I giovani e il lavoro: sappiamo bene quanti di essi sono senza. Ne parliamo tutti i mesi ormai, ogni volta che l’Istat diffonde le sue rilevazioni periodiche. Parliamo poco del loro futuro previdenziale, di cosa li aspetta domani… naturalmente per chi di loro lavora, visto che 1 su 4 al momento ci ha rinunciato. Non ci curiamo mai tuttavia di fare in modo che coloro che ci provano e si spendono in questa non facile situazione economica, capiscano come fare saperne di più circa il loro avvenire previdenziale: cosa li aspetta e a che punto sono nella costruzione della loro pensione. “Abbiamo il dovere di informare i giovani. E’ un dovere che riguarda le Istituzioni, come l’Inps, ma anche il Governo e i media. Bisogna far conoscere ai giovani il nuovo sistema previdenziale – dice in esclusiva a IlSussidiario.net Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps -. L’Istituto sta organizzando anche incontri nelle università per assicurare più informazione. Solo imparando il nuovo sistema contributivo, i ragazzi potranno ovviare alle difficoltà del futuro. Il mondo della previdenza è cambiato, e deve cambiare anche l’approccio di tutti”.
Cosa fa l’INPS e cosa può fare per facilitare i giovani nella comprensione del loro avvenire previdenziale?
L’Inps si sta già muovendo su questo piano. Entro l’anno, ad esempio, saremo in grado di mettere a disposizione di tutti i lavoratori la possibilità di sviluppare simulazioni del calcolo della pensione, partendo dalla propria situazione. Il mondo della previdenza è cambiato: la pensione non è più calcolata sul valore delle ultime retribuzioni, ma è data da quanto si è versato nell’intera vita lavorativa. Il settanta per centro dei giovani, ad esempio, non è al corrente che si può riscattare la laurea, oppure non sa che si può controllare il conto previdenziale così come si fa con il conto corrente.
E poi?
Da parte dell’Istituto vi è poi anche una ricerca verso nuove forme di comunicazione che avvicinino la parola “previdenza” a linguaggi e pensieri giovanili, ed è in questo senso che va letta la realizzazione su facebook di alcune fanpage tematiche, dedicate al riscatto della laurea e all’utilizzo dei buoni lavoro, e presto anche per l’educazione previdenziale.
Cosa prevede a livello di previdenza per le nuove generazioni?
La riforma delle pensioni compiuta dal Governo Monti, e dal ministro Fornero in particolare, ha concluso un lungo periodo di cambiamenti che hanno avuto anche l’obiettivo di non far più gravare sulle generazioni future il peso di una previdenza che nel passato è stata un po’ troppo generosa, con il sistema retributivo. Per i giovani, e da oggi per tutti, la pensione sarà il frutto dei versamenti contributivi durante il periodo di vita lavorativa: è il cosiddetto metodo contributivo. Per i giovani il nemico numero uno sarà sempre più il lavoro nero. Chi lavora in nero non ha contributi, quindi non avrà pensione.
Quali altri nemici nella critica situazione giovanile?
L’altro nemico per i giovani è l’ignoranza: il sistema previdenziale deve essere conosciuto, per poter essere utilizzato al meglio. I giovani utilizzeranno un sistema (contributivo) che pochi gli hanno spiegato. Spesso molti preferiscono spaventare i giovani e non informarli: il sistema previdenziale messo in sicurezza è una garanzia per i giovani, per poter avere la certezza della pensione. Sull’entità della prestazione influiscono molte variabili: la retribuzione, la continuità contributiva, ma anche il Pil del Paese e l’aspettativa di vita. Più tardi si smette di lavorare più alta sarà la pensione. I giovani hanno il dovere e il diritto di essere adeguatamente informati.
Dopo la fusione con INPDAP, la gestione del sistema previdenziale sarà più agile?
L’operazione di fusione persegue sia l’obiettivo di migliorare l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa nel settore previdenziale ed assistenziale, in considerazione del processo di convergenza e di armonizzazione del sistema pensionistico, sia di realizzare una riduzione dei costi di funzionamento. Un unico ente per la gestione della previdenza obbligatoria consentirà una razionalizzazione organizzativa che renderà tutti i lavoratori – a prescindere dal settore di lavoro in cui hanno operato – uguali di fronte al sistema previdenziale. L’efficienza raggiunta in questi anni dall’Inps dovrà essere trasferita agli enti incorporati. L’accorpamento degli Enti comporta peraltro importanti modifiche all’assetto territoriale dell’Istituto, nella dotazione organica del personale, nel tipo di servizi resi alla collettività e nelle risorse finanziarie gestite.
Quali sono i risparmi dovuti alla fusione tra INPS e INPDAP?
