Zeman sì, Zeman no. L’allenatore della Roma divide critica e tifosi. Sono passati tredici anni dalla sua ultima stagione sulla panchina giallorossa (1998-99) eppure nulla sembra cambiato. Almeno a giudicare dall’ultima partita, persa clamorosamente contro il Bologna. All’Olimpico abbiamo rivisto svarioni antichi in interpreti nuovi: a pagare per tutti è stato il povero Ivan Piris, già nell’occhio della critica dopo le prime presenze ufficiali. Il paraguaiano è stato sostituito dopo un paio di incertezze che hanno contribuito ad incassare i gol di Gilardino e Diamanti. Ma sotto inchiesta è finito l’intero reparto arretrato, imbambolato per buona parte del secondo tempo. Sulla fase difensiva di Zeman si è detto tutto e il contrario di tutto: per vederci meglio ilsussidiario.net ha intervistato in esclusiva Filippo Dal Moro, ex terzino della prima Roma del boemo, quella targata 1997-1998. Dal Moro ci ha parlato dell’approccio di Zeman alla gestione dei difensori e della sua personale esperienza col tecnico di Praga. Ecco le sue impressioni:
Dal Moro, cosa chiede Zeman ai suoi terzini? Lui chiede di spingersi molto in avanti, per questo qualche volta ti trovi fuori posizione in difesa, perchè fai fatica a rientrare. E’ chiaro che bisogna essere sempre al top della condizione per giocare bene in quel ruolo con Zeman.
Non è un lavoro un pò troppo dispendioso per un terzino? Sicuramente bisogna essere particolarmente preparati per giocare così. Quando giocavo io c’erano Cafu e Candela che facevano benissimo il lavoro richiesto. E’ chiaro che dipende anche dagli interpreti: loro erano di livello mondiale, io personalmente facevo fatica, evidentemente non ero a adatto a quel tipo di gioco.
Con un gioco del genere si può puntare allo scudetto, o ai primi tre posti? Io credo di sì. La sconfitta col Bologna mi è sembrata più un caso, se il primo tempo finiva tre o quattro a zero non c’era niente da dire. Nel secondo c’è stato sì un calo fisico, ma anche e soprattutto mentale, di testa: pensavano di aver già vinto e hanno mollato.
Che idea si è fatto di Ivan Piris, che sembra già il capro espiatorio? Non si può giudicare un giocatore dopo due partite. La Roma ha già preso diversi gol, ed è normale che siano i difensori a finire sul banco degli imputati. In questo contesto è più facile dimenticare un attaccante che sbaglia un gol. Guardando le ultime partite non credo che il problema della difesa della Roma sia Piris.
Quale può essere allora?
E’ un problema di squadra. Anche domenica sono andati tutti in difficoltà, nel secondo tempo erano un pò contratti dopo una prima frazione a cento allora. Ripeto, credo sia stato più un problema mentale, non ne farei ancora una questione di singoli.
Può riportare qualche aneddoto su Zeman? Come si poneva con voi giocatori? Più che episodi particolari posso dire che con Zeman, quando vai in campo sai quello che devi fare. E’ molto deciso in quello che vuole fare: provavamo tutta la settimana determinate azioni, e andavamo in campo sapendo bene il nostro compito. Diciamo che devi comportarti come dice lui, è meglio.
A livello umano invece? E’ una persona squisita, posso confermare che è diverso dal burbero che si vede da fuori.
Zeman è tipo da discorsi-spogliatoio prima delle partite? No, durante la settimana preparava le partite in modo da doverci dare solo qualche direttiva il giorno della gara. Io arrivavo la domenica e sapevo cosa dovevo fare.
(Carlo Necchi)