto privilegiando altro? O ancora: crede che in ogni caso non andrebbe al Governo o quanto meno non senza un’altra forza politica in grado di garantire una “difesa” della Legge Fornero?
LE PRIORITÀ PER IL NUOVO GOVERNO
Per il Segretario generale della Fnp-Cisl dell’Emilia centrale, Adelmo Lasagni, il Governo che uscirà dalle urne dovrà concentrare la sua azione su “pensioni, welfare e lotta all’evasione fiscale”, con l’intenzione anche di confrontarsi con i sindacati. “Anche per questo siamo riusciti a cambiare la Legge Fornero, dando risposte concrete ai pensionati e ai lavoratori, ma occorrono ancora interventi per evitare lo scontro fra generazioni”, spiega il sindacalista secondo quanto riporta redacon.it. Lasagni chiarisce anche che “ora gli aspetti principali della riforma che chiediamo riguardano la separazione tra previdenza e assistenza, quindi la rivalutazione delle pensioni in linea con i tre pilastri voluti dalla riforma Dini”, senza dimenticare che “troppi pensionati sono ancora lasciati soli e senza alcun tipo d’assistenza”.