E’ guerra tra gli operatori di molti asili nido e il Comune di Roma. Si pensa che almeno 500 famiglie rischiano di rimanere senza assistenza, mentre gli operatori del Pesciolini, nido situato nell’XI municipio, sono senza stipendio da settembre del 2011. Ma non è l’unico: nel V Municipio rischiano di rimanere senza lavoro circa 60 operatrici di altri due asili. Una situazione di emergenza che è sfociata nei primi blocchi del servizio, con uno sciopero lo scorso 4 gennaio. Si chiede al Comune di Roma di intervenire con i pagamenti, ma il Comune, nelle parole dell’Assessore alla Scuola, rifiuta ogni responsabilità. Sarebbero piuttosto le aziende che gestiscono i nidi ad essere in ritardo con la presentazione dei documenti necessari per far valere i pagamenti. Caos dunque in cui ci vanno di mezzo bambini e famiglie. IlSussidiario.net ha chiesto un parere a Paola Liberace, giornalista, impegnata nel marketing Broadband di Telecom Italia e autrice di un libro dai toni polemici intitolato “Contro gli asili nido”. “La situazione è tale” ci ha detto “che rischia di degenerare sempre di più con la crisi dell’attuale sistema di welfare. La soluzione non è recriminare, ma lavorare verso una politica diversa che pensi a tenere unita la famiglia invece di dividerla e affidare i suoi piccolo ad enti assistenziali”.
Che parere si è fatta dell’attuale crisi degli asili nido di Roma?
Da quello che si capisce, si è creato un contenzioso le cui motivazioni sono le stesse in cui credo si trovino oggi la stragrande maggioranza dei fornitori di clienti pubblici. Nel senso di trovarsi alle prese con pagamenti che vengono dilazionati.
Non è dunque un problema specifico degli asili nido?
Non direi, probabilmente lo è nella misura in cui l’asilo nido è un servizio peculiare che richiede poi una serie di adempimenti precisi dal punto di vista anche delle fatturazioni. Credo infatti di aver capito che la linea difensiva del Comune di Roma sia quella di precisare che ci sono stati adempimenti mancati che hanno impedito a loro volta che ci fossero pagamenti regolari.
E qual è la situazione invece che lei prercepisce come più realistica?
Dal mio punto di vista tutta questa indignazione non fa che confermare una prospettiva che ormai va consolidandosi sugli asili nido che li vede come servizi pubblici irrinunciabili cosa che invece non necessariamente sono.
Cosa sono invece?
Lo diventano solo se li definiamo come tali nel senso che l’asilo nido non fa parte della scuola dell’obbligo. Li abbiamo definiti come servizi pubblici senza sforzarci di che altro avremmo potuto invece fare per risolvere il problema della conciliazione tra famiglia e lavoro, e specifico quella relativa alla prima infanzia,. A mio parere di problemi come questo che si sta verificando a Roma se ne verificheranno ancora e sempre di più. Non è la prima volta infatti e già l’anno scorso si era verificata una situazione analoga.
Cosa suggerisce allora lei per affrontare la questione?
Dal momento in cui le finanze pubbliche non riescono più a sostenere un welfare di questo tipo, meno che mai le finanze pubbliche italiane, va pensato un nuovo approccio complessivo. In Italia dovremmo fare i conti con una situazione di welfare sempre più difficile da mantenere ai livelli attuali. Non so quale sia la situazione a livello europeo, si dice sempre che a livello europeo gli asili nido siano più diffusi, ma si omette di dire che sono anche più diffuse le altre misure di conciliazione tra famiglia e lavoro. Specialmente quelle che riguardano gli orari flessibili di lavoro.
Un welfare all’esaurimento dunque.
Già, anche perché si spende decisamente di più a livello di welfare previdenziale che per quello assistenziale e quindi ci troviamo sempre di fronte a soldi che vengono dirottati verso sanità e pensioni invece che verso questo tipo di servizi.
La via d’uscita secondo lei?
La via d’uscita da questa direzione non credo sia quella di recriminare o di fare come sta succedendo adesso a Roma puntando il dito contro un comune inadempiente o l’ente pubblico; la situazione ritengo sia quella di guardare a misure realmente alternative. Quando si parla di asili nido il punto è che siamo di fronte a una alternativa: famiglia o lavoro. Tra le due quello che viene delegata è sempre la famiglia, questo è stato assunto come dato inevitabile.
Invece?
Non si è mai pensato ad esempio a un piano serio di orari dei tempi, a Roma potrebbe essere un fronte su cui lavorare. Roma ha in questo senso un problema macroscopico, ma non è l’unica ad averlo, parlo di trasferimenti da e verso i luoghi di lavoro, cosa che potrebbe essere egregiamente affrontata con un piano a tappeto di de localizzazione del lavoro là dove sia possibile. Questo potrebbe aiutare significativamente le madri alle prese con i primi anni di vita dei figli.
Dunque meno assistenzialismo e più sostegno alla famiglia?
Di questo si tratta, di neonati, non si tratta di bambini, non stiamo parlando di educazione, non stiamo parlando di servizio educativo cosa che si dimentica sempre quando si parla di asili. Stiamo parlando di neonati, che sono bambini che per la legge italiana già a tre mesi possono essere affidati a questi servizi. Molti studi hanno dimostrato che il nido è un sostituto di un ruolo materno che comunque sarebbe meglio che ci fosse. Visto che abbiamo questi problemi con i nido, problemi connaturati alla congiuntura economica in cui ci troviamo a vivere, sarebbe cosa buona e giusta cominciare ad alzare lo sguardo e lavorare sulla sensibilità del lavoro, sui tempi delle città. A Roma è qualcosa che si deve fare per evitare un giorno di trovarci – come succederà puntualmente fra poco – a recriminare su quello che abbiamo definito servizio pubblico universale ma che in realtà non lo. L’asilo è non è un dritto dell’uomo, il nido è un servizio che è bene se c’è entro certi limiti, cioè quando il sistema riesce a permetterselo.
Non è il caso del nostro sistema.
Infatti, la soluzione non è recriminare, ma lavorare verso una politica diversa che pensi a tenere unita la famiglia invece di dividerla e affidare i suoi piccolo ad enti assistenziali.