L’accorpamento deve consentire la realizzazione di una riduzione dei costi complessivi di funzionamento non inferiore a 20 milioni di euro nel 2012, 50 milioni di euro per l’anno 2013 e 100 milioni di euro a decorrere dal 2014. Tali riduzioni si sommano a quelle già disposte dalla legge 183/2011, la quale prevedeva, per il complesso di Inps, Inpdap ed Inail, una riduzione delle spese di finanziamento per 60 milioni di euro per l’anno 2012, 10 milioni di euro per l’anno 2013 e 16,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2014.
Come mai i tempi per questa fusione si stanno rivelando cosi lunghi? Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate in questo processo?
Il bilancio dell’Inpdap non è stato approvato prima della soppressione dell’ente e il Ministero del Lavoro ha dovuto nominare un commissario ad acta, per adempiere a questo atto, che è stato compiuto nei primi giorni di agosto. Da quella data decorrono i sessanta giorni previsti perché il Ministero del Lavoro provveda a redigere i decreti attuativi per la incorporazione in Inps degli enti disciolti. Speriamo che il tutto proceda nei tempi previsti. Ogni giorno perso è un risparmio più difficile. L’ Inps è stato puntuale, speriamo che tutti gli altri attori riescano a fare lo stesso.
Rispetto alla situazione degli esodati e ai rimedi pensati dal governo, l’INPS avrà un ruolo attivo nella gestione di questo caso? In che modo, concretamente, l’esodato sarà recuperato?
Il ruolo dell’Inps è da sempre di servizio ai cittadini e alle istituzioni. Proprio nei giorni scorsi l’Istituto ha dato avvio al piano operativo di informazione sul territorio per la verifica del diritto a pensione a favore dei lavoratori cosiddetti “salvaguardati”. Stiamo parlando di lavoratori che saranno in condizione di fare la domanda di pensione solo dopo il primo gennaio 2013. In presenza di appositi requisiti – definiti dalla legge e dal decreto ministeriale – potranno essere ammessi ai trattamenti di pensione sulla base dei criteri di accesso previsti dalla precedente normativa. Il piano delle attività coinvolgerà sia le strutture centrali sia quelle territoriali dell’Istituto e si concluderà, entro la fine del prossimo mese di settembre, con la verifica nei confronti dei lavoratori salvaguardati del diritto a pensione secondo le previgenti regole. Nella prima fase del processo sarà inviata ai potenziali beneficiari una comunicazione, con la quale si invitano gli interessati a prendere visione del proprio estratto contributivo e a prenotare un appuntamento presso la struttura Inps competente per territorio nel caso vengano riscontrate carenze o inesattezze ed, inoltre, a dotarsi di PIN dispositivo per la presentazione a tempo debito della domanda di prestazione.
Come mai l’Italia spende cosi tanto rispetto agli altri paesi europei? Non è possibile pensare un sistema dove il pilastro delle pensioni private possa raggiungere tassi di penetrazione superiori a quelli odierni come richiede anche l’UE?
I sistemi previdenziali europei sono finanziati sia attraverso il versamento di contributi da parte di lavoratori e datori di lavoro, sia attraverso il pagamento delle imposte. Le pensioni rappresentano una parte assai ampia e in aumento della spesa pubblica: in media, attualmente, oltre il 10% del PIL e probabilmente il 12,5% nel 2060, nell’UE in generale. Ma con una spesa per le pensioni pubbliche compresa oggi tra il 6% del PIL in Irlanda e il 15% in Italia. Bisogna tuttavia sempre ricordare che la percentuale italiana comprende anche parte dell’assistenza, il Tfr e quindi non solo quello della previdenza. Noi siamo un Paese che spende molto nella previdenza pubblica obbligatoria, ma ancora troppo poco in quella integrativa privata. In Europa il 91% dei lavoratori paga per ottenere una pensione integrativa; in Italia solo il 23%. Imposte, incentivi finanziari, ma anche contrattazioni collettive hanno un ruolo importante in tale contesto. Si tratta di strumenti usati in vari modi in tutta l’Unione Europea, vanno sicuramente incentivati e incoraggiati nel nostro Paese.
Quali sono le doverose manutenzioni alla Riforma Fornero a cui ha alluso al Meeting di Rimini?
Non esistono riforme “eterne”. Anche la riforma delle pensioni ha bisogno di manutenzioni che il tempo, gli eventuali mutamenti socio-economici potranno determinare. Il “caso esodati” indica un primo tema di una necessaria manutenzione, cui peraltro Governo e Parlamento hanno già messo mano, salvaguardando per ora 120mila lavoratori. A Rimini ho tenuto a ribadire che non mi sembra opportuno riformare la riforma – non sarebbe una bella prova di fronte all’Europa e agli italiani ai quali si sono chiesti importanti sacrifici – ma che occorre essere pronti a modificare ciò che richiede aggiustamenti.
(Giuseppe Sabella, Andrea Giuricin)